Frasi storiche, da “alea iacta est” a “taches al tram”: l’estate calda di Salvini

“Alea iacta est”, “Qui si fa l’Italia o si muore”, “Obbedisco”, “Paris vaut bien une messe!”, “Il fine giustifica i mezzi”.
La storia ci ha consegnato frasi immortali, parole che hanno attraversato i secoli come epigrafi scolpite nel marmo della memoria.
E poi un bel giorno arriva lui: il Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini, che, a futura memoria, regala al mondo un “Taches al tram”.
Altro che Giulio Cesare al Rubicone: qui siamo davanti a una nuova stele di Rosetta che i filologi del futuro dovranno decifrare.
L’epifania linguistica avviene a Milano, a margine di un sopralluogo, quando Salvini, per chiarire il suo pensiero sul conflitto russo-ucraino, dice: “Taches al tram. Vacci tu se vuoi. Ti metti il caschetto, il giubbetto, il fucile e vai in Ucraina”.
Un consiglio che, a sentirlo, sembra uscito non tanto dall’oracolo di Delfi quanto da quello di Trenord.
Ma siccome a Salvini non piace lasciare i concittadini in balia dei rebus, aggiunge: “Penso che Trump, con i suoi modi che a volte possono sembrare bruschi o irrituali, stia riuscendo laddove hanno fallito tutti gli altri: rimettere a un tavolo Putin e Zelensky… Sicuramente eserciti europei, riarmi europei, debiti comuni europei per comprare missili o ‘macronate’ varie sono superate”.
Un saggio di alta diplomazia che fa impallidire Talleyrand e, se fosse ancora vivo, anche Kissinger chiederebbe la tessera della Lega.
Non sono un fan di Giorgia Meloni, ma lo ammetto: in certi momenti quasi la compatisco.
Mentre lei cerca di mostrarsi statista nei consessi internazionali, al fianco dei grandi della Terra, nelle retrovie le esplode la granata del suo vice che – tra un selfie e l’altro – riesce a condannarla ad una figura da “Repubblica di Pulcinella” con una frase da “Bar Sport”.
Con quel “Taches al tram” Salvini ha ottenuto un triplete: ha offeso personalmente Macron, ha demolito in un colpo solo la linea europea sul riarmo, e ha costretto Meloni, nel caso di una missione europea di peacekeeping, a dire “no grazie” in nome e per conto del geniale motto tramviario del suo vice.
Altro che commedia dell’arte: qui la politica italiana diventa vaudeville.
Ieri scrivevo che la pace in Ucraina, finora, l’hanno vista solo gli algoritmi di Borsa. Ma oggi, grazie a Salvini, almeno una certezza c’è: se mai Francia, Germania, Polonia e Inghilterra chiedessero all’Italia di partecipare a una missione europea, la risposta è già pronta.
Non serviranno vertici, cabine di regia, né briefing riservati: basta rispolverare quel “Taches al tram” scolpito nella pietra.
“Assolutamente no, se vuole ci va Macron, ma lui da solo penso, perché neanche un francese lo seguirebbe e neanche un soldato italiano, questa è la mia posizione da vicepresidente del Consiglio, da ministro, da segretario della Lega. I nostri figli non andranno a combattere in Ucraina, poco ma sicuro”.
Un inno che fa la gioia di Putin e scalda i cuori del pacifismo italiano.
Meloni, quindi, si ritrova marcata non solo da sinistra, ma pure dagli alleati di governo: un pressing “a uomo”, versione Serie C.
E così, già mi immagino gli autori dei manuali di storia intenti a riscrivere in fretta e furia le loro pagine per non privare i futuri studenti italiani di questa perla.
Accanto a Cesare e al suo “Alea iacta est”, accanto a Garibaldi e al suo “Obbedisco”, i nostri ragazzi impareranno a memoria anche il capolavoro del Capitano: “Taches al tram”.













