Maturità, 100 e lode? Solo al Sud; al Nord vige il rigore: ma perché?

Sì, lo so. Potrebbe sembrare stucchevole tornare a parlare della Maturità a Ferragosto inoltrato, con le spiagge piene (si fa per dire) e le scuole ancora chiuse.
Ma ditemi voi se non vale la pena riaprire il dossier, ora che la polvere si è un po’ posata ed i numeri, quelli ufficiali, sono lì, belli stampati nei comunicati del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Sottolineo “del Merito”.
Ebbene, come ogni saga che si rispetti, anche quella della Maturità italiana non delude mai: studenti che rifiutano l’esame in nome di non si sa bene quale autodeterminazione giovanil-anarchica, genitori furiosi per il 98 anziché 100, talk show accesi sul senso stesso dell’esame (ma ricordiamoci che per abolirlo bisognerebbe cambiare l’articolo 33 della Costituzione… non proprio una passeggiata).
E allora la domanda, quasi spontanea, è questa: com’è andata a finire?
Partiamo dai dati ufficiali resi pubblici dal Ministero.
È stato ammesso il 96,5% degli studenti, e di questi si è diplomato il 99,7%.
Una promozione quasi bulgara. Niente di nuovo, d’accordo: siamo in linea con gli ultimi anni.
Ma attenzione alla voce “votazioni finali”, perché qui le cose si fanno interessanti.
Aumentano, sia pure di poco, i 100 e lode: si passa dal 2,6% del 2024 al 2,8% del 2025.
Tradotto: 13.857 studenti col massimo dei massimi.
E indovinate dove fioccano le lodi? Ma al Sud, ovviamente!
Calabria: 6,1% di diplomati con 100 e lode; Puglia 5,5%: Sicilia 4,7%; Campania: 4,0%
Al Nord, invece, le lodi sono più rare di un parcheggio libero a Milano: Valle d’Aosta: 0,3%; Lombardia: 1,1%; Piemonte 1,4%; Veneto: 1,3%; Trentino-Alto Adige: 1,3%
E anche sui “semplici” 100 la musica non cambia: ancora la Calabria in testa con il 12%, seguita da Sicilia e Puglia.
Ma attenzione: oltre la metà degli studenti italiani ha comunque preso un voto compreso tra 61 e 80. Quindi non siamo proprio tutti geni, dai!
Ora, uno potrebbe anche dire: beh, che bello, il Sud riscatta se stesso grazie ai suoi studenti brillanti.
E magari fosse vero!
Il problema è che poi arrivano i test Invalsi, quelli che – piacciano o no – misurano in modo standardizzato le competenze in Italiano, Matematica, Inglese.
E lì la classifica si rovescia: le regioni del Nord svettano, quelle del Sud arrancano.
Non è un’opinione, è un dato.
Ma allora cos’è questa pioggia di 100 e di lodi che inzuppa il Mezzogiorno?
Cos’è questo record di eccellenze scolastiche in Regioni dove, quando si fanno test seri, gli studenti faticano a scrivere un tema coerente o a risolvere un’equazione di primo grado?
È anche il motivo per cui il Decreto PNRR del 2024 ha deciso che i risultati Invalsi vanno allegati al diploma finale.
Qualcuno, maligno, ha interpretato la cosa come un tentativo del Ministero di mettere qualche paletto al “festival delle lodi distribuite col mestolo”.
Ma allora cosa succede davvero?
Diciamolo: qualcosa non torna. È difficile credere che gli studenti meridionali siano così straordinariamente più preparati, specie quando test indipendenti dicono il contrario.
E allora? L’ipotesi più accreditata, e anche la più scomoda, è che ci sia una diversa “cultura valutativa”, diciamo così.
Tradotto: in certe scuole del Sud si tende a premiare di più, anche per riconoscere gli sforzi profusi in contesti socio economici difficili, per non dire problematici.
Detta a modo mio, una forma di risarcimento educativo: “Caro studente, visto che sei nato in una terra sfortunata, ti regalo un 100. Anzi, facciamo 100 e lode.”
Se fosse così sarebbe inaccettabile. Perché hai voglia a sostenere “Eh, ma al Sud la scuola ha anche una funzione sociale. Premiando si dà un messaggio positivo.”
Ma quale messaggio? Che il merito è negoziabile? Che l’eccellenza si assegna per compassione?
Dare 100 e lode come premio di consolazione è un insulto ai ragazzi veramente capaci.
È come assegnare la medaglia d’oro alle Olimpiadi a chi arriva ultimo, perché poverino ha avuto un’infanzia difficile.
Intendiamoci, la buona volontà degli insegnanti non si discute.
Ma il risultato è che così la lode perde valore.
E crea uno squilibrio che alimenta dubbi e rancori, specie in chi vive in Regioni dove il voto massimo viene concesso col contagocce.
In Lombardia, che pure ha scuole d’eccellenza ad ogni angolo, la quota di lodi è irrisoria; idem in Veneto, Piemonte, Trentino-Alto Adige.
Qui la parola d’ordine è “rigore”.
Lì, forse, “inclusione valutativa”.
Ma se un ragazzo del Sud prende 100 e lode e poi cade sul congiuntivo, qualcosa non torna.
Ripeto: nessuna crociata, nessuna condanna, ma una semplice constatazione.
Se i voti non riflettono le competenze, allora il sistema ha un problema. Anzi, due: la credibilità e l’equità.
Perché l’uguaglianza dovrebbe valere anche per i voti, non solo per le opportunità.
Tutto questo accade nell’assordante silenzio del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Che su questa vicenda ha l’atteggiamento di Ponzio Pilato: si lava le mani, distribuisce numeri, lancia qualche decreto per allegare i test Invalsi al diploma e via.
Ma non basta attaccare una paginetta in più al diploma per risolvere il problema.
Bisognerebbe ripristinare una scala nazionale di valutazione, commissioni con standard comuni, criteri verificabili. Bisognerebbe, cioè, rimettere il “Rigore” al centro della scuola.
Ed invece i Ministri ci lasciano con il dubbio che in Italia la scuola non sia uguale per tutti.
E, soprattutto, che non tutti i 100 valgono 100.
Ma il pezzo di carta è lo stesso. E in fondo è quello che conta, no?
Umberto Baldo













