15 Aprile 2020 - 9.44

La Paura corre sul filo del Coronavirus (ma torna la folla)

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Fare la spesa on-line e farsela consegnare a casa. Ordinare in quel ristorante dove per trovare un tavolo dovevi prenotare almeno con due settimane di anticipo e farsela portare a domicilio. Sono parecchie le cose che abbiamo imparato a fare in questi giorni di quarantena. E sono parecchie le cose che anche chi gestisce un ristorante, un panificio o una pasticceria ha dovuto imparare in breve tempo per cercare di sopravvivere con le serrande abbassate. Forse il vero passo avanti che non avevamo mai fatto nella compravendita on-line è arrivato adesso e più di qualcuno ha scoperto che è comodo. Chi non aveva dimestichezza con Amazon ha probabilmente già fatto il salto verso Prime, e la consegna rapida e senza troppi costi di consegna. Chi non ha mai smesso di girare dentro città vuote sono stati i fattorini di Foodora e i furgoni delle consegne, rigorosamente fatte senza contatto fisico e senza scambio di denaro contante. Siamo davvero sicuri di voler rinunciare a tutto questo? Siamo davvero sicuri di voler indossare la mascherina, i guanti e avventurarci di nuovo nei negozi fisici una volta che saranno riaperti? Un dato è sicuro: oggi sono andato a fare la spesa in un supermercato. Il blocco totale, lo abbiamo detto da tempo, è finito. In giro si vedono tante persone, tante auto. Le fabbriche sono tornate a produrre, ci sono passeggeri sui mezzi pubblici e sinceramente i controlli, così ferrei nei giorni di Pasqua e del Lunedì dell’Angelo, oggi non si vedevano. Del resto se le librerie sono aperte, allora vuol dire che posso uscire anche per scegliere un romanzo da leggere. Se sono aperti i vivai dove si comprano i fiori, allora posso dire che sto andando a comprare le primule per il giardino o i fiori per il balcone. Insomma se me ne sto a spasso, da oggi è difficile dirmi che non posso farlo. E c’è da avere paura. Adesso sì, sinceramente. Questa mattina ho avuto paura: il supermercato è grande ma è anche affollato, mi guardo intorno e cerco di capire se quella donna è a due metri di distanza da me. Davanti al bancone della parafarmacia si è creata una fila: tutti chiedono se ci sono mascherine. Ci sono, sono di cotone lavabile a 90 gradi e costano tre euro e 50 centesimi. In tempi normali sarebbe una enormità, ma pare che non interessi a nessuno. Non interessa nemmeno a me: mi metto in coda e ne compro cinque, poi ci ripenso, rientro e ne compro altre cinque. Ma saranno davvero tutti sani quelli che ci sono qui, fra le corsie del pane e quella dei formaggi? Non sono stati pochi quelli che sono stati sorpresi, le scorse settimane. Giravano per la città anche se erano risultati positivi al Covid-19 e cosa mi assicura che oggi non ce ne siano ancora di più? Ho paura, cerco di star lontano da tutti, alla cassa c’è di nuovo la fila, scanso le persone e mi fiondo sulla cassa dove devi far passare i prodotti e imbustarti la spesa da solo, pago con il bancomat e scappo via. I guanti mi fanno sudare le mani, eppure li tengo addosso, almeno fino a quando non mollo il carrello (chissà chi lo ha preso in mano prima di me…). Corro in macchina, butto i guanti, prendo l’amuchina nel cassetto della plancia, mi strofino le mani. Respiro. La mascherina fa caldo, sento il mio respiro che risale dentro lo scudo di tessuto. Respiro. Tolgo la maschera almeno per il tempo in cui sono al volante dentro il rassicurante abitacolo della mia vettura e mi chiedo: dovrò rifarlo? Dovrò rifarlo presto, dovrò di nuovo trovarmi in una condizione nella quale aver paura di incontrare tante persone? Forse la prossima volta faccio la spesa on-line e chiedo che me la portino a casa. Costa di più, ma chissenefrega!Negli Stati Uniti, intanto, è stata promossa una causa che aspira a diventare una class-action. E’ rivolta contro i colossi della consegna a domicilio: gli utenti dicono che stanno applicando tariffe esose, costosissime. Ristoratori e consumatori pagano qualsiasi cifra pur di non dover uscire in questo momento, visto che gli Stati Uniti hanno vinto la palma di Nazione con il maggior numero di contagiati e di deceduti nel giro di un paio di settimane. La paura. Il terrore. La diffidenza nei confronti degli altri. Saranno sentimenti con i quali dovremo fare i conti da oggi e per le prossime due o tre settimane. Se i dati di oggi saranno confermati, allora sapremo che anche la riapertura è possibile, che si può, timidamente e coltivando una sana paura, tornare a mettere il naso fuori di casa. Se invece dovessimo vedere che i contagi aumentano di nuovo, allora sarà brutta. Allora la paura diventerà terrore e non sarà più necessario che un Presidente del Consiglio o un Presidente di Regione ci dicano di stare a casa. Ci staremo per scelta, e sarà molto, molto peggio. 

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