Venezia. Dove il borseggio fa ormai parte del paesaggio urbano

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Umberto Baldo
Sicurezza sicurezza. Il mantra bipartisan che mette tutti d’accordo…. finché non se ne parla.
Nella gloriosa Repubblica di Pulcinella anche l’esigenza più elementare, come il non farsi borseggiare mentre si prende un gelato un Piazza San Marco o si passeggia per campi e campielli, diventa terreno di rissa ideologica, e passatempo per politici in astinenza da applausi.
Forse ricorderete che un anno fa scrissi un pezzo dal titolo emblematico, “Ocio al tacuìn” (https://www.tviweb.it/venezia-ocio-al-tacuin/) in cui mi chiedevo un po’ ironicamente se fra le bellezze italiche pubblicizzate dell’ “Oper to Meraviglia” della Ministra Daniela Santanchè ci fosse anche quella di venire derubati nelle calli veneziane, o nelle strade e nelle piazze delle altre città.
Il problema è che la sicurezza implica controllo del territorio, indagine, repressione; e mentre a destra le cosiddette politiche sicuritarie fanno parte del bagaglio culturale, a sinistra vengono quasi sempre percepite come attentati e limitazioni alle libertà.
Per dirla diversamente a destra “sicurezza” fa rima con “manette” e “decoro urbano”; a sinistra, invece, la sola parola pare evocare fantasmi orwelliani, manganelli e repressione da stato di polizia.
Il risultato? Paralisi.
Perché se la premessa è che l’altro è in malafede, l’approdo non potrà mai essere una soluzione.
Ma tranquilli: tanto a pagare, come sempre, è chi vive nelle città vere, non nei talk show.
Perché fuori dal mondo ovattato di Montecitorio, dove si filosofeggia tra un buffet ed una conferenza stampa, c’è la realtà.
Quella dove i sindaci – sì, quegli esseri umani costretti a rispondere a cittadini in carne, ossa e incazzatura – iniziano ad alzare la voce.
Anche quelli con la fascia tricolore appesa sopra la maglietta arcobaleno.
ll punto è chiaro come il sole: borseggi, furti, aggressioni diventano quasi atti di routine, mentre le leggi in vigore (grazie alla riforma Cartabia!) impongono che per procedere serva una denuncia formale.
E chi vuoi che la faccia, un turista canadese appena scippato?
Mica è disposto a restare due giorni in Italia per compilare moduli, farsi identificare, firmare tre copie e aspettare il fax della questura.
Resta solo con l’amaro in bocca ed un portafoglio in meno.
Eppure ci hanno provato a porre un argine. Ricordate?
Quella famosa stretta sulla punibilità delle borseggiatrici incinte, icone di un crimine sempre più creativo.
Ma niente panico! Le gang, mai a corto d’inventiva, hanno subito aggiornato il catalogo: ora tocca ai baby-ladri, under 14, cioè impunibili per definizione.
Un’idea di business geniale, degna di Harvard.
E così a Venezia, la Disneyland del borseggio europeo, il sindaco Brugnaro è esploso, parlando chiaramente di “Situazione insostenibile”.
Tradotto: è pieno di sciacalli e nessuno può fermarli.
Dietro di lui una sfilza di colleghi, da Ancona a Catanzaro, che di fronte a sacchi di borse e portafogli svuotati recuperati ogni mese, cominciano a chiedere a gran voce: possiamo fare qualcosa o dobbiamo continuare a fare i finti morti?
E non stiamo parlando di fesserie: a Venezia ci sono cartelli agli imbarcaderi dei vaporetti che avvertono i turisti “attenti ai borseggiatori” in 9 lingue.
L’Italia come l’Egitto: vieni per ammirare la storia, torni a casa con un ricordo… e senza documenti.
Nel frattempo, a rendere più frizzante il quadro, ci pensano anche altre gang specializzate: romeni che agiscono a Piazzale Roma, slavi che usano spray urticante contro i negozianti.
È il nuovo turismo criminale: arrivano low cost, agiscono fast, ripartono con Ryanair.
Le forze dell’ordine, con le mani legate come Houdini, fanno quel che possono, ma troppo spesso devono solo assistere impotenti.
Il laissez faire nel campo del diritto penale è rischioso, e non funziona mai.
Ed infatti qualcuno sui social inizia a postare video dove le borseggiatrici vengono raggiunte e affrontate dalle stesse vittime o da passanti infuriati.
Finora abbiamo visto solo facce tumefatte, ma la vera domanda è: quando si passerà dalle sberle al linciaggio?
Non è giustizia, sia chiaro.
Ma è il segnale che il vaso di Pandora è stato aperto.
E che la gente, quando perde fiducia nello Stato, rischia di farsela da sé, la legge, e pure la giustizia.
Ed è lì che finisce lo Stato e comincia la giungla.
Guardate che basta andare in Rete per rendersene conto. Ci sono video che mostrano che sono nati gruppi di cittadini che si sono organizzati per contrastare borseggiatori e borseggiatrici, fra l’altro sempre più aggressivi.
Non si limitano a fermarli o a denunciare, ma li inseguono e li braccano prima che colpiscano, avvertono le persone, ma soprattutto li filmano per poi mettere i video sui Social.
Che poi ci scappi qualche spintone, o peggio, con questo clima è da metterlo in conto.
Dunque, cari Soloni del diritto penale, cari Demostene che imperversate in Parlamento: continuate pure a disquisire di garantismo e rieducazione.
Ma sappiate che là fuori c’è un Paese che sta perdendo la pazienza.
E quando questo succede, i guai veri devono ancora cominciare.
Umberto Baldo













