20 Gennaio 2023 - 11.24

Jacinta Ardern: il coraggio di rinunciare

di Umberto Baldo

Sicuramente Jacinta Ardern non deve aver mai letto nulla del “divo Giulio”, di quel Giulio Andreotti cui si attribuisce questa frase: “Le dimissioni si promettono, si minacciano, si annunciano….ma non si danno mai,  mai!”

No, non l’ha certamente letta, visto che la premier neozelandese ieri ha convocato una conferenza stampa in cui ha annunciato a sorpresa le sue dimissioni.

E lo ha fatto, con gli occhi lucidi, adducendo queste motivazioni: guidare un paese è un compito di massimo privilegio, ma anche uno tra i più faticosi. Non puoi e non dovresti affrontarlo a meno di non avere un serbatoio pieno. E un po’ di riserva per le sfide inaspettate”. 

Ma chi è Jacinta Ardern?

Eletta nel 2017,  a 37 anni è stata la premier della Nuova Zelanda più giovane degli ultimi 150 anni nel Paese. 

È stata la prima a partecipare a un Pride, nel 2018; a incontrare la regina Elisabetta, al vertice del Commonwealth dello stesso anno, è andata indossando magnificamente un korowai, abito tradizionale Maori. A giugno del 2018 è diventata madre (sei settimane di congedo): la figlia Neve è stata la prima bambina allattata al seno da un leader nel palazzo delle Nazioni Unite, dove all’Assemblea Generale di quell’anno ebbe persino il suo minuscolo pass.

Non sono stati anni facili per lei.

Eppure ebbe modo di  diventare nota ed apprezzata proprio per il modo molto deciso con cui gestì le numerose crisi che la Nuova Zelanda dovette affrontare negli anni del suo governo. 

Dopo la strage di Christchurch  del marzo del 2019, considerata il più grande omicidio di massa della storia neozelandese, Ardern fece approvare in pochi mesi una legge che vietava la vendita e l’utilizzo di armi semiautomatiche. Pochi mesi dopo fu inoltre apprezzata per la reazione di grande vicinanza che ebbe con le vittime della grande eruzione del vulcano Qhite Island  che fece 22 morti e molti feriti.

Ma nel corso dei suoi due mandati Ardern ha ottenuto anche notevoli successi legislativi soprattutto in termini di diritti e di politiche del lavoro progressiste: ha aumentato il congedo genitoriale, aumentato i giorni di malattia per i lavoratori, alzato del 30 per cento il salario minimo, reso legale l’eutanasia  (grazie ad un referendum). 

In breve, dopo qualche anno questa giovane donna, che guidava un Paese grande come l’Italia, posto esattamente ai suoi antipodi, ma con la popolazione del nostro Veneto (5milioni di abitanti) si impose all’attenzione e ammirazione dei media internazionali, diventando uno dei laeder più famosi del mondo.

Ebbene Jacinta Ardern, con il suo messaggio di onestà e trasparenza ha rinunciato alla sua carriera politica, ai fasti e alla fascinazione del potere,  con la più umana delle motivazioni: “Non ho più l’energia di guidare il paese nel modo giusto”.

Quindi confessando di non avere più l’energia necessaria. E allora è il momento di lasciare, recuperare tempo per la figlia Neve di 4 anni e per il matrimonio con il compagno Clarke Gayford, perché: “anche i politici sono umani. Facciamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo, e poi a un certo punto è ora di andare”.

E le dimissioni non le ha annunciate, le ha date con effetto immediato, sempre perché “: “Un ruolo di tale privilegio ha una responsabilità: quella di sapere quando sei la persona giusta per ricoprirlo, e quando non lo sei più”.

Non è un caso che questa sua “rinuncia”, che nulla ha a che fare con il verso dantesco riferito a Celestino V “che fece per viltade il gran rifiuto” stia sulla prime pagine di tutti i giornali del mondo.

Un gesto essenziale nella sua semplicità, che per quanto mi riguarda riporta indietro a personaggi  omerici, o alla tradizione storica romana come Cincinnato.

Perché in questo mondo, in questa Italia in cui non ci si dimette mai, qualunque cosa accada, il suo gesto colpisce al cuore le dominanti categorie tossiche dell’arrivismo, del presenzialismo, dell’ambizione smodata,  della retorica del successo ad ogni costo, dell’arroccamento in quel torrione dorato che è il potere. 

Jacinta Ardern, secondo me come solo certe donne sanno fare, dimostra di non temere quello che terrorizza  e accomuna i politici in genere, cioè il dopo, l’emarginazione, l’essere dimenticati.

Jacinta ha mostrato di non temere l’oblio, ha palesato la tranquillità e la concretezza di chi ritiene di aver fatto la propria parte fino in fondo, ha dato quello che poteva dare, e di dover farsi da parte senza rimpianti quando le forze fisiche e psicologiche vengono meno.

Fatte le debite proporzioni, in fondo fece lo stesso il defunto Benedetto XVI quando si dimise argomentando di “Ingravescente aetate”.

Certo, figure e motivazioni diverse, ma tutte da rispettare. 

Dimettersi perché uno non ce la fa più dovrebbe essere una delle regole di una democrazia liberale consapevole, per quanto poco praticata dai politici in Italia e nel mondo in generale.

E secondo me tutta l’umanità di questa giovane donna la si trova nel suo desiderio espresso di voler essere accanto alla figlia, nata nel 2019, adesso che sta cominciando la scuola, e nel voler sposare finalmente il suo compagno Clarke. 

Queste sono le donne, questo sanno fare le donne; intendere il potere come servizio e non come privilegio, arroganza, manipolazione, interesse personale, narcisismo, consorteria (visione che purtroppo sembra non molto diffusa fra le politiche italiane più simili agli uomini nell’attaccamento al potere).

Questa è la lezione al mondo di Jacinta Ardern, che non dovremmo mai dimenticare.

Umberto Baldo  

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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