22 Febbraio 2025 - 10.01

Italiani, popolo di santi e odiatori

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Di Alessandro Cammarano

L’odio degli italiani verso i propri connazionali di successo è un fenomeno storico e radicato, alimentato da una miscela di invidia sociale, sospetto verso l’élite e una visione del merito spesso distorta; cosicché dai tempi di Dante Alighieri, il destino di chi emerge in Italia sembra essere quello di diventare, prima o poi, bersaglio di critiche feroci e spesso ingiustificate.

Il problema, tutt’altro che piccolo e soprattutto amplificato dai social che oramai sono una palude ribollente di rabbia e invidia, è sia culturale che storico

In Italia, il concetto di “successo” è spesso vissuto come una colpa. A differenza di altri Paesi, dove chi si afferma viene ammirato o preso a modello, qui si tende a sospettare che dietro l’ascesa ci sia sempre qualcosa di losco: raccomandazioni, giochi di potere, favoritismi. 

Questo atteggiamento affonda le radici in una cultura che ha sempre visto con diffidenza le élite, dai tempi del Risorgimento fino ad oggi. Il successo individuale viene percepito come un’ingiustizia nei confronti di chi è rimasto indietro, più che come una dimostrazione di talento o sacrificio.

Il fenomeno si inserisce in quella che gli anglosassoni chiamano crab mentality, ovvero la tendenza a tirare giù chi cerca di emergere, come i granchi in un secchio che si aggrappano l’uno all’altro per impedire la fuga. 

I social amplificano tutto ciò, rendendo ogni successo un bersaglio immediato di odio e ironia, spesso da parte di persone che si sentono escluse o frustrate.

Vale dunque la pena, restando sulla cresta dell’onda della cronaca recente, prendere in considerazione alcuni dei più detestati dagli italiani che, come tutti sanno, si ergono a seconda delle circostanze a virologi, commissari tecnici, economisti, esperti geopolitica, esperti di canto e giù fino ai sessatori di polli.

Jannik Sinner è al momento in pole position per quanto attiene all’odio gratuito; nonostante il tennista altoatesino sia il primo italiano della storia ad essere al vertice del ranking mondiale, ha dovuto subire critiche assurde. Gli è stato rimproverato di non essere “abbastanza italiano”, di non esultare in modo teatrale, di non parlare un italiano corretto. 

C’è chi, invece di celebrarlo, sottolinea che “è freddo” o “poco espressivo”, quasi fosse una colpa non comportarsi come un personaggio da commedia all’italiana.

Non si salva, ovviamente, neppure Mario Draghi, considerato all’estero uno dei più grandi economisti della sua generazione, l’uomo che ha salvato l’euro e dato stabilità all’Italia in un momento critico e che in patria è stato accusato di essere “un banchiere” privo di cuore, un tecnocrate distante dalla gente. Chiunque abbia un ruolo istituzionale e un profilo internazionale in Italia viene visto con sospetto, come se servisse più gli interessi stranieri che quelli nazionali.

Anche il mondo dell’arte – perché l’italiano medio è anche critico-restauratore-didatta- divulgatore – non si salva e il primo degli odiati è Maurizio Cattelan, che all’estero è considerato uno dei più grandi artisti contemporanei, noto per opere provocatorie come il WC d’oro, per inciso commissionato dal Museo Guggenheim di New York, o il dito medio gigante in Piazza Affari a Milano; ecco, in Italia, dove ci si ferma alle apparenze senza interrogarsi sulla sostanza, viene criticato per il suo stile dissacrante e provocatorio, che molti vedono come pura offesa senza valore artistico.

E la povera Monica Bellucci? Siamo d’accordo, la recitazione non sarà quella di Sophia Loren, ma stabilitasi definitivamente in Francia, oltralpe è vista come una vera icona di bellezza e talento, molto rispettata negli ambienti cinematografici.
E in Italia? Pur ammirata, viene talvolta accusata di essere più una bella statuina che una vera attrice di talento.

E non parliamo della musica, anzi parliamone, perché Sanremo è appena finito e le polemiche sul vincitore Federico Olivieri, in arte Olly divampano a suon di post e reel.
L’artista genovese che ha conquistato un pubblico giovane con il suo stile leggero e positivo, dopo il successo di “Balorda nostalgia”, è stato bersagliato da una parte del pubblico che lo considera un fenomeno passeggero, immeritato o “troppo commerciale”, ricorrendo al classico “ai miei tempi la musica era meglio”, come se il nuovo dovesse sempre essere inferiore al passato.

Ovviamente il disprezzo per il merito e la diffidenza verso chi eccelle contribuiscono alla fuga dei talenti, all’impoverimento culturale e a un clima di stagnazione; finché l’Italia – o meglio gli italici tuttologi da baretto di quartiere – non imparerà ad apprezzare i propri campioni invece di demolirli, continuerà a perdere occasioni di crescita, restando ostaggio della sua eterna diffidenza verso il successo.

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Testata Street Tg Autorizzazione: Tribunale Di Vicenza N. 1286 Del 24 Aprile 2013

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