31 Luglio 2025 - 9.38

Putin, Kirill……..e la “Mummia”

Umberto Baldo

Il 26 marzo del 2000, Vladimir Putin veniva eletto per la prima volta presidente della Russia. Da allora sono passati venticinque anni, anche se a Mosca il tempo, più che scorrere, sembra girare in tondo come una trojka impazzita. 

Il volto del Paese è cambiato profondamente, e non certo grazie a una crema antirughe, ma per effetto di una costante e progressiva deriva autoritaria. 

Le elezioni?

Ormai un elegante rituale di regime, con tanto di coreografie e risultati “sorprendenti”.

Uno degli elementi più riusciti del putinismo è senza dubbio il revival dellaSanta Alleanza fraTrono e Altare, su cui si resse per secoli il potere degli Zar.

Versione aggiornata: Putin al Cremlino, Kirill al Patriarcato di Mosca, e il popolo in ginocchio… ma non solo per pregare.

La loro ideologia di punta è quella del Russkij Mir, il “mondo russo”: un’entità quasi mistico-geopolitica che comprende Russia, Ucraina, Bielorussia, e magari pure un paio di repubbliche limitrofe che hanno avuto la sfortuna di parlare russo. 

Mosca, ovviamente, è il cuore pulsante: politico, spirituale, linguistico, etnico, ideologico e, perché no, anche simbolico. Un po’ come Disneyland, ma con meno giostre e più missili.

In questo mondo meraviglioso, il Patriarca benedice il Presidente, il Presidente difende i valori “tradizionali”, e insieme cercano di esportarli con ogni mezzo: dalla catechesi all’artiglieria.

Ora, in questo clima da revival staliniano (senza però il pathos di Eisenstein), spunta fuori un film, girato con la benedizione del Patriarca Kirill e proiettato – non a caso – nel monastero di Sergiev Posad, residenza ufficiale del prelato. 

Il titolo? “La Mummia”.

No, non è il remake di quello d’avventura del 1999, anche se qualche scena potrebbe ben adattarsi.

La mummia in questione è niente meno che Lenin, ancora disteso, e sempre imbalsamato, nel suo celebre mausoleo in Piazza Rossa.

Ma attenzione: stavolta non siamo nel regno della devozione rivoluzionaria, bensì in quello dell’esorcismo ortodosso. 

Il film paragona il mausoleo a una ziggurat pagana, l’imbalsamazione ad un rito massonico, e il povero Vladimir Ilic viene descritto come “un fanatico assoluto” e “il distruttore della Russia di prima”. 

Tradotto: “via quella mummia blasfema, che rovina il feng shui patriottico della piazza”.

A sostenere l’opera c’è pure l’influente vescovo Petrim, che la definisce «un film esistenziale, capace di dissipare l’incantesimo che ancora relega la Santa Russia nella prigionia del folle sogno bolscevico». Insomma, più che un documentario, un tentativo di esorcismo cinematografico.

Poteva un attacco del genere passare sotto silenzio?

La reazione dei comunisti – o di quel che ne resta – non si è fatta attendere. 

Zakhar Prilepin, scrittore, deputato, combattente in Ucraina e nostalgico a tempo pieno, lancia l’allarme: “Dopo Lenin verrà il turno dell’intero patrimonio sovietico, della giustizia sociale, e magari anche della mensa aziendale”. Secondo lui dietro c’è un “regno alieno”, sbarcato in Ucraina e ora in rotta verso Mosca. 

Spielberg, se ci sei, batti un colpo!

In realtà, l’idea di chiudere il mausoleo e dare finalmente una sepoltura a Lenin non è nuova. 

Ma raramente era stata portata avanti con tale zelo da parte della Chiesa. 

Cosa ne pensa Putin? 

Be’, lui, come sempre, gioca su due tavoli. 

L’idea di archiviare definitivamente Lenin probabilmente non gli dispiace, ma sa anche che il tema è un campo minato. 

Per ora si limita a dire: «Forse un giorno saremo pronti, ma non ora. Non dobbiamo dividere la società». Tradotto dal putinese: “Lasciamo la mummia dov’è, almeno finché mi conviene”.

Nel frattempo, tra un’icona sacra e un busto di Stalin restaurato, la Russia continua a muoversi tra passato e presente, tra ortodossia e propaganda, tra mummie da seppellire e fantasmi da resuscitare. 

In fondo, è sempre questione diquale passato scegliere come futuro.

Umberto Baldo

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