1 Novembre 2019 - 9.34

PASSAGGIO A NORD – In ricordo di Mario Rigoni Stern

Novantotto anni fa, oggi nasceva Mario Rigoni Stern ad Asiago “in una casa appena ricostruita sulle macerie della Grande Guerra, da una famiglia che da secoli esercitava i commerci tra montagna e pianura, ma che anche aveva dato medici e ingegneri forestali” (Mario Rigoni Stern, 2003). Amante della montagna e della lettura, nel 1938 si arruola volontario alla scuola centrale militare di alpinismo di Aosta. Combatte come alpino, nella divisione Tridentina, nel battaglione Vestone, in Francia, Albania, Russia. Saranno proprio gli anni della guerra a segnare profondamente la sua esistenza e a diventare protagonisti di tante opere dall’alto valore letterario e morale, insieme ai ricordi della giovinezza e alle stagioni della pace ritrovata nella sua città natale. Capace di narrare la crudeltà di una guerra più grande degli uomini, ma anche la solidarietà che fa diventare gli uomini grandi; così come di descrivere la profondità delle piccole cose e di difendere con immenso amore la natura e la sua montagna. Con la sua scrittura limpida e pura ha saputo raccontare la cultura e la mentalità della gente della terra a cui tanto era legato, insegnandoci che in realtà “siamo tutti compaesani”. In ricordo del grande scrittore e uomo, riportiamo cinque tra le sue opere più significative.

Il sergente nella neve

“Era qualcosa di molto più del rispetto che gli animali della foresta hanno l’uno per l’altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini”

Pubblicato nel 1953 da Einaudi, questo romanzo autobiografico racconta l’esperienza di Rigoni Stern, come sergente maggiore dei reparti mitraglieri nel battaglione Vestone dell’ARMIR, e la ritirata dei soldati italiani dalla disastrosa campagna di Russia nell’inverno 1942-1943.  Nella prima parte del libro, “Il caposaldo”, Rigoni Stern racconta la vita al fronte, lungo il corso del fiume Don. Nella seconda parte, intitolata “La sacca”, viene narrato il lungo e terribile cammino affrontato dai soldati italiani per tornare in patria. La prima bozza dell’opera fu scritta in un lager tedesco, dove l’autore era stato imprigionato in seguito al rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò.

Ritorno sul Don

“Ecco, sono ritornato a casa ancora una volta; ma ora so che laggiù, quello tra il Donetz e il Don, è diventato il posto più tranquillo del mondo. C’è una grande pace, un grande silenzio, un’infinita dolcezza. La finestra della mia stanza inquadra boschi e montagne, ma lontano, oltre le Alpi, le pianure, i grandi fiumi, vedo sempre quei villaggi e quelle pianure dove dormono nella loro pace i nostri compagni che non sono tornati a baita”

L’opera viene pubblicata nel 1973 ed è costituita da otto racconti: “Nella steppa di Kotovskij”, “In un villaggio sepolto nella balca”, “Tre patate lesse”, “La segheria abbandonata”, “Bepi”, “Un richiamato del ’13”, “Un ragazzo delle nostre contrade”, “La scure” e “Ritorno sul Don”. Alcuni di questi completano la narrazione delle esperienze di guerra dell’autore durante la campagna di Russia; l’ultimo narra del ritorno, insieme alla moglie Anna, sui luoghi della drammatica ritirata dove giacciono i compagni che non sono riusciti a tornare a “baita”.

Storia di Tönle

“E una grande nostalgia lo colse; la nostalgia di quel magro ciliegio selvatico sopra il tetto e di quello che era raccolto sotto i quattro spioventi di paglia: come c’erano delle forze che lo spingevano ad andare in primavera, così c’erano quelle che lo facevano ritornare alla fine dell’autunno: forze superiori a ogni volontà come l’avvicendarsi delle stagioni, le migrazioni degli uccelli, il sorgere e il calare del sole, le fasi della luna”

Pubblicato nel 1978, questo romanzo ha vinto il Premio Campiello e il Premio Bagutta nel 1979. Ambientato tra la seconda metà dell’Ottocento e la Prima Guerra Mondiale, racconta la storia di Tönle Bintarn, contadino, pastore e contrabbandiere dell’Altopiano di Asiago. Dopo essere scappato da due guardie, inizia ad essere perseguitato dalle autorità ed è costretto a una vita da fuggiasco. Inizia così a lavorare un po’ in tutta Europa, per tornare, di nascosto, ogni inverno dalla sua famiglia; finché non riesce ad avvalersi di un indulto e a riprendere la sua vita di contadino e pastore. Quando scoppia la Grande Guerra è ormai anziano e, sebbene il paese venga evacuato, non se la sente di abbandonare il suo gregge e la sua terra, alla quale cercherà testardamente di ritornare sempre, anche dopo la prigionia.

L’anno della vittoria

“Per quello che aveva visto e patito in guerra credeva solo nell’amicizia”

Pubblicato nel 1985, questo breve romanzo può essere considerato come la continuazione ideale della Storia di Tönle. Dopo la vittoria di Vittorio Veneto e la fine del conflitto, la gente dell’Altopiano può finalmente far ritorno alla propria terra. È il 1919 e il territorio che avevano dovuto abbondare nella primavera del 1916 è stato profondamente segnato dalla guerra. La vera vittoria, quindi, sarà proprio quella di ritornare lentamente alla vita, ricostruire gli edifici, ma anche i rapporti affettivi e sociali, rimettendo in piedi tutto ciò che è andato distrutto.

Le stagioni di Giacomo

“A nessuno sarebbe venuta l’idea di appropriarsi di qualche materiale perché, come era per la legna, le cose raccolte con fatica e messe con metodo e in vista erano da considerarsi sacre: un furto del genere avrebbe per sempre squalificata di fronte a tutta la comunità la persona che l’avesse compiuto”

Pubblicata nel 1995, quest’opera ha vinto, l’anno successivo, il Premio Grinzane Cavour e il Premio Comisso. Il romanzo ripercorre la storia di Giacomo, compagno di classe dell’autore, e della sua famiglia, costretta, come tutta la comunità altopianese, a una dura vita tra povertà e carenza di lavoro nel periodo tra le due guerre mondiali. L’infanzia di Giacomo passa tra la scuola, il tempo libero con gli amici e il pericoloso lavoro di “recuperante”. La vita, nel frattempo, scorre e l’Italia entra nuovamente in guerra, reclutando nuove leve.

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