Essere mamma ai tempi del coronavirus: Alessia Valdemarca

Le scuole saranno le ultime ad aprire. Sebbene si parli di un’eventuale apertura a giugno, non c’è certezza e i genitori si barcamenano in una quotidianità in cui il lavoro non si ferma, ma occorre trovare spazio e modo per gestire i figli. Chi li ha più grandi può contare su un’autonomia, chi li ha piccoli deve necessariamente trovare un modo per incastrare il tutto. Se si aggiunge qualche difficoltà, la situazione peggiora ulteriormente. Ci sono genitori che hanno unito la gioia della nascita al dover affrontare diagnosi, che portano con loro terapie. Alessia Valdemarca, impiegata in uno studio notarile, è mamma di Elia, cinque anni, con spettro autistico e disprassico.
Qual era la vostra routine prima della pandemia?
“Elia frequentava la scuola dell’infanzia con una maestra di sostegno che lo aiutava nell’inclusione, non sapendo ancora parlare e quindi interagire. Ogni settimana dopo scuola frequentava psicomotricità, utile per canalizzare la sua frustrazione dovuta al non parlare; logopedia; terapia in acqua e un percorso ABA domiciliare. A febbraio aveva iniziato la logopedia per bambini disprassici, una terapia utile per aiutarlo nel movimento della mandibola al fine della comunicazione. Io lavoravo e avevo aderito alla legge 104 per portare Elia ai vari incontri terapeutici e medici: è essenziale nelle terapie la presenza per poi saperlo seguire a casa”.
In questo periodo siete riusciti a seguire le terapie?
“In un primo momento si è fermato tutto. Poi il percorso ABA si è attivato via skype: la terapista dà le indicazioni a me per fare i movimenti a lui necessari. Ci sono voluti però 15 giorni perché Elia accettasse che fossi io a fare anche da terapista. Le terapie convenzionate invece si sono fermate del tutto, non abbiamo avuto nessuna indicazione e nessuna relazione. E nel frattempo Elia ha subito una regressione”.
Con la scuola eravate integrati? Elia ne sente la mancanza?
“Non sente la mancanza dei suoi amici o almeno non lo lascia trapelare. Non eravamo integrati, non saprei dire se per le difficoltà di Elia o per la composizione della classe. Ho vissuto l’esperienza di mio nipote, 8 anni, che andava a feste di compleanno, a ritrovi tra amici, ma noi abbiamo avuto poco di tutto ciò. In questo periodo abbiamo vissuto un blackout totale di un mese, poi le maestre hanno iniziato a mandarci qualcosa e anche la maestra di sostegno ha iniziato a spedirci lavori appositi per lui”.
Quali sono state le difficoltà maggiori in questo periodo?
“L’assenza delle terapie e la routine che è venuta meno. Elia ha avuto dieci giorni di insonnia. Nel contempo però questo momento c’ha permesso di conoscerci meglio, di vedere tutti i lati della sua disabilità e di apprezzare anche i piccoli miglioramenti”.
Cosa avrebbe potuto aiutare te ed Elia?
“Una maggiore disponibilità da parte degli enti a seguire i bambini in via digitale e ad avere un confronto con i genitori per capire come intervenire nei giorni di maggiore difficoltà”
Come vivi il pensiero della ripartenza? Come farai a tornare al lavoro totalmente?
“Ho paura di inserire la mascherina ad Elia qualora iniziassero nuovamente le terapie: lui non accetta cappelli e guanti, devo lavorarci per tempo. E poi sono preoccupata per la scuola: spero non pensino che si ripartirà da dove l’hanno lasciato, ma che siano pronti a gestire anche la regressione, soprattutto sociale dovuta alla mancanza di rapporti. Al momento il mio lavoro è conciliabile con la baby sitter, visto che lavoro solamente due mattine alla settimana, e quando finirà la cassa integrazione vedrò come organizzarmi”.













