EXPO, arrestato Domenico Maltauro, perquisizioni in sede

Continua come uno tsunami l’inchiesta dei pm milanesi Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio sugli appalti truccati di Expo 2015. Arresti domiciliari per Antonio Acerbo, ex responsabile del Padiglione Italia di Expo, insieme con l’imprenditore Domenico Maltauro, cugino di Enrico, e Andrea Castellotti, facility manager del Padiglione Italia ed ex direttore commerciale della Tagliabue spa. Acerbo era stato un top manager del Comune di Milano ai tempi della giunta di Letizia Moratti.
Ad Acerbo circa un mese fa era stata notificata un’informazione di garanzia con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta per reati commessi fra il il 2012 e il luglio del 2013 in relazione all’appalto per le Vie d’acqua.
Acerbo non chiedeva soldi per se stesso, stando a quanto ricostruito dalla Procura, ma pretendeva contratti di consulenza per le varie società del figlio Livio. Agli atti dell’inchiesta c’è anche la confessione dell’amministratore delegato della società Tagliabue spa, Giuseppe Asti, il quale avrebbe parlato proprio della promessa di una consulenza da assegnare al figlio di Acerbo. Per lo stesso motivo Antonio Acerbo avrebbe imposto la Tagliabue nell’Associazione temporanea di imprese (Ati) guidata dalla Maltauro per le Vie d’acqua e poi assegnato alla cordata amica. Sono scattate anche le perquisizioni nelle abitazioni dei tre arrestati e, da quanto trapela, anche nella sede della società Maltauro a Vicenza.
Per i medesimi reati, si legge in un comunicato della Procura, “si procede, in stato di libertà, nei confronti di Enrico Maltauro”, l’imprenditore vicentino arrestato lo scorso maggio nel primo filone dell’inchiesta sull’Expo, quello con al centro la cosiddetta ‘cupola degli appalti’. Per questo filone i pm Gittardi e D’Alessio hanno chiesto già il processo con rito immediato a carico di sette persone, tra cui l’ex funzionario pc Primo Greganti, l’ex parlamentare dc Gianstefano Frigerio e l’ex senatore Luigi Grillo (Forza Italia).
Aggiornamento
Sono passate da poc le sedici quando arrivano alcune nuove notizie e precisazioni sulla vuovo fronte dell’inchiesta Expo 2015.
L’Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro ribadisce la propria estraneità ai fatti, spiegando la posizione completamente distaccata del dottor Domenico Maltauro da quella dell’azienda Spa.
Domenico Maltauro, infatti, non è dipendente dell’impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro Spa, non riveste alcuna carica o funzione, in quanto titolare di una propria attività imprenditoriale, che però, va specificato, collabora con l’azienda di Giuseppe Maltauro.
Le perquisizioni svolte, dunque, in Impresa attengono circostanze legate alla figura del Dott. Enrico Maltauro e al periodo in cui il medesimo ha svolto la funzione di Amministratore Delegato. In questo senso l’impresa ha garantito e continua a garantire la massima collaborazione con la Procura e la polizia giudiziaria incaricata delle indagini.
le svolte della vicenda, però, non si fermano qui.
Alle 17 circa nuovi particolari sulla vicenda.
Il gip di Milano Fabio Antezza nel dispositivo per gli arresti domiciliari per Antonio Acerbo, Domenico Maltauro e Andrea Castellotti, attuale Facility Manager del Padiglione Italia, riferisce della posizione di mediatore che Lo stesso Domenico Maltauro avrebbe svolto tra l’azienda del cugino Enrico, Maltauro spa, e Acerbo. Il figlio del ex responsabile unico del Padiglione Italia antoni acerbo avrebbe chiesto ai Maltauro una cifra dieci volte superiore a quella pattuita.
Lo confermerebbe anche il giudice, che respinta la richiesta di arresti domiciliari per Enrico Maltauro, ha fatto riferimento a un dialogo intercettato tra i due cugini, in cui Domenico si definiva esterrefatto e sorpreso, dalle richieste di Livio Acerbo, socio della A.C.E e figlio dell’ex manager di Expo che chiedeva dieci volte la cifra indicata in precedenza. 300 mila euro, secondo gli inquirenti e gli investigatori, 270 in più di quelli versati dall’imprenditore vicentino a Livio Acerbo per un contratto di consulenza legato alla riqualificazione dell’area ex scuderie De Montel. Soldi in realtà destinati al quale al padre in cambio dell’aggiudicazione dell’appalto relativo al progetto Vie d’acqua.













