Nord Est – Due cugini muoiono raccogliendo il vischio precipitando in un canalone

Una gita domenicale alla ricerca del vischio si è trasformata in una tragedia per due cugini che, nel primo pomeriggio di domenica 7 dicembre, sono precipitati in un canalone sopra Enemonzo, in Carnia. Le vittime sono Sandro Valent, 55 anni, di Udine, e Mauro Darpin, 60 anni, residente a Portogruaro. I due si trovavano in compagnia di un terzo cugino, rimasto illeso ma testimone dell’incidente.
Secondo le prime ricostruzioni, il gruppo aveva raggiunto un tratto molto ripido e scivoloso, non adatto a un’escursione improvvisata e privo delle minime condizioni di sicurezza. I soccorritori hanno riferito che i due uomini indossavano scarpe da ginnastica e non avevano con sé alcuna attrezzatura. Su un terreno coperto di foglie e detriti, la prudenza non è bastata: Sandro si sarebbe spinto sul ciglio del canalone aggrappandosi a un ramo, che si è spezzato facendolo precipitare. Nel tentativo di aiutarlo, Mauro avrebbe fatto pochi passi verso di lui prima di perdere l’equilibrio e cadere a sua volta.
L’allarme è stato lanciato dal cugino che si trovava qualche metro più indietro. Poco dopo le 13.30 il Soccorso alpino di Forni Avoltri ha attivato l’elisoccorso friulano già in zona per un’esercitazione. Una dottoressa e due tecnici sono stati calati con il verricello per il primo controllo, ma non hanno potuto far altro che constatare il decesso di entrambi gli escursionisti. Il recupero delle salme è avvenuto in due fasi distinte, rese difficili dalla conformazione del terreno, un canale stretto e molto impervio che non è abitualmente frequentato da chi pratica trekking.
Gli operatori intervenuti hanno spiegato che la caduta potrebbe aver superato i venti metri, forse anche il doppio. Le salme erano prive di documenti e sono state identificate più tardi dalla Guardia di finanza. «Non c’era ghiaccio, ma il fondo era estremamente scivoloso, con foglie, sassi e forte pendenza», ha dichiarato il capostazione Alessandro Fior, sottolineando la pericolosità del luogo.
Quello che doveva essere un gesto legato alla tradizione in vista delle festività si è così trasformato in un incidente mortale, reso possibile dalla fragilità del terreno e da una sottovalutazione dei rischi dell’ambiente montano.













