La democrazia senza media: l’ “esperimento Trump”

Umberto Baldo
Di che pasta sia fatto Donald Trump lo sappiamo dal 2016.
Forse, però, non ci siamo soffermati abbastanza su un dettaglio decisivo: chi può fare domande alla Casa Bianca?
Infastidito dagli incalzanti quesiti dei media tradizionali — con cui continua a ingaggiare scontri sempre più aggressivi — Trump ha rimescolato la platea degli accreditati, aprendo a rotazione ai cosiddetti new media: piccole reti conservatrici, podcaster di destra, testate amiche.
Risultato? Conferenze stampate su misura: domande che sottolineano quanto “il Presidente stia facendo un buon lavoro”.
Questo primo semestre di mandato si distingue quindi per un clima via via più duro verso l’informazione.
Non è solo polemica. È metodo.
Tagli di fondi a emittenti pubbliche sgradite, minacce ai canali non allineati, cause legali, invettive quotidiane.
E, soprattutto, l’aggiramento della White House Correspondents’ Association: quell’organismo indipendente che, da sempre, veglia sul sistema di accreditamento e sulla copertura della Casa Bianca.
Così succede che testate come Reuters o Associated Press si vedano chiudere porte tradizionalmente aperte, mentre al Pentagono nomi storici — New York Times, NBC, Politico — lasciano spazio a One America News, Breitbart, New York Post: l’ecosistema pro-Trump prende posto in prima fila.
Non è un’anomalia nella storia del potere: tutte le dittature, laiche o teocratiche, detestano la stampa libera.
Ma qui la posta è più alta. Negli Stati Uniti i giornali hanno fatto da contropotere fin dall’inizio. Fu la stampa — due cronisti del Washington Post — a scoperchiare il Watergate e ad inchiodare un presidente in carica, Richard Nixon.
Oggi, invece, il sistema dei contrappesi traballa.
Il Congresso? Spettatore distratto davanti alla valanga di ordini esecutivi.
Il sistema giudiziario? Sotto tiro, faticando a parare gli attacchi personali e politici.
La Corte Suprema? Non è scontato che si muova in controtendenza rispetto all’agenda conservatrice.
Le agenzie federali? Rinnovate a ritmi da epurazione.
E qui emerge il disegno più ampio: Trump sembra avere un obiettivo preciso, quello di ridurre al silenzio o piegare ogni potere intermedio dotato di autonomia. Prima i giornalisti, poi i magistrati, infine persino la Federal Reserve, che da sempre incarna l’indipendenza del sistema finanziario. In altre parole, smantellare uno ad uno quei contrappesi che limitano l’arbitrio del potere presidenziale.
Sul fronte politico, i Democraticisono ancora in cerca di una rotta chiara e di un leader capace di trasformare la resistenza in proposta.
In questo vuoto, i media dovrebbero essere il quarto potere. Dovrebbero.
Invece, vengono additati come il problema.
La retorica è quella classica dell’uomo forte: delegittimare chi controlla, ridurre la critica a “fake news”, inchiodare i cronisti alla caricatura di “corrotti e asserviti”.
Lo slogan perfetto è un marchio d’infamia: “nemici del popolo”.
Etichetta che nella storia apre la strada alla censura, poi alla persecuzione, quindi alla galera, infine alla violenza.
Non è un caso che le mobilitazioni contro le politiche sull’immigrazione abbiano visto episodi di brutalità contro i giornalisti: il segnale che il linguaggio incendia, e chi detiene il megafono lo sa.
L’offensiva si è riaccesa con forza nelle ultime settimane contro ABC e NBC.
Ecco i due post del Presidente, esattamente come li ha scritti (maiuscole comprese):
“Perché ABC e NBC, due delle peggiori e più faziose reti televisive al mondo, non pagano milioni di dollari all’anno di LICENZE? Dovrebbero perdere le licenze per la loro copertura ingiusta di Repubblicani e/o Conservatori, ma come minimo dovrebbero pagare un sacco di soldi per avere il privilegio di usare le onde radio più preziose, ovunque e in qualsiasi momento!!! Il “giornalismo” corrotto non dovrebbe essere premiato, dovrebbe essere abolito!!!”.
E ancora: “Nonostante un’altissima popolarità e, secondo molti, uno degli 8 mesi migliori nella storia presidenziale, le FAKE NEWS di ABC e NBC, due delle peggiori e più faziose reti televisive della storia, mi raccontano il 97% di STORIE CATTIVE. SE COSÌ FOSSE, SONO SEMPLICEMENTE UN BRACCIO DEL PARTITO DEMOCRATICO E, SECONDO MOLTI, DOVREBBERO ESSERE REVOCATE DALLA FCC. Io sarei totalmente a favore perché sono così faziose e false, una vera minaccia per la nostra democrazia!!! MAGA”
Osservate quel numero ad effetto, quel 97% buttato lì senza una base seria, senza alcuna ricerca oggettiva e documentata
A noi italiani suona familiare: la “percentualite” è stata un’arte coltivata con successo anche da Silvio Berlusconi.
Ma qui la cornice è più cupa: Trump propone di fatto una torsione del sistema, picconando un pilastro della democrazia, la libertà di stampa.
E lo fa nello stesso giorno in cui allude con nonchalance all’idea che “a molti americani potrebbe far piacere un dittatore”.
Un richiamo — voluto o meno — alla dittatura romana, ai poteri pieni, al decisionismo assoluto.
Non stupisce, allora, l’ammirazione verso Putin e verso i vari autocrati d’ordinanza: per costoro la delegittimazione del linguaggio e dei media è il loro manuale di base.
Il Cremlino docet: dal 2022 “guerra” si chiama “operazione militare speciale”, e chi devia dalla linea rischia fino a 15 anni di carcere.
Il quadro, diciamolo, è desolante: Trump sta cercando di riplasmare l’ecosistema mediatico a proprio favore, mischiando leve ufficiali, pressioni informali e la potenza di fuoco dei social.
Perché una stampa sia davvero libera non bastano le costituzioni: servono Istituzioni che cooperino e un equilibrio dei pesi e contrappesi che oggi l’Amministrazione Trump sta provando a smontare pezzo per pezzo.
Sarà uno scontro lungo. L’uscita d’emergenza, a mio avviso, passa da due porte: un ridimensionamento dei Repubblicani alle Midterm del 2026e — lo dico senza giri di parole — la vigilanza estrema su qualsiasi tentativo di scardinare il limite dei mandati.
Un eventuale terzo mandato sarebbe il colpo finale alla tradizione costituzionale americana.
E come democrazie occidentali non possiamo permetterci che la democrazia più mediatica del pianeta si trasformi nella “democrazia senzamedia”.
Umberto Baldo













