24 Maggio 2023 - 8.40

Autonomia regionale differenziata: fra “manine” e “disservizi”

Ve ne riporto un passaggio: “…..Il Servizio del Bilancio del Senato ha passato al setaccio il disegno di legge, rilevando alcune criticità. Nel caso, ad esempio, del trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato (e delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie), ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate. Le regioni più povere, oppure quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel proprio territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare, e dunque ad acquisire, le funzioni aggiuntive……”

Va precisato che, dopo le immediate aspre polemiche, il post è stato cancellato con la seguente motivazione: “Una bozza provvisoria, non ancora verificata, sul disegno di legge sull’autonomia è stata erroneamente pubblicata on line.  Il Servizio Bilancio si scusa con la stampa e con gli utenti per il disservizio”.

Disservizio?

Ma mi faccia il piacere!  Avrebbe detto Totò. 

Appena l’ho letta, a parte lo stupore che un documento del genere fosse stato divulgato su Linkedin, che per chi magari non lo conosce è  un “social” nato per parlare di lavoro, al fine di favorire l’incrocio fra domanda e offerta di impiego, mi sono chiesto chi potesse trarre vantaggio da questo “disservizio”.

E devo dirvi che ho immediatamente pensato che, al di là della solita manfrina della “manina ignota”, buona solo per litigare e lanciare accuse, per il progetto dell’Autonomia differenziata le cose probabilmente non si stanno mettendo bene, perché il post in questione potrebbe essere la spia della contrarietà della “struttura burocratica” dello Stato (che potrebbe aver paura di perdere potere e risorse).

Non alzate le spalle, e non dite “chi se ne frega, tanto quel che conto è la volontà politica”!

Perché purtroppo non è così, e chi come me nella vita ha avuto la ventura di frequentare qualche Ministero sa bene che qualunque Ministro riesce a portare a termine i suoi programmi solo a condizione che “gli alti burocrati” non siano contrari, e quindi non remino contro. 

Perché, amici miei, quel che fa girare la macchina dello Stato non è la volontà politica, pur necessaria ovviamente, ma soprattutto gli uomini e le donne che fanno “girare le carte”, per usare un eufemismo.

Vi siete mai chiesto perché ogni nuovo Governo ha la fregola di cambiare gli alti vertici dei Ministeri e delle aziende pubbliche o comunque partecipate dello Stato?

Per il gusto sottile dello spoil system?  Per piantare la bandierina del proprio partito all’Inps, piuttosto che all’Enel, o alle Poste? 

Anche, ma vedete, quando un Ministro ha piazzato in un Ente il Presidente, o meglio un Amministratore Delegato  “amico” o comunque collegato al “suo Partito”,  se ha bisogno di qualcosa (di pertinente ovviamente) chiama quella persona.  

E quel manager sa bene che se risponde da quel telefono è solo perché quel Ministro, o la sua parte politica, l’ha voluto e imposto, e quindi è molto più disponibile a venire incontro ai suoi desiderata.

E non crediate che si tratti di ottenere qualche assunzione, perché spesso le richieste sono proprio quelle di smuovere un progetto che si è fermato.

Ecco perché io non credo che quel documento sia stato postato su Linkedin per sbaglio.

E mi vien da ridere al solo pensare che qualcuno abbia parlato di “giallo”, perché, guarda caso, la “bozza” in questione  è uscita  proprio in concomitanza con l’inizio delle audizioni di esperti (ben 58) previste dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, e quindi credo  sia lecito sospettare che la manovra sia figlia di chi vuole «frenare» o “sabotare”.

In definitiva io non ho alcun dubbio che chi quel post l’ha voluto pubblicato sapeva benissimo che avrebbe sollevato un vespaio di attacchi al Ministro Calderoli, che sta puntando a portare a casa la riforma dell’autonomia, dopo anni di rinvii e nulla di fatto. 

Credo che a questo punto sia persino inutile riprendere le discussioni sui pro e sui contro, perché il problema era e resta squisitamente “politico”, e a premere per l’autonomia sembra sia rimasta solo la Lega, o meglio la sua componente veneta.

Contrario il Pd (che pure con Gianclaudio Bressa aveva a suo tempo prodotto l’emendamento costituzionale che ha inserito nella Carta l’opzione della maggiore autonomia regionale), che per bocca di Elly Schlein la definisce “divisiva e iniqua”.

Contrario anche il Partito di Conte, di fatto diventato il portavoce dell’elettorato meridionale.

