Ridateci i ‘politici de ‘na volta’

di Alessandro Cammarano
C’era una volta la politica elegante e soprattutto c’erano politici che sapevano stare al mondo. “Sempre ladri!” potrà obbiettare qualcuno, ricorrendo ad un vecchio luogo comune non sempre rispondente a verità; la generalizzazione non è quasi mai esercizio utile. Probabilmente sì, ma ladri gentiluomini, come Arsenio Lupin.
A guardare quello che succede oggi, all’epoca dei social media, della comunicazione istantanea e senza freni, gli uffici stampa modellati sulla falsariga di truppe d’assalto e promotori di contenuti sempre più spesso denigratori nei confronti dell’avversario e mai veicoli di proposte e impegni che almeno all’apparenza risultino qualche aspetto di plausibilità. Rispetto reciproco? Figuriamoci! Tutti a dare addosso all’avversario – che per altro ribatte con toni pressoché uguali – con una gamma di insulti che possono andare dall’alitosi fino sprofondare nel baratro delle allusioni di carattere sessuale e tutto questo con schiere di “plauditores” che in rete scatenano risse da tastiera in confronto alle quali gli scontri tra Verdi e Azzurri allo stadio di Costantinopoli ai tempi di Giustiniano si riducono a scaramucce da asilo.
In periodo di consultazioni per la formazione di un nuovo esecutivo – serviva proprio una crisi politica in un momento tanto difficile per il Paese? – quelli che una volta erano stoccate di fioretto oggi sono fendenti di spadone sulla testa delle fazioni avverse oltre che menati a casaccio seguendo il concetto del “non importa chi, basta che non ci siano superstiti”. Che tristezza e che pericolo ridurre tutto aun tweet.
Sia ben chiaro, anche ai tempi di Crispi e Giolitti se le davano di santa ragione, così come ai tempi della Prima Repubblica, tanto vituperata ma non abbastanza da non farla rimpiangere visti i risultati della Seconda.
In rete – perché la rete ben usata è indispensabile e ricchissima di spunti e informazioni – si ritrovano facilmente le vecchie Tribune Politiche, quelle moderate da Jader Jacobelli o da Ugo Zatterin, giornalisti che erano tra i cavalli di battaglia di Alighiero Noschese e delle sue imitazioni, in cui gli invitati discutevano a colpi di “Mi sia consentito dire” o “Mi permetto di contraddire l’illustre collega”, il tutto senza neppure sognarsi di interrompere l’intervento di un altro ospite.
L’italiano era forbitissimo: da quello sornione di Giulio Andreotti, che ogni tanto ci infilava una punta di romanesco mai troppo calcato, all’eloquio “incazzoso” di Amintore Fanfani per arrivare a Giovanni Spadolini le cui scelte lessicali sembravano venire direttamente dall’Accademia della Crusca. Come non ricordare con nostalgia i discorsi appassionati e trascinanti di Enrico Berlinguer ma anche quelli – discutibili quanto si voglia nei contenuti ma formalmente perfetti – di Giorgio Almirante?
A Vicenza chi ha la mia età – specifichiamo che all’epoca dei fatti ero davvero ragazzino onde evitare di passare per giurassico – ricorda ancora Mariano Rumor passeggiare per Corso Palladio intrattenendosi con affabilità assoluta con chiunque lo fermasse, tanto da sembrare che conoscesse personalmente ogni singolo vicentino; un complimento ad una signora, spesso preceduto da un baciamano impeccabile, una carezza ad un bimbo, una stretta di mano ad un ragazzo. Come reagirebbe oggi il Senatore Rumor ad un “Ci facciamo un selfie?” magari con un birrozzo da litro in mano?
Poi venne la Seconda Repubblica, quella tirata su a colpi di spot pubblicitari e con le candidature pianificate a suon di provini davanti alle telecamere che declassarono la politica a spettacolino televisivo. Ci cascarono quasi tutti e quasi tutti applaudirono al “nuovo che avanza” – anche se il nuovo era fatto di cerone e copioni – soprattutto quelli che erano andati a tirare le monetine a Benedetto Craxi detto Bettino, anche lui oratore formidabile ma archetipo di future arroganze verbali, fuori dall’Hotel Raphael.
Adesso le vecchie veline di partito sono sostitute da post su Facebook, le comunicazioni ufficiali sono precedute da ore se non giorni di “indiscrezioni” e di “si dice” che non fanno altro che acuire differenze e montare malumori.
I “politici” 2.0 al confronto civile preferiscono la fake news – che per quel che mi riguarda sarebbe meglio chiamare “bufala” – il ricorso a sproposito ad un Inglese da far rabbrividire chiunque, l’aumento esponenziale dei decibel nel propugnare i propri slogan, l’interruzione sistematica dell’interlocutore: in confronto il Grande Fratello VIP è un ricevimento diplomatico.
Ogni tanto si sente qualcuno che, con un sospiro dice “Ridatemi Arnaldo Forlani” – il famoso Coniglio Mannaro –, come dargli torto?













