PADOVA – Cinquant’anni anni dal ’68

“Cinquant’anni dal ‘68” è il titolo del convegno che si è svolto a Palazzo Bo, organizzato dall’Associazione PadovaLegge.
Protagonisti dell’evento Marco Boato, sociologo, giornalista, autore del recentissimo libro “Il lungo ‘68 in Italia e nel mondo”, e Marcello Veneziani, giornalista, scrittore, filosofo, autore – tra le altre – delle pubblicazioni “Imperdonabili” e “Rovesciare il ‘68”, moderati Francesco Jori. La presentazione è stata affidata ad Alberto Berardi, vice presidente di PadovaLegge e docente di Teoria generale del diritto presso l’Università degli Studi di Padova.
“A cinquant’anni di distanza è sembrato opportuno dedicare un momento di riflessione a quel ’68 che ha modificato in modo irreversibile la storia, il costume, la letteratura, la musica e l’esperienza politica dei paesi occidentali, e farlo mettendo a confronto due opinioni potenzialmente opposte. Perché tantissimo si è detto e si è scritto su quell’anno, ma un opinione mainstream ancora non si è formata. È stato definito formidabile da una parte, “Formidabili quegli anni” è il titolo della celebrazione letteraria del ventennale, nel 1988, di Mario Capanna. È stato censurato da altri: un’esperienza di segno solo negativo perché considerato incubatrice di quella che sarebbe poi stata, negli anni a venire, la stagione buia del terrorismo e dell’eversione nel pensiero di Indro Montanelli”, spiega Fabio Pinelli, presidente di PadovaLegge e ideatore e organizzatore dell’incontro. “Certo è che sono tantissimi i temi d’interesse della contestazione giovanile studentesca, riassumibili in una avversione totalizzante, del tutto nuova, verso ogni forma di autoritarismo”, ha concluso Pinelli.
Della stessa opinione anche Alberto Berardi che sottolinea “Gli anniversari cd. d’oro rappresentano un momento di riflessione retrospettiva importante, perché possono costituire l’occasione per un bilancio pacato, mi verrebbe da dire “laico”, sulle scelte, sugli avvenimenti, sui frutti di ciò che è accaduto cinquant’anni prima. Oggi, infatti, le incrostazioni ideologiche non dovrebbero più condizionare la riflessione su ciò che è accaduto così tanto tempo prima, che non può più essere vissuto, nemmeno dai protagonisti, come un fatto personale. E le valutazioni trancianti, forse non solo per il distacco del tempo trascorso, ma anche per il sopravvenire del disincanto della maturità, per non dire della vecchiaia, spesso lasciano il posto a conclusioni un po’ meno cariche di certezze”.
Al tema dell’incontro Marco Boato ha dedicato il suo ultimo lavoro nel quale ricostruisce cosa fu il ’68 in Italia e nel mondo, ma anche da cosa nacque, come si caratterizzò il movimento in quell’anno “epocale” e cosa ne resta. “Il movimento del ’68 – spiega l’autore – in realtà nasce prima e finisce dopo: per questo il libro si intitola Il lungo ’68 in Italia e nel mondo. Ecco il senso di una ricostruzione storica che risale all’inizio degli anni ’60 e si conclude negli anni ’70. Ma il ’68 fu l’anno cruciale, diventato poi la data periodizzante anche per gli storici, a segnare la linea di demarcazione tra il prima e il dopo. E nulla è stato più come prima. Nel movimento del ’68 ci sono stati errori ideologici e contraddizioni politiche, ingenuità e slanci utopici, che poi non si sono realizzati”.
Marcello Veneziani, invece, che di quel periodo storico ha scritto dieci anni fa nel suo “Rovesciare il ‘68”, alla vigilia dell’incontro anticipa il suo pensiero in questi termini “La società entrata nel ’68 aveva molti vizi e arcaismi, molte ipocrisie e contraddizioni; ma quella che ne uscì, soprattutto negli ambiti citati, fu peggio. L’errore d’origine fu la scissione tra diritti e doveri, tra libertà e responsabilità, tra risultati e meriti; il predominio assoluto dei desideri sulla realtà e i suoi limiti naturali.” Il noto giornalista evidenzia il suo pensiero affermando “Alla fine, l’eredità politica e ideologica maggiore del ’68 è il politically correct, il nuovo “bigottismo progressista”, l’ipocrisia del linguaggio corretto. Una rivoluzione finita nel rococò”.
È stata quindi l’occasione per assistere al confronto tra due intellettuali di primissimo rango, che hanno conosciuto la stagione del ’68 su fronti contrapposti, e chiedergli cosa resta, dopo mezzo secolo, di quegli anni.













