Italia, il Paese dove anche l’inflazione paga le tasse

Umberto Baldo
Possono raccontarla come vogliono Giorgia Meloni e il suo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ma una verità resta inconfutabile: questo Governo non ha affatto abbassato le tasse.
E a dimostrarlo non serve un’opinione, basta un numero: pressione fiscale al 42,8%, praticamente ai livelli del tanto vituperato Governo Monti.
Altro che “meno tasse per tutti”.
Certo, non tutto è colpa del cosiddetto fiscal drag, ma negare che in Italia il meccanismo di adeguamento delle aliquote all’inflazione sia un tabù politico è come negare che a Ferragosto faccia caldo.
Altrove, invece, funziona diversamente.
Negli Stati Uniti, per esempio, in questi giorni i contribuenti hanno ricevuto la comunicazione ufficiale sui nuovi “income brackets” della federal income tax: una revisione periodica che adegua scaglioni e detrazioni al costo della vita.
Tradotto: l’America sterilizza il fiscal drag.
E pensare che lo facevamo anche noi, fino agli anni ’80. Poi la politica italiana, di ogni colore, da quella democristiana a quella socialista e repubblicana, (quindi non i “fascisti al governo attuale” come blaterato da Landini e Schlein) ha scoperto che lucrare sull’inflazione era un affare d’oro per il bilancio dello Stato.
E da allora, stop all’indicizzazione: più i prezzi salgono, più lo Stato incassa.
Un meccanismo talmente geniale che nessun ministro del Tesoro, di destra o di sinistra, ha mai avuto il coraggio di smontare davvero.
In fondo, il trucco è semplice: se le tasse restano “uguali”, ma i salari nominali aumentano (solo per inseguire i prezzi), ecco che il contribuente finisce negli scaglioni superiori.
Il Governo non alza le imposte, ma le incassa in misura maggiorata.
È la magia del fiscal drag: l’unica tassa che cresce da sola.
In realtà il Governo Meloni ha cercato di fare qualcosa; ha ridotto le tasse ai redditi bassi, restituendogli il fiscal drag e anche parte del potere d’acquisto perso dai salari e non recuperato dal rinnovo dei contratti: ma per i redditi superiori a 35/40 mila euro lordi annui non c’è stata alcuna riduzione di tasse.
Anzi per questi “kulaki” c’è stato un aumento anche per effetto del taglio delle detrazioni, e quindi il fiscal drag è ancora tutto lì, e si somma alla perdita di potere d’acquisto dei salari (la riduzione dell’aliquota dal 35 al 33% prevista dalla prossima Finanziaria, pur apprezzabile nelle intenzioni, nella pratica è poco più che un’elemosina).
Ma lasciamo da parte la filosofia e guardiamo ai numeri, che sono più onesti dei politici.
Sia chiaro che non voglio né tediarvi, né indurvi in confusione.
Però permettetemi di mostravi di seguito il raffronto della curva delle aliquote vigenti in Italia e negli Usa.
🇮🇹 Italia – IRPEF 2025
| Fascia di reddito imponibile annuo | Aliquota |
|---|---|
| Fino a €28.000 | 23% |
| Da €28.001 a €50.000 | 35% |
| Oltre €50.000 | 43% |
🇺🇸 USA – Federal Income Tax 2024 (per single filer)
| Fascia di reddito (USD) | Aliquota |
|---|---|
| Fino a $11,600 | 10% |
| $11,601 – $47,150 | 12% |
| $47,151 – $100,525 | 22% |
| $100,526 – $191,950 | 24% |
| $191,951 – $243,725 | 32% |
| $243,726 – $609,350 | 35% |
| Oltre $609,350 | 37% |
🇺🇸 USA – Federal Income Tax 2026 (dopo l’adeguamento all’inflazione)
| Fascia di reddito (USD) | Aliquota |
|---|---|
| 0% per i guadagni in capitale a lungo termine per scapoli fino a $48,350 e coppie sposate fino a $96,700 | 0% |
| Fino a $11,925 ($23,850 per coppie sposate) | 10% |
| Oltre $11,925 ($23,850 per coppie) | 12% |
| Oltre $48,475 ($96,950 per coppie) | 22% |
| Oltre $103,350 ($206,700 per coppie) | 24% |
| Oltre $197,300 ($394,600 per coppie) | 32% |
| Oltre $250,525 ($501,050 per coppie) | 35% |
| Oltre $626,350 ($751,600 per coppie) | 37% |
Basta uno sguardo per capire che la curva americana è molto più dolce (oserei dire più umana) di quella italiana.
Loro proteggono i contribuenti dall’inflazione; noi, invece, li tassiamo proprio a causa dell’inflazione. E come se non bastasse, in Italia il dibattito sull’evasione fiscale resta un eterno silenzio da convento: 217 miliardi sottratti ogni anno alla collettività, eppure nessuno osa parlarne davvero in campagna elettorale.
Dall’altra parte dell’Atlantico, invece, chi evade finisce in galera. Galera vera, non la solita condanna con la condizionale e l’affidamento ai servizi sociali.
Negli USA, l’evasore è un paria: non un furbo, ma un ladro.
Basti dire che Al Capone finì in carcere per non aver pagato le tasse, non per i suoi omicidi.
Noi, invece, continuiamo a ripetere che le tasse sono diminuite.
Già, peccato che a pagare meno siano sempre gli stessi.
E che a pagare di più, ancora una volta, siano sempre quelli che non possono evadere.
Umberto Baldo













