Da Trump ad AfD Salvini sposta la Lega sempre più a destra

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Umberto Baldo
Penso siano pochi coloro che, almeno agli inizi, non abbiano guardato con interesse, ed anche con simpatia, alla Lega Nord messa in piedi dal nulla da quel visionario di Umberto Bossi.
Confesso che anch’io fui colpito favorevolmente da quel fenomeno, perché, nel bene e nel male, la Lega bossiana è stato l’ultimo partito di massa, almeno come lo si intendeva nella Prima Repubblica.
Un Partito, un Movimento se preferite, i cui capi parlavano ancora direttamente con gli elettori, cercavano il dialogo.
E pazienza se agli albori il proselitismo venne portato avanti anche nelle osterie, perché nelle regioni del Nord osterie e bar di paese facevano parte della vita quotidiana della gente, erano luoghi di aggregazione, in cui fra una partita a carte, una discussione sul Giro d’Italia, ed un’ombra di quello buono, si discuteva anche di politica.
Quello fu il brodo di cultura della “Lega primigenia”, che infatti fu indubbiamente un movimento di popolo.
Bossi capì per primo che il tempo delle ideologie ottocentesche era finito, e fece leva su tematiche che erano già ben presenti nel sentire della gente del Nord; l’avversione a “Roma ladrona”, alle sue burocrazie ed ai suoi bizantinismi, l’odio per le tasse giudicate eccessive ed inique e quant’altro.
Certo dopo la carica iniziale il Senatur si perse nelle ridicole ritualità celtiche, nei raduni di Pontida, nella cerimonia alle sorgenti del Po sul Monviso, nel mito di una improbabile “Padania”.
Ma tutto questo consentì però alla Lega di radicarsi nei territori, facendo crescere una “covata” di Sindaci ed Amministratori di tutto rispetto, fra cui svetta sicuramente Luca Zaia, il Presidente della Regione Veneto.
Non è la prima volta che lo scrivo, ma penso che l’attuale linea politica di Capitan Salvini non possa essere digerita tranquillamente da gente che è costretta a misurarsi quotidianamente con la gente nei propri territori.
Certo Salvini mostra i muscoli, posta in continuazione messaggi sui social, ma basta parlare con qualche elettore leghista, come faccio spesso, per rendersi conto che i mugugni sono ormai la regola.
Trump, ponte sullo Stretto, Autonomia differenziata nel pantano, i complementi ad Alternative fur Deutschland, sono temi e scelte strategiche che rischiano di far scricchiolare la leadership del Capitano.
Che qualcosa non vada per il verso giusto lo si è appreso dalle cronache bergamasche di un quotidiano nazionale che ha raccontato di un incontro fra Salvini e 448 segretari lombardi su 475.
La riunione è stata l’occasione per dare la stura ad una serie di lamentele: “Stiamo perdendo identità e stiamo perdendo il sogno”. “non si tessera più nessuno”, “nessuno vuol fare più i gazebo”, “bisogna dare seguito alle promesse fatte”, “se si dice che bisogna salvare il Sud poi è difficile trovare consensi”. Uno è arrivato persino a dire: “Nel calcio quando la squadra va male si cambia l’allenatore, ma in politica a quanto pare non succede”.
Il cronista riferisce che, vista l’aria che tirava, Salvini ha deciso di anticipare il proprio intervento e di andare via prima della fine della riunione.
Eppure, nonostante tutto, sembra che il prossimo Congresso federale vedrà ancora un solo candidato alla Segreteria; Matteo Salvini appunto.
Io sono pronto a scommettere che i mal di pancia registrati in Lombardia siano ben presenti anche in Veneto, per il semplice motivo che le regioni produttive del paese hanno bisogno di un’Europa aperta e competitiva con la quale lavorare e collaborare, mentre Salvini stringe alleanze ed elogia chi vuole imporci i dazi ed isolarci, come Trump.
E lo ha ben espresso Luca Zaia in una intervista, a proposito dei dazi: “No, che non ce li potremmo permettere. Gli Usa sono un mercato di elezione per molte nostre aziende del turismo, dell’agroalimentare, dello sport system, del mobile, dell’high tech, dell’aerospazio, e di molti altri settori ancora. Gli Stati Uniti sono uno dei principali partner commerciali del Veneto. Esportiamo merci per oltre otto miliardi di euro. Nel 2023 si è registrata una flessione del -5,8%, ma gli Usa restano un mercato chiave, forse il più importante per noi”.
Secondo il presidente del Veneto bisogna “trattare” con Trump: “L’Unione europea deve rispondere in maniera unita, ma la vedo debole, afona, non autorevole. E mi dispiace constatarlo, da europeista.
Sabato Zaia, pur aggiustando un po’ il tiro, ha rinnovato il suo invito a chiudere la guerra fra Russia e Ucraina il prima possibile: «È doveroso trovare la pace Questa guerra è durata fin troppo. Non è questione di essere filo-russi, la Russia è l’aggressore, ma seguire Zelensky all’infinito porta l’Europa all’isolamento”.
