Sorrentino e La Grazia, un film sulla solitudine del potere in un mondo pieno di dubbi

Un film sulla solitudine? Sul fine della vita? Sul rapporto padre figlia? Un film sulla politica (quella buona con il diritto al centro)? Sull’amore? Sulla grazia intesa come amnistia di assassini “pentiti”? Tutto un po’ di questo e nulla di tutto questo. Paolo Sorrentino apre la 82esima edizione del Festival del cinema e riesce a spiazzare con un filo narrativo dalle molteplici sfaccettature ed in realtà con nessuna. Forse perché è inutile cercare. La vita scorre. Non sempre è detto che vi ci si debba trovare un senso. Anche in figure come un Presidente della Repubblica interpretato da Toni Servillo: “l’ho interpretato ma non mi ci riconosco”) che dovrebbe dare un senso alla responsabilità di un ruolo apicale e che invece vive in perenne dubbio, in costante incertezza. Palla avanti. Qualcuno prima o poi la getterà in rete. Così Servillo/Presidente non decide, allunga i tempi, non firma una legge sulla eutanasia perché forse lo farà qualcun altro. Decide di non decidere. O forse lo farà. Chissà. E così il dubbio diventa in realtà trama, trama sorretta da Anna Ferzetti, la figlia del Presidente nel film. E Sorrentino? Il regista sta sul pezzo. Chiaroscuri caravaggeschi, musica rap, inquadrature come tele fissate dalla cinepresa alle pareti di casa (cioè il Quirinale). Spunti, riflessioni, è una grande solitudine un po’ claustrofobica, spezzata dall’umanità dei personaggi. Leader un po’ inchiodati nei ruoli ma capaci di evadere ogni tanto dal peso della linearità che istituzione impone.
Che ci lascia questo film? Ci lascia a pensare sul senso del “dopo”, sulla reale capacità di vivere più leggeri e fuori dagli schemi, anche se ci siamo invischiati dentro. Ci lascia un senso di vuoto che il potere di oggi ben interpreta, soprattutto quello politico, un senso di smarrimento per la caducità umana, per la vita che scorre e ci lascia sospesi, come quell’astronauta in orbita intorno alla terra che Servillo vorrebbe essere. Ma la gravità ci schiaccia a terra, per cui non sapremmo alla fine decidere se questo sia un film di speranza o di oblio. O forse di entrambe. Chissà.













