29 Novembre 2017 - 11.42

ALTAVILLA – I manager del Veneto 4.0

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Ripartire dai valori perduti, ma anche da una rivoluzione culturale che passa dall’inserimento in azienda di manager sempre più internazionali, cogliendo l’opportunità della rivoluzione tecnologica senza perdere di vista la persona. Queste le linee guida per il futuro del territorio, tracciate dai rappresentanti del mondo dell’economia, della politica, dell’industria e dell’università che si sono confrontati nel convegno “Veneto 4.0: i nostri manager ci sono”, organizzato lunedì da Federmanager Vicenza al Cuoa di Altavilla per riflettere sul modello che ha contraddistinto una regione locomotiva economica ma anche al centro di casi come BpVi o Mose. «Il 4.0 per noi è un argomento di rinascita ed evoluzione del nostro modo di essere impresa, manager e anche imprenditori – afferma Adolfo Farronato, presidente di Federmanager Vicenza – in tema di politiche per lo sviluppo, sia nel pubblico che nel privato servono non solo competenze manageriali e capacità innovative, ma un nuovo orientamento che coniughi impresa e “Persona 4.0”. Solo così possiamo recuperare efficienza e produttività nelle aziende e nel Paese». A discuterne sono stati il deputato vicentino Federico Ginato; Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale all’università di Padova; Federico Visentin, vicepresidente di Federmeccanica; l’avvocato Massimo Malvestìo; Guelfo Tagliavini, responsabile Commissione Industria 4.0 di Federmanager e Luca Vignaga, responsabile delle risorse umane di Marzotto, moderati dal giornalista Sebastiano Barisoni. «Le banche venete – continua Ginato – sono nate in un sistema solidaristico e avevano come funzione la reciprocità. Oggi sono cambiate sia la legislazione che l’economia e la crisi delle Popolari è figlia anche di questa perdita di valori». Una critica al sistema veneto è arrivata anche da Visentin. «Facciamo fatica a confrontarci con ciò che non ci somiglia, comprese le università, che non sono ben integrate con le imprese come a Milano. Il piano 4.0 ha creato nuova verve, ma mancano le persone capaci di gestire i prodotti tecnologici sul mercato. Ci sono neolaureati brillanti, anche veneti, che si fermano a Milano e come imprenditori dobbiamo attrarli, costruendo una nuova cultura d’impresa anche con incentivi all’assunzione di queste figure». Una maggiore apertura da parte dei manager è invece l’auspicio di Vignaga. «I grandi dirigenti mondiali qui non vengono, per la dimensione delle imprese e per la mancanza di servizi. Sono quelli veneti che devono essere internazionali. E fare un’ammissione di responsabilità, perché le banche sono state gestite anche da noi». Una responsabilità non sentita da Tagliavini, che mette anche in guardia di fronte al rischio di un 4.0 a due velocità. «Il Nord Italia sta reagendo bene, ma si sta creando un pericoloso digital divide con il Sud». A spezzare una lancia nei confronti della classe dirigente veneta è Malvestio. «Il grande errore delle banche venete è stato seguire il resto d’Italia, se avessimo voluto essere una regione diversa avremmo dovuto dissociarci. Alcune banche sono diventate marce, perché c’è stato chi ha voluto così. Nel nostro Paese se la Nazionale non va al Mondiale si caccia il commissario tecnico, mentre chi distrugge il sistema bancario viene riconfermato. Non vorrei che ci preoccupassimo troppo della nostra classe dirigente, perché il modello veneto, nato dalle diversità, ha originato tante cose buone». E proprio da quei valori, oltre che dal connubio tra aziende e manager, vede partire il rilancio Paolo Gubitta. «L’aspetto sociale dell’azienda si può recuperare nelle B.Corp, le aziende benefit, nel cui statuto c’è il principio di non lavorare per sé ma anche per il territorio. Un fattore che mi fa ben sperare è che nel Nordest ci sono imprese che hanno scisso lavoro e famiglia e coinvolto i manager nella gestione: le chiamo “leprotti” e sono in crescita». Il docente lancia anche una provocazione. «Quando non può esserci un passaggio generazionale, vendere è necessario, non un male. Il migliore acquirente potrebbe essere il manager visionario che ha fatto crescere l’azienda. Dovremmo aiutare questi processi di management buy out».

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