Una posizione comunque ben diversa da quella passionaccia trumpiana manifestata dal capitano, che ad un forum si è così espresso: “Chi ha paura di Trump ha paura del futuro. C’è una grande opportunità di cambiamento. Anche la politica minacciosa dei dazi può essere occasione di ulteriore guadagno di terreno per le imprese del sistema Italia. Come? con rapporti seri, bilaterali. Se mettiamo il nostro futuro in mano a Macron ci suicidiamo”.
Io penso che qualunque maggiorente leghista del Nord non possa che essere sconcertato da posizioni del genere, perché è evidente che quando i dazi di Trump, che al di là del supposto rapporto privilegiato con Giorgia Meloni fa i suoi interessi, faranno male alle 7500 aziende venete, non c’è alcun dubbio che la colpa gli imprenditori la daranno ad una Lega che sembra diventato il braccio armato italico del movimento MAGA.
Sicuramente The Donald, l’idolo di Salvini, non sembra essere l’idolo dei leghisti.
E capisco che il Capitano all’imminente Congresso non voglia “rotture”, sia politiche che “di balle”, che sia sua intenzione blindare la propria rielezione, ma di qualcosa oltre al ponte sullo Stretto bisognerà pur parlare, e la sua linea in “politica estera” potrebbe diventare il “cavallo di troia” degli scontenti.
Guardate, ai voti Salvini sembra avere già la rielezione in tasca, ma questo non vuol dire che qualcuno, o magari molti, decidano di urlare dalla tribuna che il sovranismo esasperato, che il sostenere le “destre più a destra” in Europa e nel mondo, che fare i complimenti ad Alternative fur Deutschland per il risultato elettorale, che dialogare con Calin Georgescu, il candidato presidente della Romania, fermato dalla polizia per presunte interferenze russe sul voto, che postare il messaggio “Obiettivo PACE, basta con questa guerra! Forza #Trump”, dopo l’umiliazione di Zelenski, sono tutte cose che stridono con il posizionamento tradizionale del Partito, sicuramente non estrema destra.
Questo almeno mi è sembrato di percepire quando ho letto in un’intervista come la pensa Roberto Marcato, di soprannome “bulldog”: “Il tema delle alleanze con i partiti di estrema destra nazionalista è problematico. Sono l’antitesi di noi federalisti: siccome la Lega ha questa matrice culturale, post-ideologica, antifascista, né di destra né di sinistra, è un ossimoro pensare di stare insieme a certa gente”. E poi su Trump: “Ricordiamoci che non fa i nostri interessi, ma quelli degli Stati Uniti, che insieme alla Cina e Putin si spartiscono il mondo mentre l’Europa sta a guardare”.
Idee chiare mi par di capire, ben espresse anche rispondendo ad una domanda in un’altra intervista: “Lo vedremo al federale. Lì chiariremo questa partita una volta per tutte. Io sono entrato in un partito federalista e autonomista e finché non ci sarà una modifica radicale dello statuto, questo è il partito in cui sono entrato e tale rimane. La Lega è un partito post-ideologico. È il suo valore aggiunto, lo rende in grado di parlare di qualsiasi argomento con motivazioni concrete che le persone capiscono. Faccio degli esempi: parlare di immigrazione è di destra o di sinistra? La sicurezza delle periferie è di destra o di sinistra? Se una signora non può andare a fare la spesa perché la rapinano, è un problema di destra o di sinistra? Ecco, la forza della Lega è sempre stata questa, che non ha vincoli ideologici e può muoversi con estrema agilità sui temi dei territori. La Lega che piace a me è la sommatoria delle leghe regionali. Ognuna con le sue specificità e con strategie diverse per risolvere problemi diversi. Al congresso federale bisogna decidere: resta la Lega post-ideologica, antifascista, federalista, riformista e territoriale, oppure diventa una Lega di destra?
Sullo sfondo resta ovviamente il problema delle regionali del Veneto, con la Liga che pretende la Presidenza.
Al riguardo io mi sono fatto l’dea che Giorgia Meloni non metterà a rischio il suo Governo su questa diatriba. Quindi a mio avviso lascerà il Governatore del Veneto alla Liga (in ogni caso circondato da un congruo numero di assessori di FdI), magari in cambio dell’impegno di Salvini a cedere la Lombardia alla scadenza di Fontana
A mio avviso per lei sarebbe uno scambio vantaggioso.
Il Capitano per non avere problemi in terra di San Marco potrebbe accettare, ben sapendo che il problema gli si riproporrà nel 2028 con i Lombardi.
Ma per Salvini tre anni sono un’era geologica, e poi l’importante al momento è essere confermato alla Segreteria; in piena logica del “ha da passà ‘a nuttata!”.
Umberto Baldo













