10 Ottobre 2020 - 10.48

Veneto, troppi contagi e rischio chiusura: è il tempo della responsabilità sociale

Qualche giorno fa in un editoriale su Tviweb ho provato ad immaginare come il Covid-19 potrebbe condizionare il prossimo inverno.
Era una sorta di gioco, che non aveva certo la presunzione di avere un qualsivoglia valore di scientificità.
Il problema è che, nonostante siamo solo ai primi di ottobre e non sia neppure iniziata la stagione dell’influenza, le mie “previsioni”, o forse i miei “timori”, in pochi giorni hanno subito un’accelerazione tale che l’inverno sembra essere già arrivato.
Sono ben dieci settimane che si registra una crescita costante dei contagi, ma la settimana che si è chiusa ieri ha visto una vera e propria “esplosione”.
Vale la pena di fare qualche riflessione, anche in questo caso senza pensare di avere la verità in tasca.
Nei primi mesi dell’anno, quelli che ci hanno visto isolati obbligatoriamente nelle nostre case, l’Italia è stata dipinta a livello globale come l’ “untore del mondo”.
E molti si chiedevano come mai le cose andassero così male da noi, mentre in Francia, in Spagna, in Inghilterra, in Germania, sembrava quasi che il virus non circolasse.
Abbiamo poi visto che si trattava semplicemente del fatto che l’epidemia ha un’evoluzione ben precisa, legata ai tempi dell’incubazione.
E questo fattore avrebbe dovuto costituire un serio segnale di allarme per gli altri Paesi, nel senso che avrebbero potuto fare tesoro dell’esperienza italiana, sfruttando quel fisiologico ritardo per adottare per tempo le drastiche misure introdotte nel Belpaese.
Come sia andata l’abbiamo visto, fra titubanze, furbizie, minimizzazioni, negazionismi di leader come Boris Johnson, Trump, Bolsonaro e via cantando.
In generale allora è stato facile per gli altri “criminalizzare” gli italiani, cercando di evitare lockdown generalizzati nei propri Paesi, ma alla fine il tempo è stato “galantuomo”, e l’Italia è diventata poi per tutti il “modello” del mondo occidentale. Sottolineo occidentale, perchè in Cina effettivamente la pandemia è stata ben contenuta, ma con metodi che sicuramente non sono accettabili in un Paese democratico.
Bisogna riconoscere, e a dire il vero ce ne hanno dato atto a livello mondiale, che in quei mesi gli italiani hanno dimostrato di avere ben compreso il messaggio, e di avere accettato con grande disciplina le limitazioni e le prescrizioni anti contagio.
I risultati di quell’impegno si sono visti già a fine primavera/inizio estate, con un progressivo svuotamento dei reparti Covid-19 degli Ospedali, dando così l’impressione che il peggio fosse alle spalle.
L’estate è trascorsa con numeri accettabili, e comunque non preoccupanti, anche se accompagnata dalle polemiche sul rilassamento delle precauzioni, soprattutto da parte dei giovani.
C’è da dire che il nostro è stato il Paese che fra tutti ha imposto la chiusura più lunga delle scuole, e sicuramente anche questo fattore ha contribuito ad “addolcire” la curva dei contagi.
Non voglio farla troppo lunga, ma i segnali che nelle ultime settimane ci sono giunti dai principali Paesi europei avrebbero dovuto allarmarci, e di molto.
In Francia e Spagna i contagi sembrano ormai quasi fuori controllo, in Inghilterra la situazione non è molto diversa, e le cose sembrano mettersi male anche in Germania. Tralascio la situazione di altri Stati come l’India, gli Usa, o Israele dove, nonostante un secondo lockdown generalizzato, gli ospedali sono vicini al punto di saturazione, tanto che ad Haifa è stato realizzato un nuovo ospedale in un parcheggio sotterraneo (sic!) in previsione di un’ondata di pazienti gravi.
Cosa è andato storto?
Senza essere un esperto, immagino che l’attuale situazione critica potrebbe derivare dalla concomitanza di alcuni fattori sia a livello di tempistica, sia di strumenti a disposizione nella risposta strategica alla pandemia, sia di comportamenti meno rigorosi. E’ cioè altamente probabile che si sia determinata nei cittadini di questi Paesi una sorta di “stanchezza da coronavirus”, conseguente alle limitazioni dei mesi primaverili, e che le abitudini, soprattutto durante le vacanze, siano mutate con una minore “diligenza” da parte di tutti, indipendentemente dall’età. Il tutto forse alimentato anche dall’illusoria convinzione che il caldo avrebbe dato il colpo di grazia al coronavirus.
