21 Luglio 2025 - 12.19

Mercato di Vicenza: vi piace il disordine o il decoro?

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Di Alessandro Cammarano

Ogni giovedì Vicenza si sveglia un po’ più viva; le strade del centro – da Piazza dei Signori a Contrà Garibaldi e giù fino a Viale Roma – si popolano di banchi, voci, mani curiose.

È il mercato, quello vero: un microcosmo brulicante in cui coesistono il profumo del pesce fritto e del pollo arrosto, il banco del “tutto a cinque euro”, le grida dei venditori di calzini e mutande, e quell’irresistibile istinto a ravanare tra le cose, alla ricerca di un affare, di un oggetto fuori moda che torna di moda, di un piccolo tesoro inatteso.

Però, da qualche giorno, qualcosa è cambiato.

Con l’entrata in vigore del nuovo regolamento comunale sul decoro urbano e la recente ordinanza del sindaco, la città ha deciso di tirare il freno a mano sulla spontaneità mercatale: nove sanzioni in un solo giovedì a venditori che esponevano merce “alla rinfusa”, senza cartellonistica a norma o in modo ritenuto disordinato nelle piazze storiche.

L’obiettivo dichiarato è chiaro: restituire dignità e decoro al cuore monumentale di Vicenza, spesso invaso da bancarelle tutt’altro che curate.

Secondo il regolamento, l’esposizione disordinata della merce deve coprire al massimo il 50% dello spazio disponibile e, in aree come piazza dei Signori, Biade e Palladio, è sempre vietata.

Un mercato bello, ordinato, leggibile, un biglietto da visita coerente con l’identità culturale della città:

insomma, che male c’è a voler vedere bancarelle ordinate, merci ben piegate, cartelli chiari e uniformi? Non è forse anche questo un segno di rispetto verso i visitatori, i cittadini, i luoghi?

Ma il mercato è – anche – disordine e dunque dall’altra parte c’è un’altra idea di esposizione della merce, quella che ha fatto la fortuna e il fascino di ogni giovedì vicentino: la libertà, la confusione colorata, l’arte sublime del rovistare, la sensazione che tutto possa accadere tra un banco e l’altro.

Per molti ambulanti – e per moltissimi clienti – quel che le autorità chiamano “disordine” è in realtà l’essenza stessa dell’esperienza mercatale: è la possibilità di lasciarsi guidare dall’intuito, non dall’etichetta, di toccare, mescolare, scegliere.

È una liturgia popolare, fatta di casualità e improvvisazione;

perché, in fondo, nessuno va al mercato per trovare la compostezza di una boutique. Chi ci va cerca qualcosa di più umano, più reale.

E allora? Che fare? Chi ha ragione?

Da una parte, il mercato ordinato: bello da vedere, facile da percorrere, coerente con il contesto urbano.

Dall’altra, il mercato vissuto: irregolare, imprevedibile, ma autentico.

Il Comune sceglie la via della regola, delle sanzioni, della sorveglianza, e lo fa con l’intento – legittimo – di difendere il decoro e valorizzare il centro storico.

Ma viene da chiedersi: un mercato troppo ordinato, è ancora un mercato? Oppure, senza quel briciolo di disordine, di caos controllato, perde la sua identità?

Forse la risposta non è univoca. Forse, più che una regola uguale per tutti, servirebbe un equilibrio dinamico, un compromesso tra ordine e libertà, tra estetica e vita.

Alla fine, decidete voi.

Il mercato del giovedì è un rituale antico che oggi si ritrova al centro di una riflessione tutta moderna: vogliamo una città perfetta o una città vera?

Preferiamo passeggiare tra banchi piegati come origami o perderci tra i colori e la confusione?

Vogliamo un centro commerciale a cielo aperto o un luogo dove ogni giovedì è diverso dal precedente?

La scelta, in fondo, non spetta solo al Comune. Spetta a tutti noi.

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