21 Luglio 2025 - 9.30

Quel taglio dei “vitalizi” mai digerito

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Umberto Baldo

In Italia vige una regola non scritta, ma più granitica della Costituzione: mai arrendersi. 

Qualcuno che ti dà ragione lo trovi sempre. Specie se ti puoi fregiare del titolo di  “Onorevole”. 

Perché, si sa, “una volta onorevole, per sempre onorevole”, proprio come per i preti “semel sacerdos, semper sacerdos”.

E così, ai primi di luglio si è celebrata a Montecitorio la liturgia laica più sacra della nostra democrazia parlamentare: la difesa del vitalizio. 

Prima udienza davanti al Collegio d’Appello della Camera (in primo grado il Consiglio di Giurisdizione aveva dato torto ai ricorrenti).   

Sì, esiste anche una Corte interna, una specie di Foro del privilegio, per esaminare il ricorso dei circa 1400 ex deputati. 

Cosa vogliono? Ma naturalmente che venga cancellata la delibera del 2018, quella che tagliava loro i vitalizi, firmata da Roberto Fico ai tempi d’oro della rivoluzione grillina, quando si prometteva di aprire il Parlamento “come una scatoletta di tonno”. 

Il tonno, nel frattempo, è diventato sushi. E costa caro.

Nel 2022 i più anziani tra questi ex parlamentari, ma solo i senatori, avevano già avuto soddisfazione: una sentenza interna aveva ripristinato per loro i vitalizi tagliati (qualcuno fa notare che fra “giudici” non c’era un rappresentante dei 5Stelle). 

Ora tocca ai più giovani – si fa per dire – provarci. 

E davanti a chi? 

Ma ad un collegio giudicante composto interamente da… altri deputati! 

Tutti avvocati, tutti onorevoli in carica, tutti con il curriculum perfetto per partecipare ad una cena di Natale a porte chiuse.

Presidente Ylenia Lucaselli (FdI), poi Ingrid Bisa (Lega), Pietro Pittalis (FI), Marco Lacarra (Pd), e Vittoria Baldino (M5S). 

Una perfetta distribuzione cromatica dell’arco parlamentare: bipartisan come una mozione sull’importanza della pizza.

Ricorda qualcosa? Ma certo! Nel Medioevo, i sacerdoti potevano essere giudicati solo da altri sacerdoti: si chiamava “foro privilegiato”. 

Oggi abbiamo il “foro vitalizio”: ti giudicano altri come te, con lo stesso portafoglio e le stesse tentazioni.

Contrariamente a quello che pensavo, ma io sono malpensante, il predetto collegio di onorevoli-giudici ha deciso che non si torna indietro,  e quindi i tagli stabiliti nel 2019, passando al modello contributivo, restano in vigore; game over.

E’ evidente che, a parte non aver ottenuto l’agognato aumento del vitalizio, ciò che fa magggiormente uscire dai gangheri i deputati (di cui circa 60 sono veneti, fra cui il padovano Filippo Ascierto, il trevigiano Antonio Cancian, il bellunese Aldo Brancher, il fondatore della Liga Veneta Franco Rocchetta e la moglie Marilena Marin, le esponenti del Pd Laura Fincato da Vicenza e Margherita Miotto da Padova) è la diversità di trattamento rispetto ai loro ex colleghi senatori.

A adesso cosa si fa dopo la bocciatura?

Sempre in ossequio alla logica del non arrendersi mai, l’avv. Paniz, sicuramente l’avvocato più preparato e combattivo sul tema, ha fatto sapere che ha in mente tre diverse iniziative.

Che vanno dalla rivalutazione degli importi originari per decreto ingiuntivo,  ad un ricorso alla Corte Europea perché la decisione assunta è palesemente illegittima, ad una vera e propria causa contro i singoli parlamentari “giudici” che non hanno rispettato i principi fondamentali del diritto. 

Pur non potendo vantare l’esperienza di Paniz, ho come l’impressione che fare causa ai “giudici” perché non ti hanno dato ragione non sia proprio una cosa molto sensata, ma potrei sbagliarmi ovviamente.

Guardate, lo so bene che il tema è scivoloso, soprattutto quando si parla di pensioni, meglio di vitalizi.

Io una proposta ce l’avrei.     

Visto che non parliamo di geopolitica o di crisi istituzionali, ma di “banali” pensioni dorate, perché non far decidere la questione a cinque cittadini  italiani estratti a sorte? 

Persone normali, che magari hanno dovuto attendere mesi per un ricorso all’INPS. 

E che, davanti alla richiesta di rivalutazione del vitalizio, forse avrebbero l’impudenza di dire: “Ma vi siete bevuti il cervello?”

Ovviamente non succederà. 

Perché in Parlamento, come nella savana, vige un altro principio arcaico: cane non mangia cane. Specie se è un cane con la pensione d’oro.

Ma sono molto soddisfatto per l’onestà intellettuale, la serietà, e l’intransigenza dimostrata dei componenti il collegio chiamato a dirimere la questione.

E credetemi che, date le pressioni, per loro non deve essere stato facile!

Umberto Baldo 

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