19 Giugno 2025 - 9.41

La ‘patacca’ dei Trump: fa la guerra alla Cina, ma intanto vende cineserie

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Umberto Baldo

Avete anche voi la passione per gli oggetti “firmati”, o che comunque portino il nome, o il brand se preferite, di personaggi famosi?

Se sì, credo non potrete rinunciare all’ultima trovata del “clan Trump”, e non uso a caso il termine “clan”.

A dirla tutta, la famiglia presidenziale sembra sempre più impegnata a valorizzare il ruolo del “Capoclan”, per “monetizzarlo”, ed intascare soldi a palate.

Certo che gli Usa negli ultimi anni hanno subito una metamorfosi incredibile!

C’era una volta l’America, patria della democrazia, della libertà e del sogno che chiunque, con talento e impegno, potesse salire fino alla Casa Bianca. 

Oggi quel sogno si è trasformato in una bancarella da centro commerciale, dove la famiglia presidenziale vende gadget patinati e promesse vuote come fossero popcorn.

Non sono bastati i Bitcoin griffati Trump (https://www.tviweb.it/trump-melania-libra-le-criptovalute-truffaldine-degli-autocrati/)  con tanto di faccione presidenziale coniato sulla blockchain, né le patacche digitali di Melania vendute come Non Fungible Token. 

Non bastavano i cappellini rossi con la scritta “Make America Great Again”, le bottiglie d’acqua Trump, i materassi Trump, le bistecche Trump, i gettoni d’oro, i profumi al testosterone, le cravatte “made in China” vendute come patriottiche.

No, evidentemente non bastavano per calmare l’avidità, la smania di denaro del “Clan di Mar a Lago”.

E con la fantasia che è tipica dei truffatori, dei pataccari, i membri della prima famiglia d’America sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo con cui raggirare le masse dei fedelissimi, disposti a pagare salato qualsiasi cosa riporti in bella vista il marchio Trump.

E quindi, perché non pensare ad un “Trump smartphone”, uno smartphone “americano”, “orgogliosamente progettato e costruito negli Stati Uniti”?

Ma l’aspetto più surreale della vicenda sta proprio nella promessa di produrre un telefono made in Usa in pochi mesi, un’impresa che  nemmeno colossi come Apple potrebbero realizzare in tempi così rapidi (e non per cattiva volontà).

Ma queste vere e proprie “balle” hanno iniziato fin da subito a far vacillare la narrazione patriottica, con gli stessi figli di Trump che hanno dovuto correggere  il tiro, parlando di una produzione che «alla fine» (quando?) avverrà in America, come ha detto Eric Trump al podcast «The Benny Show».

Ma allora, cos’è realmente questo fantomatico Trump Mobile T1, di cui si sono viste solo delle foto? 

Alcuni esperti di telefoni cinesi hanno impiegato ben poco per svelare il mistero sui social:  T1 non è altro è che un T-Mobile REVVL 7 Pro 5G, uno smartphone di fascia medio-bassa prodotto dall’azienda cinese Wingtech.

Vi risparmio le caratteristiche tecniche del nuovo device, fra l’altro piuttosto confuse, perché basta dire che la vera differenza rispetto al telefono cinese sta tutta nel colore; che per lo smartphone trumpiano è il “dorato”.

Beh, in realtà c’è anche il prezzo, dato che il modello originale Wingtech T-Mobile è disponibile online a circa 180 dollari, mentre il “patriottico”  trumpista T1 pare verrà proposto a ben 499 dollari(se volete accaparrarvelo serve un acconto di 100 dollari).

Avrete certamente capito che si tratterà di uno smartphone che passerebbe inosservato nei blog di tecnologia e nei social dei recensori tech, se non fosse appunto per quel particolare: T1  che sta per Trump1.

Per completezza di informazione c’è anche da dire la Trump Organization (la holding della Famiglia) storicamente legata al settore immobiliare, alberghiero e dei campi da golf, ha recentemente ampliato il proprio raggio d’azione verso settori tecnologici come i media digitali e le criptovalute. 

