La lezione olandese. Destra e populismo non sono per sempre

Umberto Baldo
Niente è mai scontato, in politica.
Nemmeno nei Paesi Bassi, dove fino a pochi mesi fa sembrava che la destra populista di Geert Wilders avesse messo radici solide come i pali che tengono in piedi gli argini.
Ieri in Olanda il vento, quel vento che soffia costantemente dal mare del Nord, sembra aver cambiato direzione.
E non parlo del solito vento che muove i mulini, ma di quello politico, che a volte soffia impetuoso da destra, e altre volte, all’improvviso, gira e ti arriva in faccia da tutt’altra direzione.
Come dicevo, sembrava che Geert Wilders, il “Trump dei tulipani”, avesse ormai in pugno il Paese.
La sua destra urlata, sovranista, anti-immigrati, pareva destinata a dominare la scena per anni.
E invece, zac! Gli elettori gli hanno girato le spalle.
Ha vinto D66, il partito liberale-progressista di Rob Jetten, uno che parla poco, studia i dossier, e non indossa giubbotti mimetici per farsi notare.
Un moderato, insomma, uno di quelli che in Italia oggi verrebbero etichettati come “mosci”.
Ha vinto un Partito liberale e progressista che ha costruito la propria forza su una miscela di moderazione, competenza e fiducia nel dialogo europeo.
Eppure gli olandesi hanno scelto proprio lui, anche se non sarà agevole dare vita ad nuovo Governo in tempi brevi.
Un risultato che ha sorpreso non solo i commentatori, ma anche gli stessi olandesi, abituati ad una politica frammentata, ed a coalizioni faticosamente costruite come orologi svizzeri.
Segno che quando le urla diventano troppo forti, la gente normale, quella che lavora, paga le tasse e non ha tempo di vivere indignata su X, inizia a cercare qualcuno che parli come un adulto.
È un ribaltamento che ha del clamoroso, ma anche del prevedibile: nessun vento resta costante, e quello della destra estrema, in Europa, forse comincia a perdere spinta.
Non è la fine del populismo, ma è un campanello d’allarme.
E dovrebbe suonare forte anche qui da noi.
In Italia, per ora, Giorgia Meloni continua a godersi il suo momento.
In Italia, il vento di destra soffia ancora forte.
Ma da qualche parte, là sotto, nonostante i sondaggi favorevoli, mi sembra di sentire un rumore di fondo, una stanchezza che cresce.
Il sovranismo da talk show, la politica dei proclami, la gestione muscolare dei problemi, l’eterna campagna elettorale, le promesse mancate che ormai non si contano più, forse stanno iniziando a logorarsi.
E se un giorno anche da noi dovesse riaffacciarsi un nuovo “Centro”, sarà perché una parte del Paese — quella più silenziosa, più razionale, più moderata — avrà deciso di tornare a contare.
Ma sotto la superficie qualcosa si muove.
Può essere che gli italiani non siano più disposti a credere che basti dire “prima gli italiani” per farli vivere meglio.
Però attenzione: il Centro non si improvvisa. Non si costruisce per sottrazione (“né di destra né di sinistra”), ma per aggiunta di responsabilità, competenza e serietà.
È il luogo di chi non grida ma ragiona, di chi non cerca il nemico ma una soluzione.
E dove sta allora l’alternativa?
Non certo nel Partito Democratico, dove Elly Schlein si ostina a giocare la parte della rivoluzionaria da centro sociale, parlando ad un elettorato minoritario e militante, che si commuove ai cortei ma non entra nei supermercati alle sette di sera.
Nel frattempo, i ceti medi — quelli che davvero decidono un’elezione — restano orfani: senza rappresentanza, senza voce, senza progetto.
Eppure, la politica olandese ci mostra una verità semplice ma dimenticata: il centro non è noia, è stabilità.
È la zona dove si costruiscono le soluzioni, non gli slogan.
Dove la complessità non fa paura, ma si governa.
È lì che si vincono le elezioni.
E solo lì può nascere una risposta seria alla destra che oggi occupa il potere quasi per mancanza di alternative.
Gli olandesi ci stanno dando una lezione di maturità democratica.
Dimostrando che l’elettorato non è condannato a scegliere tra estremismi e caricature.
Hanno ricordato all’Europa — e all’Italia in particolare — che la politica non è destino, ma un pendolo che oscilla, e che prima o poi torna al centro.
Il problema è che nella nostra Repubblica di Pulcinella quel Centro non c’è più.
È stato abbandonato, deriso, snobbato.
Troppo borghese per la sinistra gruppettara e antagonista della Schlein, Conte e Fratoianni, troppo ragionevole per la destra della Meloni.
Eppure, senza quel centro, il Paese resta fermo: spaccato tra chi urla e chi si rassegna.
In Olanda il vento ha cambiato direzione.
In Italia, per ora, lo sentiamo solo in lontananza.
Ma io spero che prima o poi arrivi anche qui.
E farà volare via più di qualche bandierina.
Umberto Baldo













