Labubu, il pupazzo che ha conquistato il mondo (e le Borse): e tu ce l’hai?

Confesso: fino a ieri pensavo che Labubu fosse un rumore che fa il frigorifero quando la guarnizione non chiude bene.
Poi un’amica, con aria tra lo scandalizzato e il compassionevole, mi ha chiesto: “Ma come, tu non hai un Labubu?”
Come se mi avesse beccato senza assicurazione auto, o peggio senza codice fiscale.
Ho subito provato quella sensazione tipica di chi non è al passo con i tempi: mi sono visto relegato nella categoria dei reietti sociali, quelli che ancora scrivono con la penna, e si ostinano a dire “telefonino” invece di “smartphone”.
Allora mi sono attivato, cercando di capire se il Labubu fosse un guerriero bantù, un protocollo bancario, o l’ennesima variante del Covid.
E invece no: trattasi di un mostriciattolo creato nel 2015 dalla penna dell’illustratore Kasing Lung tra i protagonisti della serie di libri The Monsters, poi trasformato in pupazzo da collezione.
Fin qui nulla di strano. Se non fosse che nel 2024 Lisa, star del gruppo K-pop Blackpink, ha avuto la malaugurata idea di appenderselo alla borsa.
Da quel giorno il mondo non è stato più lo stesso.
È scattata la Labubumania: code davanti ai negozi, risse, aste milionarie, contrabbando da aeroporto.
Altro che oro, diamanti o Rolex: adesso negli scali internazionali sequestrano valigie piene di… pupazzi.
Neanche Pablo Escobar avrebbe mai immaginato che si potesse trafficare in mostriciattoli con le orecchie a punta.
Il fenomeno, ovviamente, ha fatto la fortuna della Pop Mart, la società cinese (sede a Pechino e quotata a Hong Kong) che produce i Labubu.
Nel primo semestre del 2025 ha registrato +400% di utili netti. Avete capito bene: +400%. L’utile netto del +396,5% e l’aumento del 204,4% dei ricavi hanno superato le cifre indicate in un’anteprima degli utili diffusa il mese scorso: era stata prevista una crescita dei ricavi pari a un +200% nella prima metà del 2025 e un aumento dell’utile netto di almeno il 350% sull’anno. Cifre alla mano The Monsters/labubu ha incassato nel primo semestre 4,81 miliardi di yuan (669,88 milioni di dollari, pari a oltre 575 milioni di euro), corrispondenti al 34,7% delle entrate totali dell’azienda.
E tutto grazie a un pupazzo alto dieci centimetri che sembra uscito da un incubo di Tim Burton dopo una serata di sake scaduto.
I prezzi? Per i collezionisti, fuori da ogni logica, fuori da ogni grazia divina.
All’asta un esemplare è stato battuto per 130mila euro. Per la stessa cifra uno potrebbe comprarsi un bilocale.
Un altro, alto un metro e sessanta (praticamente un coinquilino), è stato venduto per 99mila euro.
Poi ci sono le versioni più “popolari”, da appena 800 euro l’una: poco meno di una mensilità media di pensione, giusto per ricordarci che l’inflazione non riguarda solo la spesa al supermercato, ma anche i giocattoli.
La strategia della Pop Mart è diabolica e geniale: produzione a tiratura limitata, vendita in scatole chiuse (così non sai quale modello stai comprando, fra i 300 attuali, e ti tocca prenderne cinque “per sicurezza”), zero ristampe.
Il risultato?
Le persone non si limitano a desiderare un Labubu, ne diventano dipendenti.
Si mettono in fila di notte, si affidano ai contrabbandieri, ai falsi prodotti da aziende pirata, fanno aste in streaming come fossero Sotheby’s.
E intanto gli osservatori geopolitici parlano di “soft power” cinese.
Altro che panda e Confucio: oggi l’immagine della Cina nel mondo passa attraverso un pupazzo che vale più dell’oro.
Ora, non so se un Labubu rientri a pieno titolo nella categoria delle minacce strategiche alla supremazia americana, ma una cosa è certa: i cinesi hanno capito come trasformare un mostro di gomma in miliardi di yuan.
E noi qui, a chiederci ancora se sia più utile investire nei BTP o in un piano di accumulo.
Personalmente, non mi sono messo a cercarne uno. Posso vivere senza.
Anche se, confesso, la prossima volta che sentirò “Labubu”, non penserò più al frigorifero difettoso… ma a un bilocale mancato.
Umberto Baldo













