1 Settembre 2025 - 9.25

Padova.  Giovanissimi bulli e violenti. “Daspo Willy”?  Altro che ascolto: si deve tornare ai ceffoni?

Umberto Baldo

Può darsi che qualcuno di voi, già leggendo il titolo, staia sbuffando: “uffa, ancora con la violenza?”.
Eh lo so, l’argomento è trito e ritrito. 

Però ditemi voi: fino a qualche anno fa se un automobilista ti tagliava la strada ti sfogavi con un improperio, magari accompagnato da un gestaccio. Oggi, se provi a protestare, rischi che quello scenda dall’auto, ti riempia di botte o – nei casi estremi – tiri fuori la pistola.

Sto esagerando?

Provate a chiederlo a quell’uomo finito di recente in rianimazione solo perché aveva negato una sigaretta ad uno sconosciuto. E no, non era Clint Eastwood in Gran Torino: era un signore qualsiasi, in una città qualsiasi d’Italia.

Non sono né sociologo né psicologo. Mi limito ad osservare. 

E osservo che non si tratta solo di più crimini o rapine: sono cambiate le relazioni stesse tra le persone. 

Sempre più segnate da aggressività, arroganza e sopraffazione. 

Non serve leggere i grandi rapporti Censis, non serve scomodare Freud: basta la vita quotidiana, la percezione di chi sta in mezzo alla strada.

C’è chi tira in ballo la “relativizzazione dei valori morali”, e magari non ha tutti i torti: se inizi a considerare diritti anche atti contro la vita, inevitabilmente si erode il rispetto stesso per la vita. 

E così la violenza diventa normale. Non solo tra adulti, ma soprattutto tra giovani ed adolescenti.

Qualche giorno fa quattro ragazzini rom, fra gli 11 e i 13 anni (quindi non imputabili), hanno rubato l’auto di un turista francese, e con quella hanno travolto e ucciso una donna che camminava tranquilla sul marciapiede. 

Non è cronaca nera americana, è Italia.

E non parliamo di eccezioni: ci sono sindaci che, travolti dal fenomeno, arrivano ad imporre coprifuochi ai minorenni. 

Qualche settimana fa ve ne ho riferito: Francia e Italia, città grandi e piccole, si attrezzano (agosto https://www.tviweb.it/tutti-a-letto-il-coprifuoco-per-minorenni-litalia-e-in-guerra/).

Funziona?

Non lo so. 

Ma di una cosa sono certo.  Preferisco mille volte un coprifuoco che le solite filastrocche sociologiche sul “disagio giovanile” e sull’“ascolto”. 

Mi spiace, ma ormai la parola “ascolto” per me suona come “prego, accomodatevi, fate pure quello che vi pare, tanto alla fine una pacca sulla spalla non la neghiamo a nessuno”.

Perché vedete, già ai miei tempi (e non parlo di Abramo…) a 17 anni non ti consideravano adulto, ma neanche un bambino. 

E la società pretendeva che sapessi distinguere il bene dal male. 

Non potevi votare, ma almeno sapevi che rubare o pestare una persona non era un’opzione sul menù della giornata.

E allora ditemi voi come si giustifica il comportamento delle cinque ragazzine – tre 16enni, una 17enne e una 13enne – che a Padova hanno preso di mira una donna senzatetto di 58 anni, malata e invalida, colpendola con una pistola ad acqua, strappandole la stampella ortopedica e inseguendola fin sul piazzale della stazione, tra scherni e pianti. 

“Aguzzine” mi sembra il termine più corretto.

Per loro il Questore di Padova ha disposto quattro “Daspo Willy”: per tre anni non potranno mettere piede nei locali della zona stazione e nelle loro vicinanze. 

Misura giusta, ma sufficiente? 

Non credo. E lo dico da giurista di formazione, cresciuto tra la Magna Charta Libertatum ed il diritto penale. 

A questo punto non basta un foglio di divieto, una misura che ha l’efficacia di un cartello “vietato fumare” in un bar degli anni ’80; serve chiamare in causa anche i genitori, se necessario con provvedimenti penali.

In altre parole davanti a queste storie non riesco a togliermi dalla testa una domanda: e se i genitori di queste ragazze fossero chiamati a rispondere in qualche modo direttamente delle prodezze delle loro figlie?

Forse non sarebbe più “educativo” di cento incontri con psicologi armati di slide e buone intenzioni?

Perché non è più accettabile che un quattordicenne viva da bulletto, e mamma e papà se la cavino con un “poverino, è solo un ragazzo”.

Lo so, è un terreno scivoloso. 

Ma una società troppo permissiva con bullismo e violenza giovanile, una società che “ascolta” troppo e punisce poco, finisce per allevare i delinquenti di domani.

Una volta, se facevi lo scemo, a casa ti arrivava una lezione che ricordavi bene. 

Non dico che fosse il paradiso educativo, ma almeno imparavi che esistevano dei limiti. 

Oggi invece si preferisce “capire” e “dialogare”.
Risultato: cronache nere piene di minorenni che si credono gangster.

Magari sarò all’antica, ma tra un ceffone ben assestato ed un Daspo che vale quanto un biglietto del tram, io non avrei dubbi.

Concludendo, a mio avviso il punto è che in questo Paese non si osa più dire una verità banale: senza punizione, non c’è educazione. 

Non sto invocando colonie penali o catene ai piedi, ma come accennato almeno la responsabilità dei genitori sì.

Sì, lo so, qualcuno storcerà il naso: “eh ma la pedagogia moderna… eh ma le maniere forti non servono…”.
Benissimo, continuiamo pure con gli psicologi. 

Intanto i nostri figli imparano che tutto è permesso e niente è davvero punito.

Ma almeno poi, quando leggiamo le cronache di cinque ragazze minorenni  che torturano una 58enne, povera ed handicappata, non perdiamoci in ipocrite espressioni di meraviglia.

Umberto Baldo

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