Ma tanti estimatori l’autonomia non li ha mai avuti neanche nella destra tricolore di FdI, da sempre sostenitrice del centralismo romano, e neppure nel Partito di Silvio Berlusconi.

Il problema è che non sanno come fermare gli “ardori” di Calderoli, per cui da un lato si danno al partner leghista ampie rassicurazioni di lealtà, dall’altro si postula che le due riforme, autonomia e Presidenzialismo “devono” marciare insieme (l’antico “simul stabunt vel simul cadent”).

Come sempre succede per i “brodi lunghi”, in Veneto si direbbe “la storia del Sior Intento”, anche gli italiani mostrano di crederci sempre meno.

A parte la scontata contrarietà della maggioranza degli elettori del Meridione, pesantemente condizionata a mio avviso dalle posizioni di allarme e netta chiusura dei loro maggiorenti politici, si comincia a registrare un netto sentimento negativo un po’ ovunque.

Almeno questo ci dice una recente rilevazione compiuta da Noto Sondaggi, secondo cui il60% degli italiani è convinto che il disegno di legge del Governo, anziché premiare le amministrazioni più virtuose, a prescindere dalla latitudine, aumenterebbe il divario socialenel Paese; e la percentuale dei contrari saleulteriormente tra i giovani (70%), e nella popolazione del Sud e delle Isole (76%).

Ma anche nelle Regioni del Nord i dubbiosi sarebbero sempre di più: infatti se il 22 ottobre 2017 il 98,1% dei veneti rispose sì al referendum federalista, oggi nelle regioni del Nord la schiera dei favorevoli (44%) e quella dei critici (47%) risulterebbero quasi equivalenti.

Certo, sia il post del Senato che il sondaggio della Noto non devono aver fatto molto piacere a Luca Zaia, cha ha così commentato: “se la riforma dell’autonomia (e del presidenzialismo) dovesse arenarsi verrebbe meno la ragione sociale dell’alleanza di Governo”.

Io credo  non sarebbe facile convincere Salvini e lasciare il Governo per la questione dell’autonomia, e purtroppo per lui ma  ho sempre più il timore che Luca Zaia rischi di assomigliare all’ “ultimo giapponese nella giungla”.

Umberto Baldo

o scorso 16 maggio sul profilo ufficiale Linkedin del Senato della Repubblica è apparso un post che ha giustamente attirato l’attenzione.

Ve ne riporto un passaggio: “…..Il Servizio del Bilancio del Senato ha passato al setaccio il disegno di legge, rilevando alcune criticità. Nel caso, ad esempio, del trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato (e delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie), ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate. Le regioni più povere, oppure quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel proprio territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare, e dunque ad acquisire, le funzioni aggiuntive……”

Va precisato che, dopo le immediate aspre polemiche, il post è stato cancellato con la seguente motivazione: “Una bozza provvisoria, non ancora verificata, sul disegno di legge sull’autonomia è stata erroneamente pubblicata on line.  Il Servizio Bilancio si scusa con la stampa e con gli utenti per il disservizio”.

Disservizio?

Ma mi faccia il piacere!  Avrebbe detto Totò. 

Appena l’ho letta, a parte lo stupore che un documento del genere fosse stato divulgato su Linkedin, che per chi magari non lo conosce è  un “social” nato per parlare di lavoro, al fine di favorire l’incrocio fra domanda e offerta di impiego, mi sono chiesto chi potesse trarre vantaggio da questo “disservizio”.

E devo dirvi che ho immediatamente pensato che, al di là della solita manfrina della “manina ignota”, buona solo per litigare e lanciare accuse, per il progetto dell’Autonomia differenziata le cose probabilmente non si stanno mettendo bene, perché il post in questione potrebbe essere la spia della contrarietà della “struttura burocratica” dello Stato (che potrebbe aver paura di perdere potere e risorse).

Non alzate le spalle, e non dite “chi se ne frega, tanto quel che conto è la volontà politica”!

Perché purtroppo non è così, e chi come me nella vita ha avuto la ventura di frequentare qualche Ministero sa bene che qualunque Ministro riesce a portare a termine i suoi programmi solo a condizione che “gli alti burocrati” non siano contrari, e quindi non remino contro. 

Perché, amici miei, quel che fa girare la macchina dello Stato non è la volontà politica, pur necessaria ovviamente, ma soprattutto gli uomini e le donne che fanno “girare le carte”, per usare un eufemismo.

