18 Novembre 2017 - 14.25
EDITORIALE – Italia, ci siamo rotti le scatole: un declino da fermare!

“Una tragedia, l’Italia è al baratro e senza un progetto per il futuro”.
Questa affermazione è stata attribuita a Romano Prodi nei giorni in cui la nazionale ha mancato la qualificazione ai prossimi Mondiali di calcio. L’ex premier e leader dell’Ulivo però non si riferiva al fallimento degli azzurri, che comunque ha implicazioni molto ampie e profonde anche a livello sociale, economico e di visibilità internazionale, ma alla situazione dell’Italia nel suo complesso e alla sua incapacità di avere una prospettiva concreta di sviluppo. Un’analisi diretta e spietata, rivolta a un Paese che ogni giorno dimostra di non riuscire a fare prevalere la sua parte migliore, produttiva e innovativa, ma si ripiega spesso su se stesso, sotto il peso di errori, sottovalutazioni, assenza di assunzione di responsabilità, mancanza di leadership capace, efficace e autorevole, privo di organizzazione e programmazione efficaci. Gli stessi limiti che hanno portato alla mancata qualificazione dell’Italia, che in questo senso appare come il simbolo di un declino rispetto al quale è necessario reagire. Prodi, a prescindere da come si giudichi il suo operato, è in ogni caso uomo che nel tempo ha assunto incarichi pubblici, anche gravosi, e oggi si è messo a disposizione per sostenere il tentativo di Piero Fassino di trovare una sintesi comune tra le varie anime che compongono la sinistra. Il suo monito non è quindi una dichiarazione di rassegnazione, ma un forte richiamo a un’assunzione chiara e costruttiva di responsabilità da parte dell’attuale generazione di politici, della classe dirigente del Paese e, in generale, di tutti i cittadini, a farsi carico, ognuno per la propria piccola o grande parte, del destino del Paese in modo programmato, costruttivo e lungimirante.
Le recenti elezioni siciliane, e il generale dibattito politico dimostrano un continuo inseguimento, da ogni parte, di un accreditamento di schieramento o personale, senza che si scorga una concreta idea di sviluppo. È vero, come si evince da alcuni dati macroeconomici, che la crisi economica degli anni scorsi sembra superata, ma restano evidenti due fattori.
Il primo, che gli effetti della ripresa si trasformeranno in un effettivo miglioramento della vita delle persone solo dopo un lasso di tempo di almeno uno o due anni, come del resto il declino cominciò a incidere dopo l’inizio del tracollo indicato nel 2008.
Il secondo, che, in ogni caso, l’Italia evidenzia una crescita inferiore al resto d’Europa, distinguendosi tra i Paesi meno virtuosi nell’intercettare i benefici di una economia più florida.
Il combinato di questi due elementi dovrebbe comportare almeno l’assunzione di consapevolezza, da parte della classe dirigente italiana, non solo quella politica, che per famiglie, imprese e cittadini serva trovare soluzioni immediate, perché la ripresa non le sta ancora fornendo, e la definizione di progetti concreti che portino benefici complessivi al Paese.
Il dibattito politico si concentra invece unicamente su uno scambio di accuse reciproche fra i vari partiti e sulle possibili aggregazioni che possono favorire a livello elettorale, con l’aggravante decadimento su logiche populistiche e nazionalistiche, spesso marchiate dall’intolleranza verso l’altro, in modo specifico se appartenente a una minoranza.
La violenta aggressione di Roberto Spada a un giornalista è un sintomo evidente e grave di questo imbarbarimento. Purtroppo l’Italia ha sempre avuto sue parti, anche rilevanti, dove lo scontro tra criminalità e Stato è andato oltre il contrasto di fatti specifici ed è diventata lotta per il controllo del territorio. Ovunque però il malvivente cerca di nascondere il proprio operato, perché consapevole di essere fuori dalla legge. A Ostia si è superato questo confine, con la manifestazione dell’arroganza di chi pensa di essere intoccabile e di poter agire in modo violento in pubblico, addirittura in televisione, nella convinzione di essere impunito.
Tutto ciò avviene quando manca una classe dirigente autorevole, che può non essere popolare, ma mai pone in dubbio il valore di ciò che rappresenta e soprattutto dello Stato, come invece appare da parole e opere di vari politici.
Oggi assistiamo sempre più spesso alla diffusione di messaggi per i quali l’uso della violenza, privata o collettiva, contro qualcun altro, che sia il rapinatore o l’immigrato, non deve essere necessariamente condannabile e questa deriva fascistoide impoverisce il senso di collettività e di responsabilità comune, convincendo ognuno di poter essere portatore di una verità che può anche imporre con la forza. In questo declino morale e civico, chi trasforma questo processo in azioni concrete è inevitabilmente chi considera la violenza uno strumento a disposizione e non ha remore a usarla. L’arresto e la conferma del carcere per Spada è un piccolo segnale positivo di reazione dello Stato a chi vuole imporre la legge del più forte, ma è necessario sia solo il primo passo di un complessivo recupero di senso civico, dello Stato e di responsabilità collettiva, in primo luogo della classe politica.
In questo processo anche i cittadini devono compiere la propria parte di controllo e stimolo, intrinseca in una democrazia, e non accontentarsi di proclami che parlino alla loro rabbia e insoddisfazione, pretendendo invece risposte concrete e progetti chiari per il futuro del Paese.
Chiedano se si vuole attuare una reale politica industriale, che riguardi tutti i settori produttivi e le sinergie fra loro, e che punti a un rilancio strutturale e duraturo dell’Italia, per dare nuovo sviluppo, più occupazione e maggiore distribuzione di benessere.
Pretendano risposte concrete per il futuro dei loro figli, sulla loro istruzione e su quale tipo di cittadino dovranno diventare, insieme a quelli di altre etnie con cui ogni giorno giocano e studiano, ma non possono oggi considerare connazionali.
Ognuno si chieda in quale Paese vuole vivere nei prossini anni e quale futuro vuole costruire per i propri figli e se le risposte che la classe politica oggi fornisce sono all’altezza di una richiesta così importante o offrono solo panacee propagandistiche e di breve respiro.
Il monito lanciato da Prodi alla classe politica, in realtà è quindi rivolto alle coscienze di tutti gli italiani, che per primi devono essere protagonisti del loro presente e del loro futuro













