Sentenza PFAS, l’avvocato Merlin: “La tutela ambientale segna un punto di non ritorno”

«Siamo di fronte a una decisione di portata storica, che segna un punto di non ritorno nella tutela penale dell’ambiente e delle risorse idriche».
Così il professore universitario e avvocato Angelo Merlin, insieme all’avvocato Marco Tonellotto titolare dello studio legale Merlin & Tonellotto, specializzato in diritto penale ambientale, che ha assistito le società idriche venete costituite parti civili nel processo sul maxi-inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) che ha coinvolto le province di Vicenza, Verona e Padova, celebrato davanti alla Corte d’Assise di Vicenza.
Il riferimento è alla sentenza pronunciata il 26 giugno 2025, con cui il collegio giudicante ha condannato undici imputati per un totale complessivo di 141 anni di reclusione, con pene comprese tra i 2 anni e 8 mesi e i 17 anni e mezzo, riconoscendo la responsabilità per i reati di avvelenamento delle acque, disastro ambientale e inquinamento ambientale. Sul fronte civile, la Corte ha disposto risarcimenti significativi a favore di enti pubblici e gestori del servizio idrico: Acquevenete e Acque del Chiampo hanno ottenuto 500 mila euro ciascuna a titolo di danno patrimoniale, mentre Viacqua è stata risarcita con 400 mila euro, sempre a titolo di provvisionale.
«La pubblicazione in queste ore delle motivazioni consente di cogliere appieno la solidità dell’impianto accusatorio e la profondità dell’analisi svolta dalla Corte», sottolinea Merlin.
Nel dettaglio, la Corte d’Assise di Vicenza ha riconosciuto la responsabilità penale di dirigenti e apicali Miteni per avvelenamento di acque destinate al consumo umano, disastro ambientale innominato e inquinamento ambientale, in relazione alla contaminazione da PFAS della falda e delle acque superficiali di vaste aree del Veneto.
«Un passaggio centrale della sentenza – evidenzia l’avvocato Merlin – è l’affermazione secondo cui l’avvelenamento delle acque può realizzarsi anche in forma progressiva e protratta nel tempo, valorizzando sia condotte commissive sia omissive». Tra queste, la Corte richiama «l’omessa attivazione delle procedure di bonifica e messa in sicurezza, l’occultamento di dati ambientali rilevanti e la prosecuzione delle produzioni nonostante la piena consapevolezza della diffusione dei contaminanti».
Di particolare rilievo è anche il riferimento alle conoscenze tecniche dei produttori: «La Corte afferma con chiarezza che, anche in assenza all’epoca di limiti normativi specifici sui PFAS, la pericolosità intrinseca e l’estrema persistenza di queste sostanze imponevano comunque l’adozione immediata di misure di prevenzione», osserva Merlin.
La sentenza riconosce inoltre la responsabilità amministrativa di Miteni S.p.A. ai sensi del d.lgs. 231/2001, per l’inadeguatezza del modello organizzativo e per il vantaggio economico conseguito attraverso il risparmio dei costi ambientali, nonché la bancarotta fraudolenta, fondata sull’occultamento delle passività ambientali e sulla prosecuzione dell’attività in condizioni di dissesto. «È una decisione che rende finalmente giustizia ai territori, ai cittadini e ai gestori del servizio idrico che hanno subito per anni le conseguenze di uno dei più gravi disastri ambientali del nostro Paese», conclude Angelo Merlin. «Ma è anche un messaggio chiaro per il futuro: l’ambiente e l’acqua potabile non sono variabili economiche sacrificabili, e la loro tutela passa anche attraverso una rigorosa responsabilità penale».













