23 Dicembre 2025 - 15.19

Vicenza: il Natale Ztl. Corso San Felice e viale Milano come Bratislava negli anni ’70. Il nodo dei commercianti che non sostengono le luminarie

Giuseppe Balsamo

A Vicenza il Natale 2025 è stato allestito con cura, visione e anche una certa ambizione. La mostra in Basilica Palladiana, impreziosita dallo straordinario Olimpichetto, è uno dei fiori all’occhiello delle festività. La pista di pattinaggio sul ghiaccio, annunciata come la più grande del Nord Est, richiama famiglie e curiosi. Il videomapping spettacolare accende il centro storico e restituisce alla città un’immagine viva, elegante, decisamente “instagrammabile”. Su questo, va detto, l’amministrazione Possamai ha centrato l’obiettivo.

Poi però c’è il rovescio della medaglia. Ed è una medaglia che vedono soprattutto quelli che a Vicenza arrivano, non quelli che ci passeggiano già dentro.

Chi entra in città da San Lazzaro e percorre corso San Felice, viale Milano o viale Venezia ha un’impressione decisamente meno festosa. Anzi, per restare in tema geografico, sembra di essere catapultati in una Bratislava anni Settanta, quando il socialismo reale aveva più cemento che lucine. Strade buie, nessuna luminarie, nessun segnale – nemmeno simbolico – che dica: “Benvenuti, è Natale”.

Certo, il ragionamento è noto e anche comprensibile: il Comune non mette le luci dove i commercianti non partecipano economicamente. Una logica di compartecipazione che funziona, soprattutto in centro. Ma è una logica che scricchiola quando si parla di grandi assi di accesso alla città, di viali ad alto traffico, di quelle che in gergo si chiamano “zone etichetta”. Quelle che raccontano Vicenza prima ancora che uno parcheggi.

In moltissimi Comuni del Vicentino le luminarie vengono installate a prescindere, gratuitamente per i commercianti, almeno nelle aree strategiche. Non per fare concorrenza al centro storico, ma per dare continuità, per evitare che il Natale sembri una Ztl dell’anima: entri e improvvisamente tutto è bello, resti fuori e non succede nulla.

Il risultato, oggi, è una città che a Natale è splendida, ma solo se sai dove guardare. E soprattutto solo se arrivi dal lato giusto. Un peccato, perché basterebbe poco: non una pista di ghiaccio in viale Venezia, non un videomapping sui palazzi anni Sessanta, ma almeno un assaggio di Natale. Giusto per non far pensare, a chi passa, di aver sbagliato città o decade.

Nelle grandi città le luminarie vengono quasi sempre realizzate con il contributo diretto dei commercianti, ma è proprio qui che si apre un tema che prima o poi anche Vicenza dovrà affrontare senza ipocrisie. Andando avanti, è realistico pensare che le adesioni diminuiranno: il tessuto commerciale cambia, molti negozianti non hanno alcun interesse economico o culturale nel Natale, talvolta per semplice disaffezione, talvolta per una diversa provenienza etnica e culturale che rende questa festività del tutto marginale. Continuare a basare l’illuminazione urbana solo sulla buona volontà dei singoli rischia quindi di produrre una città a macchie, con quartieri sempre più spenti. La soluzione potrebbe essere un modello misto: una quota pubblica minima garantita per le aree di accesso e di grande transito, affiancata da contributi volontari per gli allestimenti più scenografici; oppure un fondo unico, alimentato anche da sponsor e grandi operatori commerciali, che sollevi i piccoli negozianti e assicuri comunque un’immagine coerente della città. Perché il Natale, prima ancora che una festa religiosa o commerciale, è un messaggio urbano: e lasciarlo spegnere per mancanza di adesioni rischia di essere, alla lunga, una scelta miope.

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Testata Street Tg Autorizzazione: Tribunale Di Vicenza N. 1286 Del 24 Aprile 2013

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