13 Marzo 2023 - 8.34

Il dopo Cutro, fra sparate, teatrini, e specchietti per le allodole

Ironia della sorte nello stesso giorno in cui il Governo si è riunito a Cutro, in Calabria, per varare le nuove misure per contrastare i traffici di uomini donne e bambini nel Mediterraneo, in quel di Lampedusa sono arrivati su svariati barchini circa 1.175 profughi in meno di 24 ore (5.000 in tre giorni).

Un vero record!  

E lo è a maggior ragione se si tiene conto che la Guardia nazionale tunisina ha  bloccato 14 imbarcazioni con 435 migranti a bordo sulle coste di Sfax, Kerkennah, Mahdia e Monastir.

Vi confesso che nel sentire i toni e gli annunci trionfalistici della nostra Premier e di alcuni Ministri, mi è venuto quasi da ridere pensando appunto agli sbarchi in contemporanea, quasi una beffa da parte dei trafficanti, che sembrano così  mandare a dire al Governo: “fate, parlate, annunciate, tanto noi continuiamo a fare quel chi ci pare, in barba alle vostre leggi, ai vostri decreti”.

A dirvela tutta, più che una dimostrazione di forza e di volontà di contrastare il fenomeno, la conferenza stampa mi è sembrata quasi un atto forzato, per difendersi dalle accuse, a mio avviso ingiuste, di non aver fatto tutto il possibile per salvare i naufraghi.

Comunque la si pensi, la verità che nessuno ha il coraggio di dire è quella che fermare i migranti è semplicemente impossibile, e lo è ancora di più in questa nostra Italia, che non ha mai voluto distinguere nettamente i migranti che hanno diritto all’asilo, da quelli che cercano in Europa una vita migliore di quella che hanno nel proprio Paese, e che dovrebbero essere rimpatriati.

La storia ci insegna che gli spostamenti dei popoli non li ha mai fermati nessuno, e la tradizione ci dice che solo l’apparizione miracolosa dei Santi Pietro e Paolo, armati con spade, durante l’incontro tra Papa Leone Magno e Attila, avrebbe spinto il re degli Unni a ritirarsi, e a rinunciare al sacco di Roma.

Ma di questi tempi evidentemente i Santi hanno altro a cui pensare, e Matteo Salvini non è certo un novello Leone Magno.

D’altronde basta guardarsi attorno per rendersi conto che ogni Paese cerca di difendersi da solo come può; dalla Spagna che respinge con decisione a Ceuta e Melilla, dalla Germania che ha voluto che la Ue paghi Erdogan per bloccare i flussi, dai Paesi dell’Est che costruiscono muri,  e da ultima l’Inghilterra che dopo aver annunciato il trasferimento in Ruanda di coloro che arrivano clandestinamente, proprio venerdì ha reso noto di aver raggiunto un ennesimo accordo con la Francia perché quest’ultima blocchi le partenze nella Manica, a fronte di un contributo finanziario.

Come accennavo, l’Italia da anni cerca  invano di coinvolgere l’Europa nella gestione del problema, sull’assunto che le coste italiane sono la frontiera sud della Ue, ma avendo a suo tempo firmato senza la dovuta attenzione il Trattato di Dublino, finora  ha ottenuto quando va bene  pacche sulla spalle, ma in molti casi veri e propri richiami all’obbligo di far sbarcare  chiunque si affacci sulle nostre coste. 

La politica si sa è fatta per dividersi, e sul tema dei migranti sono decenni che i partiti, destra e sinistra, discutono e si accapigliano.

Certo le ipotesi più radicali, compresi  i “blocchi navali”, durano solo lo spazio della campagna elettorale, perché poi quando ci si trova al Governo non si può fare altro che un bel bagno nella realtà.

Non è che però dall’altra parte ci sia molto di più che fuffa, fatta del solidarismo delle “porte aperte” tout court, della retorica del povero “migrante” che fugge dalla fame e dalla povertà, del dovere morale di accogliere chiunque.

Per di più noi abbiamo anche in casa il Vaticano, che ovviamente non si stanca mai di predicare l’accoglienza evangelica. 

