9 Marzo 2022 - 18.12

Il Patriarca di Mosca Kirill contro l’ “Occidente Gay”

di Umberto Baldo

Qualcuno mi ha manifestato il suo stupore relativamente al fatto che qualche giorno fa abbia scritto una riflessione sulla contrapposizione in atto fra il Patriarcato di Mosca e quello di Kiev, appoggiato quest’ultimo da quello di Costantinopoli.
Ad un approccio superficiale potrebbe sembrare che la religione con la guerra in Ucraina c’entri come i cavoli a merenda.
Già nel citato pezzo dal titolo “Russia-Ucraina. E’ guerra anche fra i preti!” ho cercato di segnalare che non è proprio così, e che la Chiesa ortodossa gioca un ruolo molto importante, ed in qualche caso determinante, nelle società dell’est europeo.
Intendiamoci, la fede è un elemento fondamentale per plasmare sia il carattere che la cultura di un popolo, e giocoforza occupa un ruolo determinante in certi passaggi storici.
Solo per fare un esempio io mi sono laureato, ahimè nel lontano 1976, (al Cremlino c’era Leonid Breznev) con una tesi in Diritto Ecclesiastico, in cui, analizzando le vicende degli anni 1918-1922, cercavo di rispondere alla domanda “La Chiesa Cattolica ha o meno favorito l’avvento del fascismo?”
Vi dico subito che la mia risposta fu affermativa, e d’altronde come dimenticare che Papa Ratti nel 1929 definì Mussolini “L’uomo delle Provvidenza”.
Da qui bisogna partire, cioè dal fatto che il rapporto tra Chiesa e Stato in Russia può essere compreso soltanto alla luce del peculiare legame che da sempre ha connesso e legato queste due realtà.
L’idea della separazione tra i poteri civile e religioso, caposaldo e conquista del liberalismo occidentale, era del tutto estranea alla concezione dello Stato ortodosso su cui era improntato l’impero zarista, che si richiamava all’eredità bizantina della “sinfonia” tra Stato e Chiesa, secondo cui le sfere d’azione delle due autorità erano distinte, ma provenienti da un’unica fonte divina.
Non stupisce quindi se, dopo la lunga parentesi dell’ateismo di Stato dell’Urss, tra il nuovo Zar Putin e il Patriarcato di Mosca si siano create profonde convergenze di interessi su alcune tematiche, a partire dalla difesa dei cosiddetti “valori tradizionali”, quali famiglia, questioni etiche, demografia, per citarne solo alcuni.
Ma c’è di più.
Putin, che si dichiara fedele ortodosso, ha puntato molto sul discorso dei “punti unitivi spirituali”, ossia su quei princìpi che l’Ortodossia è chiamata a difendere nel quadro di un rafforzamento della coesione nazionale.
Logico e comprensibile quindi, dopo le persecuzioni del ‘900, il sostegno del Patriarcato ad un Presidente che a suo tempo ha finanziato la costruzione di 200 nuove parrocchie nella sola Mosca, ed ha reintrodotto l’insegnamento religioso obbligatorio nelle scuole.
Non so se per fede militante, o per mero calcolo politico, ma la carta dell’ortodossia è stata senz’altro giocata da Putin in funzione identitaria, in un paese rimasto orfano di un importante elemento aggregante qual era l’ideologia comunista.
Ma ciò è stato possibile anche grazie al credito, morale e spirituale, della Chiesa ortodossa nella società russa, e la riprova è che con Putin si è assistito a un ritorno di massa alla Chiesa, con la riscoperta della fede e della pratica religiosa da parte di milioni di persone.
Dati questi rapporti stretti fra “Trono” e Altare”, non stupisce se il patriarca Kirill non abbia condannato l’invasione russa dell’Ucraina, nazione abitata da un altro popolo di fede cristiana ortodossa.
Ma francamente credo pochi si aspettassero il sermone shock pronunciato dal Patriarca di Mosca il 6 marzo, che coincide con la Domenica del Perdono, che in Russia apre la Quaresima.
Kirill infatti ha parlato in termini apertamente giustificazionisti della guerra in Ucraina, vista come lotta contro la promozione di modelli di vita peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana.
Per il capo della Chiesa Russa lo “scoppio delle ostilità è arrivato dopo che per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass, dove c’è un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”.
E secondo il Primate “oggi esiste un test per la lealtà a questo governo (da intendersi come potere mondiale, nota di chi scrive) una specie di passaggio a quel mondo felice, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della libertà visibile. Sapete cos’è questo test? E’ molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay”.
Si avete capito bene!
Per Kirill alla base dell’invasione c’è la resistenza ai “valori”, ai modelli di vita promossi dalla lobby gay, e dai suoi “gay pride”.
E lo esprime chiaramente con queste parole: “Se l’umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio, se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì. E le parate gay sono progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano. Ecco perché per entrare nel club di quei Paesi è necessario organizzare una parata del Gay Pride. E sappiamo come le persone resistono a queste richieste e come questa resistenza viene repressa con la forza. Ciò significa che si tratta di imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio”.
Credo sia chiaro che siamo di fronte ad un utilizzo della fede cristiana come fattore coagulante della identità etnica, culturale e di civiltà della Russia, che rende possibile giustificare anche un intervento militare per difendere i valori “metafisici” declinati da Kirill.
Capite bene che nelle menti del patriarca Kirill e dello Zar Putin questa diventa una sfida all’Occidente, ed ai suoi valori, dalla libertà di espressione al suffragio universale, dal voto alle donne fino ai diritti degli omosessuali.
Non si può non segnalare che, nella stessa domenica in cui Kirill ha rotto gli indugi sostenendo apertamente lo “zio Vladimir”, Papa Francesco, che immagino profondamente irritato, che finora aveva evitato di contrapporsi alla retorica putiniana per lasciare la porta aperta al negoziato, all’Angelus abbia piantato qualche paletto, dicendo che “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria”.
Parole pesanti, che smentiscono apertamente la narrazione di Putin e del Capo della Chiesa moscovita, e che il Papa ha accompagnato anche con i fatti, inviando cioè in Ucraina il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, e il cardinale Michale Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.
Cercando di arrivare ad una conclusione, ammesso che sia possibile visto il tema, se volete capire un po’ la religiosità dei popoli dell’est vi consiglio di andare una domenica a sentire una funzione in una chiesa ortodossa. Io lo faccio ogni tanto, e vi assicuro che la devozione che si percepisce e si vede fra quelle mura è molto più forte di quella che siamo abituati a vedere nelle nostre chiese cattoliche.
Nonostante tutto io rimango convinto che i tempi dell’alleanza fra “Trono e Altare” siano finiti per sempre, e che per il bene comune convenga uniformarsi tutti, all’Est come all’Ovest, al famoso principio enunciato di Charles de Montalembert : “Libera Chiesa in libero Stato”.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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