Trump è il babbeo del villaggio globale. E Putin lo ha capito

Umberto Baldo
Mi è capitato di vedere in Rete una fotografia di Donald Trump che dice più di mille editoriali. Non il solito ritratto da campagna elettorale, con il cipiglio biondo da statista improvvisato e la posa churchilliana, ma un’immagine ben diversa: il Presidente che mostra con orgoglio la sua collezione di cappellini rossi “MAGA” a un gruppo di leader europei riuniti d’urgenza alla Casa Bianca per discutere di pace in Ucraina.
Più che una fotografia sembra una radiografia; quella dell’America dello show, del gadget a buon mercato, dell’imbonitore che deve sempre vendere qualcosa anche quando si parla di cose terribili come la guerra.
Ma a mio avviso quella foto racconta un altro tipo di americano, altrettanto riconoscibile: l’affarista sbruffone che ostenta ricchezza, che tira fuori le foto dei figli al ristorante, che deve sempre far vedere di avere “qualcosa in più” degli altri.
Molti tendono ad inquadrarlo come un fascista. Nulla di più sbagliato, perché dietro il fascismo altre alla violenza ed alla sopraffazione c’era comunque un’ideologia (si pensi alla Dottrina del Fascismo).
Trump non ha ideologie, ha solo merci da piazzare, dazi da imporre, soldi da incassare.
È per certi il P.T. Barnum della politica: “il più grande spettacolo del mondo!”; sempre pronto a spennare i creduloni che gli corrono dietro, come ha fatto ad esempio con le monete virtuali a nome suo e di Melania.
Il suo modello non è Mussolini, ma piuttosto l’imbonitore da fiera di paese.
Un pagliaccio in abito sgargiante che sa come tenere a bocca aperta i “babbei”.
Il citato Barnum, che amava ripetere che “ogni minuto nasce un credulone”, avrebbe sicuramente riconosciuto in lui un discepolo perfetto.
Trump proietta le sue ansie sul Paese: teme che il mondo rida degli Stati Uniti, come lui stesso teme di essere deriso. E questo timore lo estende anche ad altri campi; come quando afferma convinto che gli Europei sono un’accozzaglia di parassiti che hanno vissuto e vivono sulle spalle degli Usa.
E così trasforma l’America in un’enorme piazza da spettacolo, dove il “sogno americano” diventa promessa di soldi facili, celebrità improvvisa, successo a portata di mano.
Ma se il cinismo alimenta l’ottimismo, porta con sé anche un rischio: la convinzione che tutti abbiano un prezzo, che rende ciechi davanti a chi, invece, agisce per convinzione profonda.
Ed è qui che inevitabilmente arriva il confronto con Putin.
Trump lo tratta come un cliente da conquistare con limousine, sorrisi e tappeti rossi.
Non riesce a capire che il Presidente russo gioca un’altra partita.
Putin non vuole cappellini, vuole la Storia.
Non sogna di vendere show, ma di entrare nel pantheon dei grandi Zar, da Pietro il Grande a Stalin, riscrivendo i confini di Santa Madre Russia, ed imponendo la sua influenza su altri popoli a costo di migliaia di vite.
Trump si illude che lui e Putin siano “spiriti affini”.
Non capisce che il russo non è un imbonitore da baraccone come lui, bensì un giocatore cinico e feroce, cresciuto nella logica spietata del Kgb sovietico, di gente che ti guardava dritto negli occhi mentre ti tagliava la gola.
A dimostrarlo bastano le parole catturate da un microfono aperto: Trump che sussurra a Macron, convinto, che “Putin vuole fare un accordo per me, lo capisci!”.
Roba da “comica finale!”
Come non ha ancora capito che il suo obiettivo di “staccare” Putin” da Xi Jinping è solo “il sogno di una notte di mezza estate”, perché i destini della Russia e della Cina sono destinati a cementarsi sempre più, oltre tutto attirando nella loro orbita anche Paesi come l’India, che Trump sta umiliando e bastonando con la sua incomprensibile politica dei dazi.
Il Tycoon non capisce che i discorsi duri possono strappare applausi in America, dove cittadini che stanno perdendo il senso dei valori della democrazia confondono le parole con i fatti. Ma per i leader russi le sue rodomontate celano una politica estera debole. Trump ha fatto concessioni straordinarie alla Russia in cambio di nulla. La Russia lo ha ripagato continuando la guerra in Ucraina e deridendolo sulla televisione di Stato.
Per Trump, i leader stranieri possono essere trattati come gli americani, con promesse fantastiche e bullismo odioso.
Ma le fantasie non funzionano oltre i confini dell’America. L’offerta vuota di un futuro “bello” non muove i dittatori che commettono crimini per portare avanti le loro visioni, né colpisce le persone che stanno difendendo le loro famiglie da un’invasione criminale che ruba le loro terre e ricchezze, rapisce i loro figli, e tortura e uccide civili.
Ma questo purtroppo è il problema: Trump crede alle sue stesse frottole, si circonda di personaggi specializzati nel “lecchinaggio”, e ovviamente tende a liberarsi di tutti coloro che non apprezzano le sue idee; siano giornalisti, magistrati, militari, burocrati, banchieri.
Tutto questo mostra quella foto: un venditore ambulante che si convince della propria pubblicità, l’uomo gongolante che mostra cappellini come se fossero trofei.
Per questo non è solo uno showman: è un ingenuo, forse il babbeo del villaggio globale.
E Putin, che ingenuo non è mai stato, lo ha capito bene.
Umberto Baldo