Prima del nuovo insediamento di Trump alla Casa Bianca, la Trump Organization aveva annunciato che il controllo operativo sarebbe stato affidato ai figli del Presidente, replicando l’assetto adottato durante il primo mandato.  

Ma c’è poco da fare; i timori, o meglio le certezze, di un conflitto di interesse, ci sono tutti. 

Però badate bene che, a parte il palese conflitto di interesse, nell’ operazione telefono T1 non c’è nulla di illegale.

La Trump Organization ha stipulato un contratto con una Original Design Manufacturer asiatica, cioè una di quelle aziende che vendono prodotti generici personalizzabili col logo di turno: i Trump ci mettono il nome, il colore dorato (perché l’apparenza conta), ed alla fine si rivende tutto al triplo del prezzo reale: 150 dollari all’ingrosso, 499 dollari al “popolo trumpiano”.

Ragazzi,siamo oltre il ridicolo, siamo alla farsa. 

Eppure milioni di americani ci cascano, applaudono, comprano. 

In un’orgia di identità ferita e populismo commerciale, non vedono, o non vogliono vedere, il gigantesco conflitto d’interessi che si nasconde dietro queste operazioni. 

Un tempo un leader si sarebbe dimesso anche solo per il sospetto di un vantaggio economico indiretto. Oggi si monetizza tutto, a partire dalla Presidenza.

La domanda, allora, è una sola: quanto in basso può ancora scendere un Paeseche ormaiconfonde il marketing con il patriottismo?

Il punto, però, non è il gadget dorato in sé, ridicolo e pacchiano quanto volete, ma il principio violato: quello per cui chi occupa cariche pubbliche non dovrebbe arricchirsi spudoratamente sfruttando il proprio ruolo.

Questo dovrebbe valere in ogni democrazia sana! 

Ma negli Stati Uniti di oggi – o meglio, negli Stati Confederati del trumpismo, la confusione tra potere e profitto è ormai la regola. 

Un Presidente che trasforma ogni cosa in un’occasione commerciale non è più visto come un pericolo per le istituzioni, ma come un imprenditore geniale. 

E i figli? Degni eredi. 

Annunciano lo smartphone come se fosse il nuovo iPhone, e quando viene fuori che è una “cinesata” riverniciata in oro, scrollano le spalle: “business is business”. 

Anzi, probabilmente ci faranno pure un altro comunicato stampa, trasformando la figuraccia in una “dimostrazione di libertà imprenditoriale”.

Ma dove sono finiti gli americani veri?

Quelli che una volta sapevano distinguere un patriota da un piazzista? 

Possibile che nessuno insorga? 

Possibile che non si senta più un sussurro di vergogna, un moto di dignità, uno scatto d’orgoglio?

Nemmeno una protesta simbolica, una campagna della stampa libera?

No. Tutto tace. E anzi, si compra. Si preordina. Si condivide il link. E si ringrazia, pure.

Ma allora, a ben vedere, il problema non è Trump, non è Melania, e non sono nemmeno i figli. 

Il problema sono milioni di cittadini che hanno smesso di essere elettori e si sono trasformati in consumatori di fumo, tifosi di una religione politica dove l’unico dogma è il profitto personale del profeta.

Siamo alla post-politica della televendita, alla democrazia del gadget, alla presidenza come marchio registrato.

E quando un popolo non si scandalizza più, quando accetta tutto, quando applaude anche l’assurdo, allora è segno che non sta solo cadendo in bassoma chesi sta scavando una buca, e ci si accomoda dentro con orgoglio.

Nel frattempo, in attesa del Trump Frigorifero, della Trump Pasta al Formaggio o del Trump Spray Anti-Lib (contro i democratici e i giornalisti), vi lascio con una semplice domanda: chi sarà il prossimo Presidente americano? 

L’uomo più potente del mondo, o il più abile rappresentante di commercio?

Umberto Baldo

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