2 Maggio 2025 - 9.35

Nella terra del Gattopardo – Dal “capitalismo straccione” caro ad Enrico Cuccia alle attuali OPS senza un soldo sul tavolo 

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Umberto Baldo

Seguendo le cronache di questi giorni, mi sono tornate in mente  le critiche che per anni avevo sentito rivolgere ad Enrico Cuccia, il Pontifex Maximus di Mediobanca

Molti di voi non ricorderanno nemmeno il nome di questo “banchiere” che, nel bene e nel male, per lunghi anni dal dopoguerra in poi fu il grande regista, quasi il dominus, del capitalismo italiano. 

Il banchiere che diede vita a quello che fu chiamato il «capitalismo di relazione», fatto non solo di soldi, ma anche e soprattutto di relazioni personali fra imprenditori, finanzieri, politici ed amministratori.

Inevitabile che in quel «salotto buono della finanza italiana» che divenne la Mediobanca di Cuccia, contassero soprattutto i rapporti umani, le affinità e le repulsioni, le simpatie e le inimicizie.

Da questa visione derivò il noto motto secondo cui “le azioni si pesano e non si contano”, ossia la teorizzazione che i Gruppi di controllo delle grandi società o dei Grandi Gruppi valgono più degli azionisti qualsiasi, visione che  non venne peraltro mai rinnegata da Cuccia.

In sostanza la Mediobanca del “banchiere siciliano trapiantato a Milano” divenne la grande regista delle scelte strategiche finanziarie ed industriali dei Grandi Gruppi privati.

Secondo i suoi nemici Cuccia fu il massimo protettore delle “grandi famiglie” di un capitalismo “straccione”, famiglie  poco propense a tirare fuori i soldi veri, affidandosi così per mantenere il controllo delle loro aziende ai maneggi ed agli “intrecci di carta” (carta nel senso di azioni) escogitati e messi in pratica da Mediobanca. 

Guardate, non date troppo peso a questi ricordi, perché i tempi, gli attori, la politica, sono ovviamente radicalmente cambiati, ma l’amarcord mi è stato suggerito dall’osservare che tutte le operazioni (e sono indubbiamente tante) in atto in questa fase nel cosiddetto “risiko bancario” hanno una caratteristica comune: quella di essere prevalentemente operazioni “carta contro carta”.

Per capire di cosa parlo giova ricordare che l’Offerta Pubblica di Scambio (Ops) è una tipologia di offerta pubblica che prevede che le azioni dell’offerente vengano scambiate con quelle dalla “preda”.

Ecco perché si parla di operazione “carta contro carta”, perché ad essere scambiate sono solo azioni (pezzi carta), diversamente dall’Opa (Offerta Pubblica di Acquisto) in cui sulla tavola ci sono gli “schei veri”, e dall’Opas (Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio)  che è un’operazione mista che avviene in parte in contanti e in parte in “carta”. 

E’ evidente che se l’offerente di un’Ops non dispone di un grosso pacchetto di azioni proprie, deve varare un aumento di capitale al servizio dell’offerta, con il quale genera le azioni che serviranno materialmente per lo scambio con quelle della preda.

Chiarite le modalità tecniche, date le caratteristiche dell’operazione, una Ops piace sempre agli azionisti della banca offerente, perché non prevede esborso di contanti; mentre è meno gradita agli azionisti della società “preda”, che si trovano in mano azioni soggette alle quotazioni dei mercati, ed ai rischi di perdita conseguenti.   

Tornando a bomba, credo non vi sia sfuggito che stiamo vivendo un momento epocale per il nostro sistema bancario- finanziario.

Sei offerte pubbliche in 5 mesi, con un costo teorico complessivo di 35,8 miliardi di euro non si erano mai visti sotto i cieli della Finanza tricolore.

Non le ripercorro tutte nel dettaglio per non tediarvi, e poi perché mi auguro vi siano note.

Mi fermo all’ultima: l’offerta di Ops di Mediobanca del proprio storico pacchetto di controllo (13,2%) delle Assicurazioni Generali, in cambio del 100% di Banca Generali (controllata al 50,1% della Compagnia del Leone).

Si tratta dell’epilogo della liaison Mediobanca-Generali?  Forse, ma non è mai detto!   A mio avviso di una “mossa difensiva”, sgradita al Governo, che come si sa punta sulla cordata Delfin-Caltagirone, e sulle ambizioni di crescita del Monte dei Paschi.

Per me questa mossa ha però un che di geniale, perché se andasse a buon fine Mediobanca si tirerebbe fuori dalla mischia, si porterebbe a casa un gioiellino (Banca Generali), e lascerebbe tutti gli altri a scannarsi per il “Leone”.