Vi siete mai chiesto perché ogni nuovo Governo ha la fregola di cambiare gli alti vertici dei Ministeri e delle aziende pubbliche o comunque partecipate dello Stato?

Per il gusto sottile dello spoil system?  Per piantare la bandierina del proprio partito all’Inps, piuttosto che all’Enel, o alle Poste? 

Anche, ma vedete, quando un Ministro ha piazzato in un Ente il Presidente, o meglio un Amministratore Delegato  “amico” o comunque collegato al “suo Partito”,  se ha bisogno di qualcosa (di pertinente ovviamente) chiama quella persona.  

E quel manager sa bene che se risponde da quel telefono è solo perché quel Ministro, o la sua parte politica, l’ha voluto e imposto, e quindi è molto più disponibile a venire incontro ai suoi desiderata.

E non crediate che si tratti di ottenere qualche assunzione, perché spesso le richieste sono proprio quelle di smuovere un progetto che si è fermato.

Ecco perché io non credo che quel documento sia stato postato su Linkedin per sbaglio.

E mi vien da ridere al solo pensare che qualcuno abbia parlato di “giallo”, perché, guarda caso, la “bozza” in questione  è uscita  proprio in concomitanza con l’inizio delle audizioni di esperti (ben 58) previste dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, e quindi credo  sia lecito sospettare che la manovra sia figlia di chi vuole «frenare» o “sabotare”.

In definitiva io non ho alcun dubbio che chi quel post l’ha voluto pubblicato sapeva benissimo che avrebbe sollevato un vespaio di attacchi al Ministro Calderoli, che sta puntando a portare a casa la riforma dell’autonomia, dopo anni di rinvii e nulla di fatto. 

Credo che a questo punto sia persino inutile riprendere le discussioni sui pro e sui contro, perché il problema era e resta squisitamente “politico”, e a premere per l’autonomia sembra sia rimasta solo la Lega, o meglio la sua componente veneta.

Contrario il Pd (che pure con Gianclaudio Bressa aveva a suo tempo prodotto l’emendamento costituzionale che ha inserito nella Carta l’opzione della maggiore autonomia regionale), che per bocca di Elly Schlein la definisce “divisiva e iniqua”.

Contrario anche il Partito di Conte, di fatto diventato il portavoce dell’elettorato meridionale.

Ma tanti estimatori l’autonomia non li ha mai avuti neanche nella destra tricolore di FdI, da sempre sostenitrice del centralismo romano, e neppure nel Partito di Silvio Berlusconi.

Il problema è che non sanno come fermare gli “ardori” di Calderoli, per cui da un lato si danno al partner leghista ampie rassicurazioni di lealtà, dall’altro si postula che le due riforme, autonomia e Presidenzialismo “devono” marciare insieme (l’antico “simul stabunt vel simul cadent”).

Come sempre succede per i “brodi lunghi”, in Veneto si direbbe “la storia del Sior Intento”, anche gli italiani mostrano di crederci sempre meno.

A parte la scontata contrarietà della maggioranza degli elettori del Meridione, pesantemente condizionata a mio avviso dalle posizioni di allarme e netta chiusura dei loro maggiorenti politici, si comincia a registrare un netto sentimento negativo un po’ ovunque.

Almeno questo ci dice una recente rilevazione compiuta da Noto Sondaggi, secondo cui il60% degli italiani è convinto che il disegno di legge del Governo, anziché premiare le amministrazioni più virtuose, a prescindere dalla latitudine, aumenterebbe il divario socialenel Paese; e la percentuale dei contrari saleulteriormente tra i giovani (70%), e nella popolazione del Sud e delle Isole (76%).

Ma anche nelle Regioni del Nord i dubbiosi sarebbero sempre di più: infatti se il 22 ottobre 2017 il 98,1% dei veneti rispose sì al referendum federalista, oggi nelle regioni del Nord la schiera dei favorevoli (44%) e quella dei critici (47%) risulterebbero quasi equivalenti.

Certo, sia il post del Senato che il sondaggio della Noto non devono aver fatto molto piacere a Luca Zaia, cha ha così commentato: “se la riforma dell’autonomia (e del presidenzialismo) dovesse arenarsi verrebbe meno la ragione sociale dell’alleanza di Governo”.

Io credo  non sarebbe facile convincere Salvini e lasciare il Governo per la questione dell’autonomia, e purtroppo per lui ma  ho sempre più il timore che Luca Zaia rischi di assomigliare all’ “ultimo giapponese nella giungla”.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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