11 Dicembre 2025 - 17.15
Influenza, la pediatra: febbre alta anche per 5 giorni, va gestita

Era stata annunciata, era attesa e, immancabile, come ogni anno, è arrivata: l’influenza. La stagione, però, è iniziata con quattro settimane di anticipo. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Oms per la Regione europea, infatti, la circolazione dei principali virus respiratori è già sostenuta in Italia e in Europa e il picco è atteso tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio. Tanti gli italiani che in questi giorni stanno combattendo contro il virus, soprattutto tra bambini e adolescenti. Quattro o cinque giorni di febbre alta, con picchi anche di 39°C-40°C, spossatezza, dolori muscolari e disturbi respiratori, i sintomi più comuni. “La febbre, in particolare, è un sintomo che allarma sempre i genitori, soprattutto quando è molto alta e prolungata- spiega Valentina Grimaldi, pediatra di famiglia, psicoterapeuta e coordinatrice della Commissione età evolutiva Omceo Roma- per questo è importante che noi pediatri rassicuriamo le famiglie dando indicazioni corrette su come gestirla. Per far abbassare la febbre- continua- si può intervenire con gli antiepiretici ma bisogna ricordare che la temperatura scende al massimo di 1 grado, 1 grado e mezzo. Inoltre, ciò che spaventa i genitori di fronte alla temperatura alta è la possibilità delle convulsioni febbrili, evento possibile nei bambini sotto i 6 anni predisposti. Anche in questo caso, però, bisogna ricordare che le convulsioni febbrili sono un fenomeno benigno che si risolve senza esiti anche se al momento spaventa molto”. Grimaldi ci tiene poi a ricordare che per chi non lo avesse già fatto è ancora possibile vaccinarsi contro il virus dell’influenza “la campagna vaccinale- ricorda- è in corso e il vaccino è un’arma importantissima per combattere i virus, non solo quello stagionali. I vaccini, infatti, mantengono allenato l’organismo a rispondere agli ‘attacchi’ esterni”. Al di là dell’influenza stagionale, Grimaldi sottolinea quanto è importante che le famiglie siano informate sulla gestione della febbre e del dolore “tra le cause più comuni di richiesta di assistenza e intervento al pediatra”, dice. Per questo “la corretta gestione di tali condizioni da parte del medico è fondamentale”. E proprio su questo argomento, pochi giorni fa, si è svolto in Senato il convegno ‘Dalla Comunicazione all’Appropriatezza in Pediatria: Focus su Dolore e Febbre’, promosso su iniziativa del senatore Ignazio Zullo e dove la dottoressa Grimaldi rappresentava il punto di vista del pediatra di famiglia. “Come pediatri- continua Grimaldi- sappiamo quanto siano frequenti questi sintomi, ma soprattutto quante cause differenti possano esserne all’origine, la febbre nella stragrande maggioranza dei casi è causata da infezioni virali che si risolvono spontaneamente in pochi giorni, ma può essere sostenuta anche da malattie batteriche più importanti che necessitano di terapie mirate oppure essere un sintomo di allerta per altre condizioni morbose. Per questo è molto importante che il pediatra valuti la situazione e indirizzi la famiglia. Però allo stesso tempo è importante informare i genitori di come i bambini più degli adulti vadano incontro a picchi febbrili anche molto elevati che però non compromettono lo stato generale del piccolo. È fondamentale- continua Grimaldi- che il pediatra di famiglia insegni al genitore a considerare più che i gradi centigradi letti sul termometro lo stato generale del figlio. Quante volte ci viene riferito di bambini con 39°C di febbre che però tranquillamente giocano e ridono incuranti della situazione. In quel caso non c’è da preoccuparsi, ma solo da mettere in atto quegli accorgimenti utili per far sopportare bene la situazione febbrile al piccolo, quindi idratarlo, invitandolo a bere soprattutto acqua semplice, somministrare piccoli pasti leggeri magari più frequenti, utilizzare un abbigliamento non troppo pesante in fibre naturali, come il cotone evitando fibre sintetiche meno traspiranti che possono creare irritazioni cutanee, ottenere una corretta aereazione degli ambienti domestici, aprendo spesso le finestre, somministrare antipiretici per alleviare i sintomi o fastidi come mialgie, mal di testa malessere in generale che spesso accompagnano la febbre”. Quando preoccuparsi? “Quando- spiega la pediatra- al di là della temperatura febbrile registrata, il bambino è molto abbattuto, sofferente, sonnolento, risponde poco agli stimoli ambientali, non vuole giocare, non si alimenta, non vuole bere. E soprattutto anche dopo la somministrazione di antipiretici non si osserva un cambiamento. In questi casi è importante sentire il pediatra. Naturalmente anche l’età fa la differenza: entro i 3 mesi di vita la comparsa di febbre è un sintomo che va sempre gestito consultando il pediatra”. “Per far sì che il genitore sia informato prima di trovarsi a gestire l’episodio febbrile- continua Grimaldi- è importante che il pediatra di famiglia ritagli durante le prime visite del bambino uno spazio per il counseling sulla febbre. Un’occasione buona può essere durante le prime visite quando si inizia a parlare delle vaccinazioni. In quell’occasione generalmente introduco il concetto di febbre e dolore perché, dopo le vaccinazioni non sono infrequenti episodi febbrili o mialgie che fanno sperimentare al neonato o lattante dolore. In questi casi il genitore si trova davanti al figlio che spesso piange in maniera che noi definiamo ‘inconsolabile’ proprio per specificare la difficoltà di interruzione del sintomo. Insegnare al genitore a riconoscere questi segnali e a instaurare la giusta terapia con l’antipiretico giusto che ha anche azione analgesica è molto importante. Farlo quando non è in atto il sintomo è meglio, perché ci si dispone di più all’ascolto, anche se non è sufficiente, nel senso che questo tipo di counseling va ripetuto più volte in più occasioni prima che il genitore acquisisca maggiore competenza”. “Con la corretta informazione- dice ancora Grimaldi- noi pediatri dobbiamo contrastare la fever phobia che ossessiona alcuni genitori che misurano la febbre in modo compulsivo o pretendono che l’antipiretico azzeri la temperatura febbrile anziché abbassarla nel timore che la febbre alta possa causare meningiti o danneggiare irrimediabilmente il figlio. In questi casi l’impiego eccessivo di farmaci diventa più pericoloso della febbre! Per questo- conclude- promuovere una comunicazione sempre più efficace con i genitori sulla gestione della febbre e del dolore è fondamentale per l’appropriatezza terapeutica e per tranquillizzare genitori e bambini dando il giusto peso alle cose”. |













