Università della Baucàra: iscrizioni aperte, competenze facoltative

Umberto Baldo
Nella vita siamo stati tutti studenti.
C’è chi lo ricorda con nostalgia, chi con sollievo e chi, come me, come un periodo della vita che, onestamente, giunto alla mia età rivivrei con piacere.
Io il liceo l’ho fatto alla fine degli anni ’60, quando internet non esisteva, i telefonini nemmeno, e le uniche “chat” erano quelle che facevi con l’amico vicino di banco per chiedergli sottovoce: “Ma tu hai studiato?”.
Spoiler: no
E l’anno prossimo saranno cinquant’anni dalla laurea. Cinquanta. Un numero che dovrebbe garantirmi almeno la prescrizione morale da qualunque senso di colpa scolastico.
E invece eccoci ancora qui a parlare di studenti che gridano allo scandalo perché un test d’ingresso… contiene domande valutate come “ostiche”.
Già allora nessuno festeggiava quando il professore ti piazzava un bel 3 solenne, di quelli scritti in rosso così spesso che la penna sfondava il foglio.
Nessuno applaudiva i compiti delle vacanze, che ti rovinavano il Natale peggio dello zio ubriaco e del panettone con i canditi.
Ma una cosa non è mai cambiata: da che mondo è mondo, lo studente medio cerca di fare lo stretto indispensabile, e possibilmente neanche quello.
È un principio universale, tipo la forza di gravità o la fila alle Poste.
Studiare il meno possibile, evitare fatiche, copiare con una creatività degna del Rinascimento, e farsi promuovere “anche per il rotto della cuffia”, tanto poi l’anno successivo si vedrà.
Si vedrà, sì… ma con un binocolo.
Perciò è fisiologico, naturale, quasi antropologico, che qualunque esame venga proposto, una buona percentuale lo definisca “difficile”, “proibitivamente complesso”, o, quando vogliono esagerare, “impossibile”.
Ed eccoci ai freschissimi test d’ingresso a Medicina, giudicati dagli studenti “estremamente complessi”, con la prova di Fisica immediatamente bollata come “impossibile”.
Ora, i nostri padri latini dicevano “ad impossibilia nemo tenetur”.
Però, permettetemi: che giudizio dareste voi a un test che tra le domande “impossibili” proponeva questa:
Un volume di 10 dm³ corrisponde a:
– 100 millilitri
– 100 litri
– 10 litri
– 1 litro
– 10 millilitri
Leggo che questa fosse una delle domande “insormontabili”.
Insormontabili… per chi, esattamente? Per un lombrico? Per un cactus con deficit di attenzione?
Io spero vivamente che chi si è presentato ad un esame universitario senza sapere a quanto corrispondono dieci decimetri cubi stia provando una vergogna cosmica. Una vergogna che si vede dalla Luna.
Perché se questo è impossibile, mi chiedo che test proporrebbero loro se fossero dall’altra parte della cattedra.
Domande tipo:
- Di che colore era il cavallo bianco di Napoleone?
- Quanto fa 2+2 (risposta aperta, tanto la matematica è un’opinione)?
- Leonardo da Vinci era: A) Pittore, B) Ninja tartaruga, C) Entrambi?
Viene il sospetto che il loro modello di Ateneo sia quella che un mio vecchio amico definiva mitologica “Università della baucàra, retta dal celebre professor Ucamàra, che più ch’el studia manco impara”.
Un’istituzione accademica in cui la conoscenza scivola via come l’olio sulla padella.
E il timore, a questo punto, è che l’Università ideale per molti assomigli a quella in cui la teoria si studia sui Bignami, e la pratica si fa con “Il piccolo medico”, il giocattolo anni ’70 che permetteva ai bambini di auscultare il peluche di casa.
Ci resta solo una speranza: che almeno chi ha sbagliato i decimetri cubi, un domani, non ci prescriva dosaggi “impossibili” di antibiotici.
Perché gli errori di Fisica si recuperano, ma gli errori in Medicina… meno.
E magari, chissà, riusciremo pure a tornare in un mondo in cui gli esami si superano studiando – e non protestando.
Resta comunque un dettaglio che qualcuno finge di non vedere: diventare medico non è, evidentemente, per tutti.
E, permettetemi, è anche giusto così.
Io spero sinceramente che uno studente che si è presentato ad un esame universitario dopo cinque anni di scuola superiore ed ha sbagliato a rispondere ad una sola di queste domande elementari si sia almeno divertito moltissimo in quei cinque anni.
Spero abbia collezionato bei ricordi, gite memorabili, serate leggendarie, amori travolgenti… perché se non appartiene a una famiglia molto benestante, capace di garantirgli una comoda rendita di posizione, lo aspettano tempi estremamente complicati nella vita lavorativa.
E non complicati “dai test di Medicina”: complicati sul serio.
Perché il mondo reale — brutale com’è — non accetta decimetri cubi confusi con litri, né pazienti curati con “il piccolo medico”. Qui il Bignami non basta.
Umberto Baldo













