Vannacci. Il Generale come un elefante nel salotto della Lega?

Umberto Baldo
“Zelensky nella sua vita precedente ha fatto il comico, è solo da poco che fa il politico, e devo dire che non lo fa con grande successo: ha perso totalmente la sovranità sullo Stato che rappresenta. Putin negli ultimi vent’anni, governando la Russia, ha portato a un’esplosione di benessere, di ricchezza nella sua nazione. Gode del supporto popolare, cosa che Zelensky sembrerebbe perdere giorno dopo giorno. E quindi se dovessi paragonare l’attività politica dei due uomini, preferisco una persona come Putin”.
Questa è roba che se l’avesse detta un oscuro militante al bar dello sport sarebbe passata come la solita sparata da “tuttologo da tavolino”, ma a pronunciarla è stato il Generale Roberto Vannacci, intervistato nei giorni scorsi da Maria Rosaria Boccia.
Dichiarazioni forti, discutibili quanto si vuole, ma perfettamente coerenti con il personaggio: provocatorio, diretto, refrattario ad ogni mediazione.
In fondo non molto distanti da certe uscite di Matteo Salvini di qualche anno fa, quando flirtava senza troppi imbarazzi con la Russia di Putin.
Ma perché soffermarsi oggi sul Generale?
Perché i media riferiscono che all’interno della Lega da giorni si respira una crescente insofferenza nei suoi confronti.
Non un malumore di retrobottega, ma prese di posizione esplicite di big del Carroccio.
Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato, ha lasciato trapelare il suo fastidio: Vannacci “è spesso nella zona di Varese per iniziative che coinvolgono leghisti ma di cui il partito, di cui è vicesegretario, non sa nulla”. Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato, ha rincarato la dose: “Se Vannacci continua a muoversi in questo modo, il rapporto non si recupera”.
Ancora più netto Attilio Fontana, governatore della Lombardia, che davanti ai Giovani Padani ha messo le carte sul tavolo: “C’è qualcuno che vuole vannaccizzare la Lega. Io dico ‘col cazzo’ che ci riesce. Io sono della Lega, della Lega Lombarda”.
Più felpato ma non meno significativo l’intervento di Luca Zaia. Prima la concessione: “Ho detto che lo può essere se fa il leghista. Se persegue altri valori o altre battaglie non è in linea con quello che ci aspettiamo”. Poi la stilettata: “Il generale non ha fatto la gavetta come tutti noi, a partire da Matteo Salvini. È doveroso che rispetti regole e liturgie del partito. La Lega ha trent’anni di storia, non è un’arena di provocazioni”.
Vannacci, dal canto suo, non arretra.
Rivendica la volontà di “vannaccizzare” la Lega, ma nega mire contro Salvini: nessuna scalata interna, solo la voglia di rilanciare il movimento con lo slogan “Make the League great again”. Vi ricorda qualcosa?
E’ evidente che la paura, tra i nordisti, è che questo iper attivismo del Generale sia funzionale ad imporre molti candidati a lui vicini alle prossime elezioni regionali e politiche, a discapito dei leghisti storici.
Io capisco le perplessità, i mal di pancia di certi big leghisti, ma questi non dovrebbero mai dimenticare che l’autore del best seller “Il mondo al contrario” non è arrivato da Marte; è stato cercato, corteggiato e candidato alle elezioni europee dalla Lega, prendendo fra l’altro una valanga di preferenze, tanto da salvare l’allora periclitante leadership di Matteo Salvini, che in premio lo ha fatto subito Vicesegretario.
D’altronde Vannacci è il prodotto perfetto della Lega “nazionale” voluta da Salvini: centralista, identitaria, sovranista, una mutazione genetica rispetto alla Lega bossiana della secessione e della Padania.
Con chi volete si accasasse Vannacci dopo la sua decisione di dedicarsi alla politica?
Non dimentichiamo che Vannaci è un militare, un uomo che non ha certo fatto carriera scaldando sedie o consumando le scarpe nei corridoi di sedi politiche o ministeri.
E un professionista, un uomo con tre lauree magistrali più vari master, uno che si è “ciucciato” l’Iraq e l’Afghanistan, uno che ha comandato corpi d’élite delle nostre forze armate come il battaglione Col Moschin e la Brigata Folgore.
Uno con le idee chiare, discutibili fin che si vuole ma chiare, ben descritte nel suo libro “il mondo al contrario”, fra l’altro auto-prodotto, in cui non ha avuto alcun timore di andare “contro corrente”, esprimendo concetti che molti italiani condividevano, e che condividono, visto il successo dei suoi incontri e manifestazioni.
Ma davvero nessuno fra i colonnelli leghisti aveva capito bene chi fosse?
La verità è che lo si è accettato finché conveniva, finché portava voti.
Ora, improvvisamente, diventa un problema.
E giunti a questo punto davvero qualcuno crede di poter rimettere il dentifricio nel tubetto?
Salvini ha sdoganato Vannacci, lo ha usato come volto e come volano.
Oggi i dirigenti storici si svegliano preoccupati che il Generale possa trasformarsi in un corpo estraneo, o peggio in un leader parallelo.
Ma è tardi.
Hanno lasciato correre, sono rimasti silenti, forse hanno fatto finta di non capire quando Salvini spostava la Lega a destra di Fratelli d’Italia, quando abbandonava ogni velleità federalista per giocare la carta del nazionalismo muscolare, intrattenendo rapporti sempre più stretti con Partiti come Alternative fur Deutschland o il Rassemblement Nationale di Marine Le Pen.
E allora, adesso, che vogliono fare?
Imporgli il silenzio? Mettergli la museruola?
Illusi. Vannacci continuerà a dire la sua, Salvini non se lo lascerà scappare, e ai malpancisti del Carroccio non resterà che marciare in ordine chiuso dietro il Generale.
Come si usa dire: chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
Umberto Baldo













