25 Settembre 2025 - 9.31

Moldova, la piccola repubblica dove domenica si gioca anche il futuro d’Europa

Umberto Baldo

C’è un Paese in Europa, grande poco meno del doppio del Veneto, economicamente povero, con metà della popolazione che vive e lavora all’estero, che Vladimir Putin vorrebbe riportare “all’ovile” di Santa Madre Russia.

Si chiama Moldova in lingua romena, o Moldavia per i puristi del latino. 

In realtà, più che un ovile, rischia di diventare il solito pascolo geopolitico dove l’orso russo e l’Occidente si contendono la mangiatoia.

Forse ricorderete che ve ne avevo parlato nel novembre scorso (https://www.tviweb.it/il-futuro-delleuropa-passa-anche-per-la-moldova/).

Ora sia chiaro: se Putin volesse davvero invadere la Moldova, lo farebbe in un weekend lungo. 

Ma lo Zar ha capito che la “via Ucraina” non è proprio un pranzo di gala: morti, sanzioni, isolamento… roba che ti rovina perfino la parata sulla Piazza Rossa.

Un’altra “operazione speciale” non sarebbe quindi a certo a costo zero, perché i Paesi Nato – e questa volta anche i più svogliati – non resterebbero a guardare, e si schiererebbero a difesa di Chișinău.

Così, più che ai carri armati, il Cremlino si affida oggi ai suoi “mercenari digitali”: hacker e troll che, attraverso migliaia di account falsi, diffondono notizie inventate, campagne manipolatorie, e nostalgie sovietiche vendute un tanto al chilo. 

E il bello è che funzionano: i giovani ridono, ma i nostalgici del comunismo, soprattutto i più anziani, ci cascano in pieno. Quelli che rimpiangono Brežnev perché “almeno c’era lavoro per tutti”, dimenticando che c’era anche la fame per tutti.

Nostalgia canaglia, ma con la pancia vuota non si ragiona.

Lo schema è vecchio e collaudato: lo abbiamo visto in Georgia nelle elezioni politiche e presidenziali tra ottobre e dicembre 2024; lo abbiamo visto anche in Moldova lo scorso novembre, ma allora a Putin gli è andata di traverso: Maia Sandu, filo-europea, ha vinto le presidenziali, e pure il referendum pro-Europa è passato, anche se per un soffio.

Ora, con le elezioni politiche del prossimo 28 settembre, Putin ci riprova.

E non ha nemmeno bisogno di inventarsi troppo: la situazione economica moldava gli dà una mano. Il costo della vita è ormai simile al nostro, gli stipendi invece raramente superano poche centinaia di euro. Risultato: una forbice che si allarga, il tenore di vita, già basso, che si erode ulteriormente, ed un malcontento che cresce. 

Terreno ideale per chi gioca sulla frustrazione e sul malcontento, e promette “l’ordine di una volta”, anche se quell’ordine era fatto di miseria e repressione.

Dietro c’è la solita ossessione: le “sfere di influenza”. 

Putin non ha mai smesso di disegnare mappe immaginarie dove l’Europa è divisa a metà, con una bella cortina a separare i suoi sudditi dai “liberi” vicini.   

In quest’ottica l’aggressione all’Ucraina non è stata solo una questione territoriale: è il tentativo di tracciare una nuova barriera, una linea rossa che divida l’Europa in due blocchi contrapposti.

Non è solo nostalgia da Zar o da Segretario del Pcus: è paura. 

Perché se ai confini hai un’Unione Europea che garantisce libertà, benessere e democrazia, i tuoi cittadini prima o poi si accorgono che vivono peggio. 

Putin questo meccanismo l’ha toccato con mano ai tempi in cui era ufficiale del Kgb in Germania Est. 

E allora devi chiudere, reprimere, inventarti nemici esterni.

Mosca è disposta a tutto pur di tenere in piedi questa narrativa: migliaia di giovani mandati a morire, sanzioni devastanti, isolamento economico. 

Purché il disegno rimanga: una nuova linea rossa che preservi il “mondo russo”.

La Moldova, suo malgrado, si trova esattamente su questo spartiacque. 

E con un’aggravante: la Transnistria. Una striscia di territorio abitata da meno di mezzo milione di persone russofone, formalmente territorio Moldavo, ma di fatto una repubblica separatista, con frontiere, visti e moneta propri.  

Un’enclave filorussa che sopravvive solo grazie all’appoggio di Mosca, non avendo sbocchi sul mare, e trovandosi schiacciata tra Moldova e Ucraina.

Come se non bastasse, ad incendiare il dibattito ci si mette pure la lingua. 

Ufficialmente la lingua è il moldavo (cioè il romeno), usato nei giornali, nei documenti, nei cartelloni.     Ma nella vita quotidiana domina il russo, lingua parlata dalla maggioranza dei cittadini. 

In sostanza: in Moldova si legge in una lingua, ma se ne parla un’altra.

Per Putin ed i suoi propagandisti, un assist perfetto.

Perché tutto questo ci riguarda? 

Perché una Moldova filorussa significherebbe una testa di ponte alle spalle dell’Ucraina e a ridosso della Romania, cioè di noi europei. Non proprio un dettaglio.

Domenica 28 settembre gli elettori moldavi sceglieranno fra 25 partiti. 

In teoria.

In pratica, a scegliere ci proverà anche il Cremlino, con i suoi soliti strumenti. L’esito del voto del 28 settembre è incerto. Non solo per la forte frammentazione politica, ma anche per le inevitabili interferenze di Mosca. 

Sarà, insomma, un altro capitolo della partita a scacchi tra Bruxelles e la Russia. 

E sulla scacchiera, questa volta, la pedina si chiama Moldova.

Concludendo, chi controlla la Moldova non vince la partita: decide dove si gioca.

Perché la  Moldova sarà pure piccola, ma se noi europei la perdiamo, la Russia guadagna una trincea. 

E la storia insegna che dalle trincee si riparte sempre all’attacco.

Umberto Baldo

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