Mi rendo conto che per chi non ha seguito queste vicende, o magari è meno avvezzo alle problematiche borsistiche, tutto ciò possa sembrare un inestricabile guazzabuglio.

E a dirla tutta lo è.  Perché non è normale che Delfin e Caltagirone siano entrambi soci di riferimento sia di Mediobanca che di Generali che di Mps  (e che quindi possano giocare tutte le parti in commedia, fra l’altro guadagnandoci in ogni caso), come pure non è normale che lo Stato non si sia tirato preventivamente fuori della mischia, per fare l’arbitro e non il tifoso.

Infatti è vero che, a quanto sembra, all’ultima assemblea di Mps il Ministero del Tesoro si è astenuto, ma sia l’anomalo utilizzo del Golden Power nell’Ops Unicredit-Banco BPM, sia l’aperto sostegno di settori della Maggioranza di Governo alla creazione del “terzo polo bancario” fra Banco BPM ed Mps, mostrano un certo fastidio dell’Esecutivo per questi tentativi de parte del mondo bancario di sottrarsi alla regia occulta, ed io direi addirittura all’ abbraccio mortale, della Politica nella lotta per il potere finanziario.

L’unica vera novità, che ritengo giusto registrare, è che in questa lotta senza quartiere tra gruppi e correnti che sta dissestando assetti ed equilibri che sembravano immutabili, non è escluso che tutto cambi affinché tutto resti come prima.

Già perché non dimentichiamo mai che noi siamo la terra del “Gattopardo”, in cui i polveroni spesso servono solo a mantenere il potere ben saldo nelle mani di chi ce l’ha già. 

Ma è comunque innegabile che in questo momento al tavolo siano seduti tutti: i maggiori Gruppi bancari e assicurativi, i grandi Fondi e investitori, i Palazzinari e le storiche Famiglie miliardarie. 

E poi, come accennato,  c’è il Governo, un po’ arbitro un po’ giocatore, un po’ super partes e un po’ di parte; e sarebbe stato meglio a mio avviso che si fosse tenuto ben lontano dalla tenzone.

Tornando a dove siamo partiti, mi limito ad osservare che tutta questa “rivoluzione copernicana” si compie secondo il “metodo Cuccia”, cioè senza scucire un euro.

Ad essere onesti ce n’è stata una di operazione per contanti; l’Offerta Pubblica di Acquisto lanciata dal Banco Bpm su Anima, terminata con un botto di adesioni e il controllo pressoché totale dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna sul più importante fondo indipendente di risparmio gestito.  Ma qui gli azionisti hanno incassato 1,5 miliardi di soldi veri, in contanti.

Ma le altre?

La scalata di Unicredit su Banco BPM, qualora andasse in porto muoverebbe circa 10,1 miliardi di euro, che comunque verrebbero pagati, nemmeno a dirlo, in azioni Unicredit.

Stessa storia per l’Ops di Monte dei Paschi su Mediobanca, anch’essa regolata, sempre che vada in porto, con la consegna delle azioni Mediobanca in cambio di titoli Mps (quindi anche qui soldi zero).

Come pure non sono previsti esborsi di contante  nell’Ops appena lanciata da Mediobanca sul 100% di Banca Generali, per un valore di 6,3 miliardi di euro.

Stesso copione anche per l’ennesima Ops lanciata da Bper su Banco Popolare di Sondrio, per un controvalore di 4,3 miliardi.

Inseguendo una conclusione, che forse è prematura o forse non c’è, le Banche italiche, tornate in salute dopo anni di crisi, dopo aver sistemato i bilanci e macinato utili a go go non remunerando i depositanti, adesso spingono sul fronte operazioni straordinarie, che se ci pensate bene sono tutte finalizzate a ridurre la concorrenza per acquisire potere di mercato, e far così fronte  all’avvento delle nuove tecnologie ed all’affermarsi della fintech.

In quest’ottica, con  l’Ops lanciata da Mediobanca, sembrerebbe  chiudersi per sempre l’era di Enrico Cuccia, che l’aveva costruita come il “salotto buono” del capitalismo italiano.

Ma a ben vedere tutto questo “bailamme” lo si fa seguendo pedissequamente il “metodo Cuccia”, vale a dire spostando pacchetti azionari senza scucire una lira. 

Non sarà più il “capitalismo straccione” di un tempo, ma permettetemi di trovarci qualche somiglianza.

Umberto Baldo

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Testata Street Tg Autorizzazione: Tribunale Di Vicenza N. 1286 Del 24 Aprile 2013

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