Gli affitti bloccati: i proprietari non si sentono tutelati dagli occupanti morosi o abusivi

In Italia c’è un evergreen che non tramonta mai: l’“emergenza abitativa”.
Da che ho memoria, la sento ripetere come un mantra. E ogni volta c’è un nuovo colpevole di turno: lo Stato che non costruisce case popolari, i proprietari che si buttano sugli affitti brevi, la speculazione, il capitalismo cattivo… la lista è infinita.
Nel frattempo, un dato resta lì, muto e imbarazzante: 9 o 10 milioni di case vuote. Sì, milioni. Abitazioni che potrebbero essere abitate e che invece restano serrate.
E qui scatta l’idea geniale di certi “maître à penser” come Ilaria Salis: occupiamole.
Così, semplicemente, senza porsi troppe domande sulla legittimità. D’altronde, nella galassia antagonista, il diritto è un optional, un fastidioso cavillo borghese.
Eppure, il problema non è complicato: i proprietari non mettono sul mercato gli immobili perché le leggi non li tutelano, neanche dopo le modifiche targate Meloni.
Se l’inquilino non paga o l’occupante non se ne va, per il proprietario comincia un pellegrinaggio giudiziario che può durare anni. E intanto lui paga tasse, spese e avvocati.
E allora, provocazione: perché non eliminare il passaggio obbligato dal Magistrato?
Lo so, lo dico e già qualcuno si gratta l’orticaria.
Ma proviamo a ragionare: se un proprietario dimostra di avere a che fare con un moroso o un abusivo, perché non chiamare direttamente Polizia o Carabinieri? Una verifica rapida, un intervento immediato, e la casa torna disponibile.
Troppo brutale? Forse. Ma ditemi se non è più brutale l’attuale pantomima, dove si finge di tutelare i “deboli” e si massacra chi ha solo la colpa di possedere un appartamento.
Certo, con questa “banale” soluzione ci sarebbero meno parcelle per gli avvocati che campano sulle vertenze, e meno tribune per i paladini dei movimenti per la casa.
Ma forse – e dico forse – se i proprietari avessero la certezza di poter riavere le loro case in tempi rapidi, quei 9-10 milioni di appartamenti inizierebbero a rimettersi in circolo.
Diritto creativo? Chiamatelo come volete.
Io lo chiamo buon senso.
Umberto Baldo













