5 Dicembre 2025 - 9.43

Più Libri più Liberi. L’Indice dei Libri Proibiti 2.0

Umberto Baldo

Quest’anno “Più Libri più Liberi”, la festa della piccola e media editoria, la celebrazione della pluralità delle voci, perfino delle più stonate,  avrebbe potuto aprire in pace, con i soliti brindisi, le solite foto, i soliti editori che sperano di vendere dieci copie in più grazie alla vetrina romana. 

E invece no: anche stavolta abbiamo il casus belli, il nemico di stagione, la crociata morale.

Il bersaglio? 

La casa editrice “Passaggio al Bosco”, accusata da una schiera di autori — non esattamente dei novellini, alcuni molto noti ed apprezzati — di portare in fiera un Pantheon fascista, nazifascista, anti-semitista, e chi più “ista” ha, più ne metta.

Ottanta firme, gente famosa, penne illustri, da Barbero a Scurati. 

Gente che campa di libertà di pensiero, si riempie la bocca di pluralismo e poi, alla prima occasione, tira fuori il certificato storico-ideologico per stabilire cosa si può esporre o no. 

Una specie di Santa Inquisizione 2.0: ora non bruciano più i libri, non li inseriscono più nell’ “Indice dei libri vietati”; cercano di negargli lo stand alla fiera.

È un progresso.

Confesso che per un attimo mi sono sentito nel Seicento. O nel Ventennio. O in uno di quei paesi dove lo Stato ti dice cosa leggere: l’Iran, la Cina, o la più vicina biblioteca scolastica progressista.
Perché la logica è sempre quella: noi decidiamo per voi.
Il cittadino, evidentemente, è ritenuto troppo ingenuo per distinguere un libro da un manifesto di arruolamento per la marcia su Roma.

La scena è surreale: i libri di Passaggio al Bosco sono liberamente acquistabili ovunque, in qualunque libreria. 

Non sono proibiti, non sono sequestrati, non sono messi all’indice. 

Se uno vuole leggerli lo può fare senza bisogno di presentare documenti alla dogana dell’ideologia.
Però no, lo stand alla fiera proprio non lo digeriscono. 

Perché? Mistero della fede.
È come dire: “Il vino è pericoloso, quindi non vendiamolo al Vinitaly… ma al supermercato sì, lì nessun problema”.

Poi arriva la perla: se davvero pensano che quei libri costituiscano apologia di fascismo, sapranno anche che esistono leggi, Tribunali, Magistrati, strumenti dello Stato. 

Basterebbe denunciarli.
Ma evidentemente è molto più comodo prendersela con un padiglione di cartone che con la giustizia italiana.
Dura, la coerenza.

Naturalmente questa indignazione a orologeria funziona solo in una direzione. 

Non mi risultano petizioni furiose contro editori che pubblicano Stalin, Mao, Castro, Maduro, Xi Jinping — tutti campioni mondiali di libertà e diritti umani, ma forse con l’alibi giusto: “Eh, sai… è complesso”.
Certo, complesso come spiegare agli uiguri reclusi in Cina perché dovrebbero apprezzare la sofisticata dialettica marxista.
O agli oppositori di Putin che marciscono in Siberia perché “in fondo, geopoliticamente parlando…”.

Perché l’antifascismo, in Italia, è diventato la parola magica: risolve tutti i problemi, giustifica ogni selezione culturale, legittima ogni gesto illiberale (come l’occupare le case altrui – consultare Ilaria Salis). 

È il Bonus Morale che assolve sempre chi lo pronuncia.
Peccato solo che ormai chi si ricorda del fascismo, quello vero, per ragioni anagrafiche o non c’è più o si prepara a salutare la compagnia.

Ma il vero nodo è un altro: se davvero temono che un libro possa fare diventare fascista un adolescente, allora stanno confessando una disfatta educativa epocale.
Perché la battaglia culturale non si combatte con gli stand proibiti: si fa nelle scuole, nelle università, nella politica che funziona, nei dibattiti veri.
E se in Europa crescono le destre estreme, la colpa non è di un editore con un nome poetico: è della politica che negli ultimi vent’anni ha fallito su tutto, tranne che nel distribuire lezioni morali.

Non me ne voglia Zerocalcare, che comunque non considero un novello Erasmo da Rotterdam, ma credo che della sua assenza alla manifestazione del libro  di Roma ce ne faremo una regione. 

Ecco perché la protesta contro Passaggio al Bosco fa sorridere: perché spiega perfettamente come siamo messi.
Una sinistra che non riesce più a convincere nessuno, quindi vieta.
Una cultura che non riesce più a educare, quindi censura.
Una classe intellettuale che non riesce più a capire il presente, quindi parla del passato.

E così, anche quest’anno, “Più Libri più Liberi” si trasforma in “Più Libri più Liberi… ma non troppo”.
Perché la libertà va bene, certo.
Ma sempre quella approvata.

Umberto Baldo

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Testata Street Tg Autorizzazione: Tribunale Di Vicenza N. 1286 Del 24 Aprile 2013

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