23 Ottobre 2025 - 9.41

La Corte Penale Internazionale? Un tribunale per anime belle

Umberto Baldo

Cosa serve perché si possa parlare di giurisdizione, cioè di giustizia applicata?

In termini semplici, la giurisdizione è il potere di un giudice di applicare la legge ad un caso concreto, per dirimere una controversia.

È una funzione essenziale dello Stato: quella che consente di “imporre la legge”, di “far valere i diritti dei cittadini”, trasformando le norme generali ed astratte in decisioni su fatti reali.

Perché ciò avvenga servono alcuni ingredienti indispensabili: un popolo che deleghi allo Stato la funzione inquirente e quella giudicante, un corpo di magistrati che applichi la legge emettendo sentenze, e la forza pubblica che le faccia rispettare nel territorio dello Stato, anche con l’uso della forza se necessario.
Senza questi elementi non esiste giurisdizione. 

E l’esempio più clamoroso, a mio avviso, è la Corte Penale Internazionale.

Lasciamo da parte il valore quasi totemico, direi sacrale, che una parte della società — soprattutto la galassia pacifista — continua ad attribuirle, nonostante il “nuovo ordine mondiale” uscito dalla Seconda guerra mondiale sia ormai un ricordo sbiadito. 

Persino l’ONU appare sempre più come un simulacro, un palcoscenico dove i capi di Stato si alternano a recitare il proprio monologo.
Certo, l’idea di un giudice planetario capace di perseguire crimini di guerra e contro l’umanità, fino al genocidio, è affascinante. 

Ma la realtà è che la Cpi è nata già depotenziata, in quanto non riconosciuta da Stati Uniti, Cina e Russia, e con altri Paesi che nel tempo si sono sfilati.

Ecco perché una Giustizia “internazionale”, che pretende di giudicare i Capi di Stato, distinguere il bene dal male, salvare i giusti e punire gli ingiusti, finisce col diventare caricaturale quando mostra la propria impotenza.
Lo si è visto con i mandati d’arresto emessi contro Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu: entrambi continuano a viaggiare liberamente, e nessuno degli Stati che riconoscono la Corte si è sognato di arrestarli.

A proposito dell’ipotizzato e non confermato vertice fra Putin e Trump, teoricamente lo zio Vladimir, ricercato dalla Corte dell’Aia per crimini di guerra, dovrebbe essere arrestato appena mettesse piede sul suolo ungherese.
Ma Viktor Orbán, che ha già portato il suo Paese fuori dalla Cpi, anche se fino a giugno sarebbe ancora formalmente tenuto a rispettarne le decisioni,  non lo farebbe. 

Non lo farebbe con Putin, come non lo ha fatto con Netanyahu. 

E le anime belle dovranno farsene una ragione.

E la Giustizia, quella con la “G” maiuscola, apparirebbe ancora una volta nuda e impotente, perché priva di strumenti, di armi e di giurisdizione.
E se l’incontro si dovesse tenere a Roma? 

Dubito che l’Italia avrebbe il coraggio di mettere le manette allo “zio Vladimir”, per quanto possano strillare Elly Schlein e compagnia cantante.

Ma la sublimazione del grottesco l’’ho trovata nella notizia secondo cui gli avvocati Omer Shatz e Juan Branco hanno presentato alla Corte penale internazionale una denuncia contro 500 funzionari, unitamente ad con un elenco di 122 nomi, accusati di “crimini contro l’umanità” per le politiche migratorie lungo la rotta del Mediterraneo centrale.
Sorridete pure, ma sappiate che i due legali hanno depositato una memoria di oltre 700 pagine, frutto di sei anni di indagini.

Nel documento vengono analizzate le strategie adottate dall’Unione europea e dai Governi nazionali tra il 2014 e il 2020, con un focus sulla gestione dei flussi migratori verso la Libia, dove migliaia di migranti sarebbero  stati detenuti, torturati e violentati.

Secondo il dossier, tra il 2015 e il 2025 oltre 25mila richiedenti asilo avrebbero perso la vita nel Mediterraneo centrale, mentre altri avrebbero subito violenze sistematiche.
Va ricordato che già nel 2019 gli stessi avvocati avevano presentato una denuncia simile, sostenendo che “le politiche europee miravano a bloccare i migranti a ogni costo”, anche a prezzo di gravi violazioni dei diritti umani.

La notizia è ghiotta, anche perché tra i politici denunciati compaiono gli ex premier italiani Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Giuseppe Conte; gli ex ministri dell’Interno Angelino Alfano, Marco Minniti e Matteo Salvini; l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel; il presidente francese Emmanuel Macron; e persino l’ex vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans.
Diciamo che i legali non si sono fatti mancare nessuno.

Immagino già che la denuncia finirà nel dimenticatoio, tanto più che proprio ora la costruzione di hub di rimpatrio nei Paesi terzi (Albania per l’Italia, Uganda per l’Olanda, ecc.) starebbe diventando una proposta concreta della Commissione europea, che conta di renderla operativa entro l’anno sotto la presidenza danese di Mette Frederiksen, socialista vicina, paradossalmente, alle posizioni di Giorgia Meloni, che sull’immigrazione ha anticipato il resto d’Europa imponendo il “modello italico”.

Resta una curiosità: sentiremo mai Elly Schlein, Fratoianni e soci del “campo largo” invocare un mandato di cattura internazionale della Cpi contro Renzi, Gentiloni e Conte?

Umberto Baldo

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