Evidentemente la stessa cosa è successa anche da noi, altrimenti non si spiegherebbero i dati del Ministero della Salute relativi al 9 ottobre, che ci dicono che nelle ultime 24 ore in Italia sono stati registrati 5.372 contagi. Sono 129.471 i tamponi eseguiti, 36.111 i morti (+28 rispetto a ieri). La Regione con più casi positivi nelle ultime 24 ore è ancora la Lombardia. Nel nostro paese sono attualmente 70.110 i casi positivi (+4.158): di questi sono 4.086 i pazienti ricoverati in ospedale con sintomi, mentre sono 387 quelli in terapia intensiva.
La novità è che adesso il virus circola alla grande anche nelle Regioni del sud, Campania in testa, che nella primavera scorsa erano state risparmiate.
Se riteniamo che in Veneto la situazione sia diversa, ci pensano i dati riferiti alla stessa giornata a toglierci ogni illusione; 591 contagi in più rispetto al giorno precedente. Il dato degli infetti dall’inizio dell’epidemia ha superato di slancio la quota psicologica dei 30.000, per l’esattezza 30.504, con aumenti soprattutto nelle province di Venezia (+131), e Treviso (+120). Si sono contate anche 3 vittime, per un dato complessivo di 2.209 morti (tra ospedali e case di riposo). L’unico dato “positivo”, per modo di dire, è la crescita contenuta nei ricoveri, 304 (+7) e nelle terapie intensive, 30 (+1). A tal proposito, grazie all’esperienza acquisita dai medici, nei mesi scorsi si era notevolmente ridotto il ricorso alle terapie intensive, ma con i numeri che abbiamo visto, che segnalano una curva in impennata, in breve tempo i letti di questi reparti si riempiranno velocemente, con tutto ciò che ne consegue.
Credo sia defatigante, oltre che inutile, cercare di chi sia la colpa di tutto questo.
Certo la riapertura delle scuole ha sicuramente influito, ma onestamente non saprei dire se il virus circoli di più nelle aule piuttosto che nei mezzi pubblici, stipati nelle ore di punta. In questi giorni basta mettersi ad una fermata degli autobus, od in una stazione ferroviaria o della metro, per rendersi conto che il distanziamento è rimasto una pia intenzione.
Le recriminazioni a questo punto servono a poco.
Serve piuttosto una netta presa di coscienza del problema da parte di tutti, nessuno escluso.
Ed il problema è che è in atto un boom di nuovi contagi, e che essi avvengono in questa fase per lo più a livello familiare, fra le pareti domestiche.
Quindi è inutile e puerile aspettarsi che lo Stato o le Regioni ci dicano come comportarci, quasi fossimo tutti bambini irresponsabili.
Per non avere un nuovo lockdown, che sarebbe drammatico soprattutto per l’economia, per i nostri posti di lavoro per capirci bene, è indispensabile che ognuno di noi cerchi di evitare qualsiasi occasione di contagio. Anche perchè va tenuto presente che anche in caso di infezioni nelle forme più lievi, i postumi della malattia rimangono per mesi, col rischio di diventare permanenti.
E non basta indossare la mascherina e lavarsi le mani, che ritengo scontato. Poiché ormai è assodato che il virus circola soprattutto negli assembramenti, è necessario che si rinunci ad esempio agli aperitivi, alle “adunate” serali nelle piazze delle città, alle cene affollate con persone non conviventi.
Mi sembra di sentire già i commenti: ma allora a cosa si riduce la vita senza rapporti sociali?
Capisco bene, ma forse vale la pena di riflettere sul fatto che la rinuncia “volontaria” a certe cose in questa fase impedisce che alla fine ci sia qualcuno che quelle rinunce ce le imponga dall’alto.
E arriviamo a questo punto anche a Lor Signori, che siedono nei Palazzi del potere romano.
E’ arrivato il momento che la salute dei cittadini non sia più argomento di lotta politica.
E’ arrivato il momento che vengano affrontati una volta per tutte i problemi della sanità pubblica, investendo in posti letto, macchinari, personale, piuttosto che dilapidare risorse in bonus bici e monopattini, e altre simili amenità, con chiare finalità elettorali.
E’ arrivato il momento che i soldi necessari per tutto questo vengano presi dove sono disponibili da mesi, e parlo ovviamente del Mes, perchè i numeri di questi giorni rendono sempre più incomprensibile ed inaccettabile che un Partito di governo continui a dire No, bloccando il Paese, per mere motivazioni “ideologiche”.
Come dicevo, è il tempo della responsabilità!
Soprattutto perchè, parole del noto infettivologo Massimo Galli: “L’Italia al momento è un Paese non organizzato per affrontare un problema emergenziale pesante”.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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