“Habemus faunam: cronache semiserie da Piazza San Pietro

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Di Alessandro Cammarano
Se c’è un momento in cui il mondo si ferma a guardare un comignolo come se stesse per uscire Harry Styles in abito talare, è l’attesa, in Piazza San Pietro, della fumata bianca che annuncia l’elezione del nuovo pontefice. Una volta era una faccenda solenne, austera, vagamente sospesa tra il mistero dello Spirito Santo e il latinorum da brividi; oggi, invece, è un incrocio tra un evento sportivo, un rave spirituale e la prima puntata di reality che potrebbe intitolarsi “Pope Shore”.
In ogni caso, al di là dell’importanza mediatica dell’evento, la vera notizia, quella che sfugge ai comunicati ufficiali, non è tanto chi verrà eletto, ma chi è lì ad aspettarlo, ovvero ona folla eterogenea, teatrale, internazionalissima, che sembra uscita da un romanzo di Umberto Eco riscritto da Stefano Benni.
Anche l’occasione, consumata nelle scorse ore, della designazione di Leone XIV ha fornito materiale sufficiente ad una dozzina di sit-com grazie al pubblico presente.
Ecco, dunque, a voi una mappa ragionata – e spudoratamente scorretta – dell’umanità raccolta sotto il balcone più famoso della cristianità.
Innanzitutto, i manipoli di suore, prime ad arrivare ed ultime ad andarsene, arcigne o paciose, ma tutte invariabilmente vestite come se il tempo si fosse fermato al Concilio di Trento, ma con una precisione operativa da Air Force One, le religiose formano piccoli plotoni sparsi in tutta la piazza; alcune pregano a ciclo continuo, altre recitano litanie con ritmo da tamburo tribale, altre ancora cantano e tutte ti inchiodano con lo sguardo se osi passare loro davanti nella speranza di vedere per primo che cosa uscirà da comignolo.
Si dice che suora africana, durante l’ultima fumata dal colore sbagliato, abbia preso la parola in cinque lingue diverse per spiegare a un gruppo di turisti perché il fumo fosse nero; nessuno aveva chiesto niente, ma nessuno ha osato interromperla per paura di essere frustato con un rosario.
Poi ci sono i preti giovani che non sono lì per il Papa ma lì per il momento: non aspettano un Pontefice, aspettano l’entrata trionfale. Potrebbero ballerini del tour di Beyoncé, ma invece hanno scelto il clero.
Tutti col collarino perfetto, il sorriso pastorale e la fede instagrammabile, alcuni sfoggiano outfit clericali vintage rivisitati, altri sembrano usciti da un servizio fotografico a tema “prete casual per l’estate”, fanno storie in cui citano sant’Agostino e mettono filtri tipo “glow celestiale”; hashtag? #PapaVibes, #ConclaveDiFuoco, #HabemusLike.
Uno di loro ha urlato “Lo amo!” quando il fumo è diventato bianco: nessuno sa se parlasse del Papa, del conclave, o del barista manzo che poco prima gli ha servito un cappuccino con schiuma decorata a forma di croce e un sorriso complice.
Loro degno contraltare sono i preti anziani: silenziosi, imperturbabili, lievemente ostili. Sotto soprabiti eterni guardano la folla come guarderebbero un’assemblea di eretici; se li ascolti bene, mormorano frasi come: “Ai tempi miei i conclavi duravano settimane, non ore…” o “Quando uscì Ratzinger non c’erano queste… esuberanze.”
Sono gli unici ad avere con sé una sedia pieghevole e un breviario rilegato in pelle vissuta, alcuni portano anche binocoli, non si sa se per vedere il fumo o per vigilare sulla decadenza morale dei giovani confratelli.
Meravigliosi i fedeli stranieri, organizzati per nazionalità e raccolti sotto le rispettive bandiere nazionali.
I latinoamericani cantano ininterrottamente da ore, al grido di “Francisco II!”, i polacchi, sempre speranzosi, si sono già messi in fila per accendere candele in onore di Giovanni Paolo III che però non esiste, i francesi guardano tutto con l’aplomb di chi sa di essere stato una volta “la fille aînée de l’Église” ma oggi ha prenotato cena a Trastevere. I nigeriani ballano, gli statunitensi filmano, i tedeschi pianificano logisticamente la “papalità” futura.
Gli italiani, invece, sparpagliati tra i fedeli e i venditori ambulanti, osservano con aria vagamente scettica: “Ce vo’ tempo… Intanto famose ‘na carbonara.”
Poi c’è la schiera dei giornalisti – questa volta gli accreditati erano quattromila –: occhi rossi, giacche spiegazzate, microfoni sudati.
I rappresentanti della stampa sono ovunque: nei press-point, tra le transenne, su improbabili trabattelli improvvisati; alcuni trasmettono in diretta da ore con frasi tipo: “Al momento non ci sono novità, ma vi mostriamo un’inquadratura del gabbiano sul comignolo per la quarantasettesima volta.”
Ogni sbuffo di fumo – nero, grigio, forse bianco, forse barbecue? – viene analizzato con la tensione di una diretta elettorale.
Si favoleggia che un giornalista tedesco abbia chiesto al collega italiano: “Ma secondo te chi esce?” Risposta: “Spero almeno il sole.”
Non mancano, ovviamente, i tuttologi; non hanno una testata, non hanno un incarico, ma sono ovunque. Parlano, spiegano, sentenziano, sanno tutto di tutti i cardinali: “Lui ha studiato a Friburgo, ma si è spostato in Brasile durante la crisi del 2007.” Ogni frase inizia con “Io ho letto che…” o “Secondo fonti mie (mio cugino chierichetto) …”
Un uomo con un trench e una Bibbia sottolineata ha appena raccontato a una scolaresca che il fumo bianco è composto da segnali chimico-divini decifrabili in codice binario. La scolaresca ora prega per lui.
Numeroso il gruppo dei turisti più o meno ignari; hanno capito che qualcosa sta succedendo, ma non sanno bene cosa.
Alcuni sono finiti lì per sbaglio, cercando l’uscita dei Musei Vaticani; una coppia americana chiede: “Is the Pope like… coming out now?” mentre un gruppo di coreani applaude qualsiasi cosa: fumate, piccioni, nuvole. Una turista inglese chiede se è possibile prenotare un posto per vedere meglio “il discorso del tizio in bianco”, il tutto mentre un padre di famiglia romano, vedendo tutto questo, commenta: “Meno male che so’ venuto solo per accompagnà nonna.”
Alla fine, quello che deve succedere… succede: il comignolo sbuffa bianco, un boato, i giovani gridano, i vecchi annuiscono, i turisti urlano “Habemus Papam!” anche se non è ancora uscito nessuno. I giornalisti si azzannano per il posto migliore, le suore si alzano in assetto da processione, i preti giovani piangono come ad un concerto di Lady Gaga, i tuttologi aggiornano il loro blog, gli adolescenti cercano il Papa su TikTok. Il gabbiano se ne frega
Alla fine, compare il nuovo Pontefice sul balcone: tutti applaudono, qualcuno sviene, altri cantano. E mentre la folla si disperde, un anziano prete bisbiglia: “Speriamo che duri… almeno fino al prossimo conclave.”













