VENETO – Tar, sentenza storica contro Etra: “Le gare sono legittime”
Respinto il ricorso di Etra contro una gara pubblica. Bottacin: «Anche i comuni soci hanno il diritto affidare i servizi al mercato».
La giustizia amministrativa ha sancito che le gare si possono fare, per fare pagare meno gli utenti, anche quando un comune è socio di una municipalizzata. Con la sentenza di ieri la prima sezione del Tar Veneto ha respinto il ricordo di Etra, stabilendo che i comuni di Molvena, Mason Vicentino e Pianezze avevano tutto il diritto di ricercare sul mercato una società che gestisse il servizio di raccolta differenziata, trasporto, recupero e smaltimento rifiuti e questo nonostante quei comuni fossero soci di Etra, l’azienda che gestisce il servizio idrico integrato, il servizio rifiuti e altri servizi nell’ampio territorio che dal bacino fiume Brenta arriva all’Altopiano di Asiago al Bassanese passando dalla Provincia di Padova.
«Una sentenza importante» commenta il consigliere regionale Diego Bottacin, «che abbatte con due picconate le minacciose ingerenze delle municipalizzate nelle decisioni pro-utente e finalmente li slega dal circolo vizioso dell’affidamento diretto a tutti i costi».
La sentenza ribadisce che i servizi pubblici “possono essere gestiti indifferentemente mediante il mercato (ossia individuando all’esisto di una gara ad evidenza pubblica il soggetto affidatario) ovvero attraverso il c.d. partenariato pubblico-privato (ossia per mezzo di una società mista quindi con una “gara a doppio oggetto” per la scelta del socio o poi per la gestione del servizio), ovvero attraverso l’affidamento diretto, in house, senza previa gara, ad un soggetto che solo formalmente è diverso dall’ente, ma che ne costituisce sostanzialmente un diretto strumento operativo, ricorrendo in capo a quest’ultimo i requisiti della totale partecipazione pubblica, del controllo (sulla società affidataria) “analogo” (a quello che l’ente affidante esercita sui propri servizi) e della realizzazione, da parte della società affidataria, della parte più importante della sua attività con l’ente o gli enti che la controllano.” E, specificatamente per i rifiuti “il ritardo nella costituzione, o meglio nell’attivazione, di tali bacini [territoriali omogenei ndr] non può, certamente, impedire o procrastinare l’esercizio di un servizio pubblico essenziale per la collettività, né obbliga ad una proroga della gestione del servizio”.
«Il fatto che il Tar specifichi che Etra è “solo formalmente” diverso dall’amministrazione comunale dovrebe bastare a qualificare come improponibile l’idea stessa che Etra ricorra contro un comune socio» dice Bottacin «sarebbe come un ufficio tecnico che ricorre contro un atto del comune a cui appartiene».
Tra le righe della sentenza, spiega il consigliere, troviamo «una picconata della giustizia amministrativa al circolo vizioso dell’affidamento in house: non raramente capita che una società in house subaffidi il servizio (ottenuto senza gara) a una sua società partecipata in cui sono presenti soci privati, oppure che gli stessi servizi vengono in buona misura sub-affidati al sistema delle cooperative. Bene, con la sentenza del Tar sappiamo che i comuni non hanno più scuse e possono affrancarsi da questo legame».
Bottacin aveva affrontato l’argomento degli affidamenti in house nel suo saggio Nella Pancia del Leone (Marsilio, 2014): «Il legislatore italiano ha, fino ad oggi, rinunciato a intervenire con una normativa coerente e unitaria in materia, con il risultato che l’unico riferimento è costituito dalle direttive europee. L’affidamento diretto in house è consentito dalle norme comunitarie (sentenza della Corte di giustizia europea del 18 novembre 1999 in causa C-107/98 – Tekal a cui si è conformata la giurisprudenza italiana, cfr. Consiglio di Stato, sez. v, 30 settembre 2010, n. 4832) solo ed esclusivamente in talune circostanze e a ben precise condizioni. Eccole in sintesi:
1. la concorrenza costituisce la regola e l’affidamento in house l’eccezione ammissibile solo quando il perseguimento degli obblighi di servizio pubblico lo rendono necessario;
2. la società che gestisce il servizio in house deve essere interamente pubblica e deve svolgere direttamente il servizio, l’eventuale acquisto da terzi di beni e servizi deve limitarsi a quelli strumentali;
3. l’ente pubblico affidante deve poter esercitare sulla società il cosiddetto «controllo analogo», ovvero deve poter controllare la società esattamente come si trattasse di propri uffici;
4. tanto per l’acquisto di beni e servizi che per l’assunzione di personale, la società pubblica deve sottostare agli stessi obblighi dell’ente affidante. Pertanto gare e procedure di evidenza pubblica per gli appalti, concorsi pubblici per la selezione del personale»
«Sono grato ai sindaci che hanno dimostrato coraggio opponendosi all’in house providing, perché sono davvero pochi quelli che rispettano i requisiti», conclude Bottacin «e ora, tutti i comuni realmente interessati ad abbassare i costi della gestione del verde pubblico, dell’igiene urbana, del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti, sapranno che hanno il pieno diritto di cercare sul mercato le tariffe più convenienti».














