25 Maggio 2022 - 11.32

È tempo delle infernali assemblee di condominio

di Alessandro Cammarano

La primavera inoltrata porta con sé le prime scorribande in spiaggia, le grigliate in montagna dopo una lunga passeggiata, le gite al lago … ma non solo…

La bella stagione coincide anche con una delle liturgie più barbare e spietate che la mente umana abbia mai concepito, tanto che in confronto ad essa gli auto-da-fé che illuminavano di roghi eretici le piazze della Spagna del sedicesimo secolo scadono a livello di goliardate innocenti.

Stiamo parlando dell’assemblea di condominio, ovvero di ciò che fa rimpiangere a chiunque di non aver scelto la via dell’eremitaggio in grotta rigorosamente singola e lontana da altre spelonche di anacoreti o di non aver preso in considerazione la vita in una meteora del monte Athos, fra gatti e monaci silenti.

Già all’arrivo della temuta lettera di convocazione – in prima battuta alle ore 3 antimeridiane e in seconda all’ora corretta per garantire il quorum abbassato – il proprietario inizia ad elaborare complessi piani di fuga, ben conscio che quel l’aspetta è esattamente quello che capita al ragionier Fantozzi nel quarto capitolo della sua tragicomica saga cinematografica e anche qualcosa di più.

Si parte dall’ordine del giorno, redatto dall’amministratore – categoria per la quale l’ammissione alla professione qualche volta sembra essere tarata su un prove che vengono considerate superate solo a fronte di un congruo numero di risposte errate, ma un esame di ammissione dovrebbe essere fatto anche per i condomini – generalmente scritta in un italiano imbarazzante e corredata dalle terrificanti tabelle riepilogative contenenti il bilancio consuntivo e quello preventivo, che poi sono quelle che scatenano duelli rusticani e faide celtiche.

Gli amministratori meriterebbero un girone infernale tutto per loro, soprattutto quelli che si trincerano dietro al patetico “io faccio quello che voi mi dite”: ma non paghiamo una lauta parcella perché egli o ella agisca in nome e per conto nostro?

Alla prima domanda, dopo i gelidi convenevoli di rito, già si intravvedono i primi segni di disagio: “Dobbiamo nominare un presidente”; il perito Colabona si propone volenteroso, subito stoppato dalla signorina Fureghin, zitella segretaria in pensione, che sibila “Teroni non ne vogliamo, grazie”. Superata l’empasse si decide che a presiedere sarà il brigadiere Bianconi, che è di Bologna e quindi per la Legge del Campanile è centrista e dunque sta bene a tutti.

Il bilancio consuntivo generalmente passa con relativa facilità, anche perché su di esso ci era scagliati l’anno prima quando era preventivo. All’affrontare il budget di previsione proposto dall’amministratore, che per l’occasione indossa la sua migliore espressione da fagiano abbagliato in autostrada, si scatena un sabba che la Notte di Valpurga a confronto è un raduno di boyscout.

Il geometra Scanavacca Denis contesta la voce che prevede l’aumento dei costi di pulizia accusando la signora Spigarella Tamara di essere una “onta marcia” perché non usa l’apposito zerbino per pulire le sneakers da fango quando torna dalla corsa mattutina sull’argine – adombrando al contempo comportamenti sessuali promiscui della suddetta proprio sull’argine e all’insaputa del consorte – lordando di fango le scale.

Di rincalzo il ragionier Maraffion taccia lo Scanavacca di furto di dépliant pubblicitari dalla sua cassetta della posta, causando così una rissa da saloon che coinvolge via via tutte le poste messe in discussione, tra cui quella di cambiare la serratura del portone d’ingresso rotta oramai da un decennio – l’approvazione viene rimandata come sempre all’anno successivo – consentendo a chiunque l’accesso al palazzo. Alla fine si approva un bilancino tristissimo con cui si decide di fare il minimo indispensabile e si passa alle agghiaccianti “Varie ed eventuali” che sono l’equivalente condominiale del Decreto Milleproroghe.

Qui le sorelle Magnarospi – vedova una, nubile l’altra – reclamano un postino “più aitante” e impegnano l’amministratore ad operare di conseguenza presso gli organi competenti, mentre il dottor Stroppelli pretende una parabola capace di ricevere eventuali comunicazioni aliene, chiedendo con veemenza la presentazione di almeno tre offerte da parte di altrettante agenzie spaziali certificate.

La pietra tombale è stata comunque posta dal Bonus 110%, a cui possono essere ascritte sciagure paragonabili a quelle degli Ebrei deportati a Babilonia da Nabucodonosor & C.

Le assemblee si sono equamente divise fra strenui sostenitori e fieri oppositori della misura – che per altro ha fatto schizzare i prezzi di materiali e mano d’opera alla velocità dell’inflazione tedesca ai tempi della Repubblica di Weimar – si sono scontrate a colpi di “il cognato di mio cugino è avvocato e dice che se facciamo il cappotto e gli infissi finiamo in galera” a cui si replicava con uno sdegnato “ma che dice! Lo zio commercialista della suocera del mio calzolaio assicura che si può stare tranquilli e che nel bonus entrano anche i rammendi delle calze di nylon”.

Alla fine si decide, ovviamente di non fare nulla, il tutto tra intimidazioni reciproche e minacce di querele incrociate. L’amministratore nel frattempo è diventato da ‘nemico’ a ‘martire’.

Si chiude con la fatidica conferma o revoca dell’amministratore, conclusa con la rinnovata fiducia a quello in carica sancita da un salomonico “tanto sono tutti uguali”. Amen

Alessandro Cammarano

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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