24 Giugno 2022 - 9.27

Kaliningrad ed il corridoio di Suwalki. Le dita negli occhi alla Russia

di Umberto Baldo

Lo scorso marzo, in tempi non sospetti, scrissi un breve pezzo che aveva l’ambizione di concentrare in sole tre cartine geografiche la crisi russo-ucraina.
Una di quelle tre mappe si riferiva a Kaliningrad, in un momento in cui non ne parlava nessuno, in quanto l’attenzione era giustamente concentrata sull’attacco militare a Kiev e sulle sanzioni anti Putin ancora in fase di studio.
Avrei certamente preferito di no, ma purtroppo la crisi attuale conferma che avevo ragione a puntare i riflettori su Kaliningrad.
Credo sia opportuno segnalare che risulta difficile capire cosa rappresenti questa città senza consultare una cartina geografica dell’Europa del nord.
Ad ogni buon conto Kaliningrad (storicamente l’ex città prussiana di Konigsberg, in cui nacque Immanuel Kant) alla fine della seconda guerra mondiale, in base agli accordi di Potsdam del 1945, divenne a tutti gli effetti territorio russo. La popolazione di lingua tedesca venne espulsa, e rimpiazzata con cittadini russi. Anche dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica Kaliningrad è rimasta, e rimane tuttora a tutti gli effetti, territorio russo. Dal 1952 è sede della flotta russa del Baltico.
Capite che questa enclave incuneata fra due Stati aderenti all’Unione Europea ed alla Nato, Polonia e Lituania, costituisce per la Russia un’irrinunciabile postazione strategica perché rappresenta una piattaforma missilistica naturale per colpire l’Europa con testate convenzionali o nucleari, ed inoltre perché consentirebbe al Cremlino di rallentare una eventuale reazione della Nato nel caso decidesse un attacco ai territori della Finlandia e della Svezia.
In questa situazione, che più tesa non si può a causa della guerra in corso, venerdì scorso la Lituania ha pensato bene di bandire il transito ferroviario sul proprio territorio verso la Russia di beni soggetti alle sanzioni internazionali, bloccando così l’importazione e l’esportazione di metalli, materiali per le costruzioni, carbone e apparati tecnologici.
La Lituania si è giustificata affermando di non aver adottato alcuna restrizione unilaterale, e di aver semplicemente applicato in questo modo le sanzioni decise dalla Ue contro la Russia.
Inutile dire che Mosca ha reagito con durezza a queste restrizioni, tanto che la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, senza usare mezzi termini, ha dichiarato “Dovrebbero essere consapevoli delle conseguenze, e purtroppo seguiranno conseguenze serie”.
Qualcuno sempre dalle parti di Mosca si è affrettato a specificare che le “conseguenze” non saranno solo di tipo diplomatico (sic!)
Lungi da me l’intenzione di fare il menagramo, ma non so se veramente nelle Cancellerie si rendano conto che con questo clima (e non penso certamente a quello atmosferico) basta una scintilla per dare fuoco alle polveri, ed estendere il conflitto nel cuore dell’Europa, trasformandolo in una guerra a tutto campo tra Russia ed Alleanza Atlantica.
Già perchè non dovrebbero ignorare che l’art. 5 del trattato Nato stabilisce che “un attacco armato contro una o più delle parti in Europa o Nord America sarà considerato un attacco contro tutti loro”.
Ne deriva che se la Russia attaccasse in qualche modo la Lituania, Paese Nato, gli alleati dovrebbero difenderla con l’invio degli eserciti.
Ed a quel punto saremmo subito in guerra anche noi!
Pur essendo da sempre un atlantista convinto, credo sia legittimo porsi alcune domande.
Possibile che i dirigenti lituani non si rendano conto che bloccare il traffico ferroviario fra la Russia e Kaliningrad equivale a mettere le dita negli occhi al Cremlino, dando il via ad una possibile escalation militare?
Possibile non ricordino che le sanzioni dovrebbero applicarsi ai carichi russi diretti verso l’Ue, che quindi dovrebbero essere vietati gli scambi reciproci, mentre quello che è stato bloccato è un transito dalla Russia alla Russia?
Non si tratta di un mero problema giuridico di interpretazione dei trattati Russia-Ue, bensì di voler deliberatamente rischiare un attacco militare.
E ancora, avendo attenzione alla cartina geografica, è possibile che la Lituania abbia deciso di prendere una tale iniziativa tutta da sola, senza preavvisare nessuno?
E’ credibile che non abbiano concordato la mossa almeno con la Polonia, se non addirittura con gli Stati Uniti?
Francamente non lo credo, e sarebbe bene che a Bruxelles, a Berlino, a Parigi, a Roma, a Madrid, e nelle altre capitali europee, si dessero una mossa per fare ragionare la Lituania, e chi la sostiene in questa follia.
Continuando, possibile che a Vilnius non si siano accorti che da tempo la televisione russa ospita appelli costanti che incitano alla creazione di un “corridoio” tra Kaliningrad ed il resto del Paese?
Il termine “corridoio” in Europa dovrebbe avere un suono sinistro, visto che il cosiddetto “corridoio di Danzica” fu il pretesto usato da Adolf Hitler per invadere la Polonia, dando così inizio alla seconda guerra mondiale.
Ed in effetti questo passaggio diretto invocato fra Russia e l’enclave di Kaliningrad ha anche un nome preciso: “corridoio di Suwalki”.
Guardando la carta geografica potete rendervi conto che si tratta di una striscia semi-deserta, disseminata di colline e paludi, che scende dal vertice sud-orientale dell’enclave, disegna per 65 chilometri il confine tra Polonia e Lituania, e raggiunge la frontiera occidentale della Bielorussia.
E non occorre avere le capacità strategiche di Napoleone per capire che un dispiegamento di truppe e carri russi lungo quel corridoio, con il preciso obiettivo di dividere la Polonia da Lituania, Estonia e Lettonia, e congiungere così i territori di Kaliningrad con la Bielorussia, sarebbe una delle mosse obbligate di Mosca in caso di scontro con la Nato nel nord Europa.
A dirvi la verità, io immaginavo che le tensioni ora in atto in quel preciso punto del quadrante europeo avrebbero scatenato le diplomazie per tentare di disinnescare la miccia in tempi rapidissimi.
Invece tutta questa agitazione non la riscontro nei leader europei, per cui mi viene da pensare che o sanno qualcosa che a noi “comuni mortali” sfugge, oppure siamo guidati da un gruppo di “incoscienti” che non capiscono, o non vogliono capire, che si stanno muovendo su un campo minato, perché la crisi di Kaliningrad, e di quei 300 chilometri del corridoio di Suwalki, potrebbero dare inizio della terza guerra mondiale.
C’è da sperare che alla fine prevalga un po’ di buonsenso, perché mettere le dita negli occhi alla Russia con il blocco di Kaliningrad, indipendentemente da qualsiasi motivazione, in questa fase è piuttosto rischioso.
Umberto Baldo

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