8 Luglio 2025 - 11.20

Maturità 2025: una scena muta che fa rumore

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Pensavo di aver già detto tutto, ieri, sull’orgia di fiori, spumante e selfie che ormai accompagna l’uscita dall’orale dell’esame di Maturità. 

Mi sbagliavo. Perché oggi tocca al capitolo due della saga: “Gianmaria contro il Sistema”.

Siamo a Padova Liceo Scientifico Enrico Fermi, guarda caso quello a suo tempo frequentato da mia moglie, aula d’esame. 

Entra lui: firma il registro, si gira verso la Commissione e, con voce grave e solenne, dichiara:«Signori, grazie di tutto, ma io questo colloquio non lo voglio sostenere. Arrivederci».
Sipario. Applausi? Quasi. 

Comunque, la scena è talmente potente che ci manca solo la colonna sonora di Braveheart.

Ma attenzione: Gianmaria non è un impreparato in cerca di una via di fuga. 

No. È un dissidente. Un resistente. Uno che forse ha anche letto i libri giusti 

Il suo messaggio è chiaro: la scuola è diventata un “lager emotivo”. 

Troppa competizione, troppi voti, troppa ansia. «Ho visto compagni diventare cattivi per un voto» – ha dichiarato, come se fosse sopravvissuto a una puntata particolarmente dura di Squid Game versione Ministero dell’Istruzione.

E allora che fa? Niente orale. 

Perché non vuole prestarsi al teatrino, non vuole piegarsi al meccanismo. 

Ma, colpo di scena nel colpo di scena: i conti se li era già fatti bene.
31 punti di credito, 17 nella prima prova, 14 nella seconda. Totale: 62. Tradotto: diploma già in tasca.

Che tempismo, Gianmaria! 

Altro che protesta: questa è strategia. 

Se avesse preso 10 agli scritti, non sono così sicuro che avrebbe inscenato la sceneggiata. 

Alla fine, per non far troppo rumore, la Commissione gli fa qualche domandina soft, e gli regala altri tre punticini. 

Esce con un dignitosissimo 65/100. 

E inizia il tour: giornali, interviste, like a palate. Forse ora ci scappa anche il Ted Talk, l’intervistona da Fabio Fazio, e chissà, fra un paio d’anni anche un seggio a Montecitorio.

Ora, non voglio sembrare il solito vecchio boomer brontolone che rimpiange la Maturità con le versioni dal greco e i 40 gradi in aula (come qualcuno mi ha accusato ieri).

Ma c’è un limite a tutto.
Gianmaria, con tutto il rispetto, non sei un eroe.

Non sei il ragazzo che a mani nude ha sfidato i carri armati a Piazza Tienanmen (ne seguì una strage) o uno dei capi Giacobini che ha guidato la presa della Bastiglia.

Un eroe è uno che rischia qualcosa. Uno che ci rimette. Uno che, se va male, paga il prezzo.

Tu hai fatto scena sapendo che, in fondo, non sarebbe cambiato nulla.
Hai fatto il Che Guevara col paracadute.
Hai fatto lo sciopero della fame… dopo pranzo.

Eppure eccolo lì, trasformato in simbolo dalla pedagogia da Instagram: educatori “olistici”, genitori con il cuore in mano, psicologi da talk show, tutti pronti a difendere il gesto “liberatorio”, “anti-autoritarista”, “terapeutico”.

Sui social, intanto, esplode l’apoteosi. Pedagogisti, mamme influencer, educatori “empatici”: tutti pronti a incensarlo come nuovo profeta della scuola del futuro. 

Un po’ Greta, un po’ Che Guevara, con l’aggiunta del bonus cultura.

La verità? La verità, e lo scrivo da anni ed anni, è che questa scuola andrebbe davvero rifondata, ma non per diventare ancora più morbida, più empatica, più accogliente.

Serve il contrario: una scossa.
Oggi l’esame di Maturità è una farsa. Passano tutti. Voto medio: 84. 100 e lode a valanga.
Una volta si diceva “ti giochi la carriera”. Oggi ti giochi… il mazzo di fiori più Instagrammabile.

Quindi l’esame di Maturità – così com’è oggi – non ha più senso.

È diventato un rito stanco, un teatrino dove si finge di valutare, si finge di essere preparati, e si promuove comunque quasi tutti. Una recita costosa, inutile, e ipocrita.

Personalmente, lo abolirei domani. 

Faremmo un favore ai ragazzi e alle casse dello Stato. Ma se proprio dobbiamo tenerlo, almeno evitiamo di glorificare chi lo snobba dopo averne già incassato il bottino.

E infine, un consiglio non richiesto per Gianmaria (al quale, lo ripeto, auguro ogni bene):
GLI ESAMI NON FINISCONO MAI.
Ci sono ovunque: al lavoro, nella vita, nei rapporti personali.
Anzi, lì i voti non li mettono nemmeno nero su bianco: li intuisci da uno sguardo, da una promozione mancata, da un silenzio pesante.

Chiudo con un aneddoto da boomer, ché ormai il ruolo me lo sono cucito addosso.

Io, in Banca, mi occupavo anche di selezione del personale. 

E sapete cosa succedeva quando arrivava un candidato accompagnato dalla mamma?
Io apponevo una croce rossa a fianco del nome, senza appello, e difficilmente lo assumevo.
Sì, davvero. 

Perché se a 25 anni (con laurea e spesso anche con master) non ti presenti da solo ad un colloquio di lavoro, non hai bisogno di un contratto. 

Hai bisogno di uno psicologo.

Perché il mondo – caro Gianmaria – non è sempre dolce, non sempre giusto, non sempre allineato col tuo bisogno di esprimerti.
Ma gira. E se vuoi starci dentro, tocca imparare anche a farci l’orale.

Ecco, Gianmaria: questo è il mondo che ti aspetta dopo che ti sarai laureato, a volte storto, a volte crudele, ma gira. 

E la vera Maturità è capire che non tutto deve piacerti per forza.

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