Ma almeno Papa Francesco il suo lavoro lo fa con onestà, senza l’ipocrisia e le strumentalizzazioni di certe parti politiche, di certa stampa, di certi maitre a penser, che ora attaccano ferocemente la Meloni per il naufragio di Cutro dimenticando furbescamente che il 3 ottobre 2013 a perdere la vita su un barcone naufragato al largo dell’isola furono 368 persone, tra le quali tante donne e tanti bambini; che il 18 aprile 2015 un altro naufragio nel canale di Sicilia costò la vita ad almeno 700 persone (forse 900); e questo solo per citarne un paio.

In base ad un’elaborazione dei dati annuali dell’OIM (l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) dal primo gennaio al 3 ottobre 2019 sono stati 1.041 i migranti che hanno perso la vita in mare: 3.280 nel 2014, 3.771 nel 2015, 5.143 nel 2016, 3.139 nel 2017 e 2.297 nel 2018.

E allora come la mettiamo? In quegli anni a Palazzo Chigi non c’era certo la Meloni!

Quindi le polemiche di questi giorni, le facce contrite dei rappresentanti della “gauche”, le manifestazioni, fanno tutte parte del solito “teatrino” in cui eccellono i  nostri Demostene! 

Detto questo, confesso che non mi hanno certo emozionato le  nuove misure annunciate dal Governo, anche perché ad analizzarle bene sono in parte irrealizzabili, ed in parte ininfluenti sul complesso del fenomeno migratorio in atto.

A partire dall’inasprimento delle pene per gli “scafisti”, previste tra i 20 ed i 30 anni per gli organizzatori, e gli autori dei viaggi dei migranti, se si verifica un naufragio che porti alla morte delle persone o a lesioni gravi.

Come se i trafficanti fossero impegnati a leggere le nostre Gazzette Ufficiali, e come se gli scafisti avessero paura di qualche anno di prigione.

La verità è che quelli che chiamiamo scafisti rappresentano gli ultimi anelli delle catene criminali, persone che rischiano essi stessi la vita, e che spesso non sanno una parola di italiano; figurarsi se conoscono le nostre leggi.

Oltre tutto il nostro attuale Ministro della Giustizia sa bene, e lo ha sempre sostenuto, che l’inasprimento  delle sanzioni penali non ha mai fatto calare il numero dei reati.

Quanto alla frase ad effetto di Giorgia Meloni “cercheremo gli scafisti per tutto il globo terraqueo”, chi ha un minimo di dimestichezza con il diritto del mare sa bene che si tratta di una mera petizione di principio, o per essere più chiaro di “uno specchietto per le allodole”.

Perché non è facile immaginare l’estensione unilaterale della giurisdizione italiana in acque internazionali, sul presupposto che il barcone fosse diretto in Italia.

Certo nella malaugurata ipotesi di naufragi con vittime fuori delle acque territoriali partiranno le inchieste, perché sappiamo bene che l’Italia è il “Paese delle inchieste”, ma da qui a immaginare di arrivare a qualche condanna risulta piuttosto difficile da credersi.

Da ultimo il problema dei flussi, con l’annuncio di un cambio di passo che, almeno nelle intenzioni, potrebbe sicuramente aiutare, ma chi della materia se ne intende sostiene che finché sarà vigente la famosa legge Bossi-Fini (che prevede in sostanza che si possa mettere piede in Italia solo quando si ha già un contratto di lavoro) nessuna norma sui flussi potrà funzionare, per la semplice ragione che nessuno è disposto ad assumere una persona che non conosce e non ha mai visto.

Nelle pieghe del decreto sembra si sia ventilato che potrebbero venire in Italia, fuori dal decreto flussi, persone che hanno fatto nei loro Paesi corsi di formazione riconosciuti dall’ Italia, e promossi dal ministero del Lavoro. 

Come se organizzare il Libia, in Pakistan, in Afghanistan o in Siria, ma anche in Iran, percorsi di questo genere, magari anche per le donne, fosse facile!

Chissà se ad esempio i Talebani sarebbero d’accordo!

Concludendo, sono troppi anni che ci sentiamo promettere “svolte” o “miracoli” sul tema dell’immigrazione.

Visto come poi vanno le cose credo sia legittimo essere scettici.

Molto meglio sarebbe spiegare bene ai cittadini come stanno veramente le cose, prendere atto che qualunque provvedimento rischia di rivelarsi inefficace, e soprattutto cercare di non utilizzare un problema  epocale, a mio avviso irresolubile,  per bieche manovre di propaganda politica.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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