Come sta andando l’economia britannica dopo la Brexit? Cinque parametri per capirlo

Economia britannica post-Brexit: cinque grafici per capire la sfida al vertice Regno Unito-UE
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A quasi dieci anni dal referendum sull’uscita dall’Unione Europea e cinque anni dopo il divorzio formale, il Regno Unito si trova ad affrontare sfide economiche complesse. Lunedì 20 maggio, il primo ministro Keir Starmer ospiterà a Londra il primo vertice Regno Unito-UE dopo la Brexit. Obiettivo: “resettare” i rapporti con Bruxelles, principale partner commerciale del Paese, per rilanciare un’economia che fatica a ripartire. The Guardian fa un’analisi puntuale sugli effetti della Brexit sull’economia britannica, semplificandola in cinque parametri.
Il malcontento nei confronti dell’accordo negoziato dal governo conservatore di Boris Johnson è in crescita, sia tra gli elettori che avevano votato per restare sia tra quelli favorevoli all’uscita. In questo contesto, ecco cinque grafici che illustrano lo stato dell’economia britannica alla vigilia dell’incontro.
1. Cala il sostegno alla Brexit
Dopo il 52% di voti favorevoli all’uscita nel 2016, oggi solo il 30% dei britannici ritiene che la Brexit sia stata la scelta giusta. Secondo un sondaggio YouGov, il 55% pensa che sia stato un errore. Il 62% degli intervistati valuta negativamente gli effetti della Brexit, compreso circa un terzo degli elettori pro-leave. Cresce invece il favore verso un riavvicinamento con l’UE.
2. Danni al commercio internazionale
Le barriere doganali introdotte con la Brexit hanno colpito duramente le esportazioni di beni. Nel 2024, l’UE rimane il principale partner commerciale del Regno Unito: il 41% delle esportazioni e il 51% delle importazioni. Tuttavia, le esportazioni britanniche di beni verso l’UE sono inferiori del 18% rispetto ai livelli del 2019, in termini reali.
I servizi, invece, hanno tenuto meglio. Il Regno Unito, potenza globale nei servizi, ha risentito meno degli ostacoli imposti dall’accordo di uscita. Le piccole imprese, invece, sono state le più colpite dall’aumento della burocrazia: il numero di moduli doganali è quadruplicato, con un aggravio stimato di 7,5 miliardi di sterline l’anno.
3. Crollano gli investimenti aziendali
L’incertezza politica e l’assenza di una strategia chiara nel post-Brexit hanno bloccato molti investimenti. Secondo il National Institute of Economic and Social Research (NIESR), nel 2023 gli investimenti delle imprese erano inferiori del 13% rispetto a uno scenario in cui il Regno Unito fosse rimasto nell’UE. Anche nel lungo periodo, si prevede una perdita di PIL del 5-6%, pari a circa 2.300 sterline a persona.
4. Migrazione in aumento
Contrariamente alle promesse, la migrazione netta verso il Regno Unito ha raggiunto quasi 1 milione di persone nell’anno concluso a giugno 2023. L’aumento è stato spinto da conflitti internazionali, domande di studio post-pandemia e dal nuovo sistema migratorio post-Brexit. Quasi il 90% dei nuovi arrivi proviene da Paesi extra-UE. Intanto, molti settori – come edilizia, ospitalità e manifattura – soffrono la mancanza di manodopera proveniente dall’Europa.
5. Prospettive limitate per un “reset”
Nel suo manifesto, il Partito Laburista propone relazioni più strette con Bruxelles, ma esclude il ritorno al mercato unico, all’unione doganale e alla libera circolazione. Ciò limita l’ambito delle trattative. Secondo la Resolution Foundation, eventuali accordi su sicurezza, pesca, mobilità giovanile e standard alimentari potrebbero offrire benefici limitati: tra lo 0,3% e lo 0,7% di aumento del PIL. Ben lontani dalla perdita del 4% prevista a lungo termine dall’OBR.
Secondo Stephen Millard del NIESR, rafforzare i legami con l’UE potrebbe avere un impatto ben più rilevante rispetto ad accordi con Paesi come India o Stati Uniti: «Qualsiasi passo verso una maggiore integrazione con i nostri vicini europei è positivo: può sostenere il PIL e aiutare le finanze pubbliche».
Ma tutto dipenderà dai dettagli. Per il Regno Unito, l’appuntamento di Londra potrebbe segnare l’inizio di un nuovo corso o certificare i limiti della strada intrapresa nel 2016.