Cosce, droni e chiacchiere: la politica estera all’italiana

Umberto Baldo
Vi siete mai chiesti perché l’Italia non ha mai avuto un Talleyrand, un Metternich, un Kissinger? La risposta è semplice: perché per fare alta diplomazia bisogna prima avere alta politica. E noi, da Cavour in poi, ci siamo arrangiati con scorciatoie più carnali che intellettuali: il conte piemontese dovette mandare la Contessa di Castiglione a mostrare le cosce a Napoleone III per convincerlo a darci una mano. Altro che ragion di Stato, ragion di letto.
Arriviamo all’oggi.
I 15 droni “smarriti” che, guarda caso, hanno sconfinato in Polonia, non sono un incidente di percorso.
Sono un avvertimento chiaro: Putin ci sta dicendo che l’Europa è il suo bersaglio preferito, e che vuole testarne la volontà di reazione.
Tradotto: se vede debolezza, ci salta addosso come un gatto affamato su un canarino.
E magari lo fa contando anche sulla complicità o sull’imbecillità altrui: quella di Trump, che di geopolitica capisce quanto io di fisica quantistica, e quella delle “quinte colonne” europee, che pendono dalle labbra dello zar come adolescenti al concerto di un rapper.
E cosa fa l’Italia davanti a questo scenario?
Invece di stringersi, discutere seriamente e dare un segnale di maturità, in Parlamento si recita sempre la stessa farsa da avanspettacolo.
A sinistra, ognuno col suo orticello ideologico: Schlein che fa la radical-massimalista, i 5 Stelle che recitano la parte populista e demagogica dei tribuni del popolo, Fratoianni-Bonelli-Salis che con il loro estremismo-ideologico si contendono la palma del Che Guevara da salotto.
A destra, invece, il trucco è diverso ma il risultato identico: meglio non dire niente, non presentare nulla, e far finta che il problema non esista.
Tanto prima o poi qualcuno penserà che l’Italia sia neutrale per costituzione.
Il risultato è che gli “scappati di casa” che siedono in Parlamento hanno perso perfino il senso del richiamo del Presidente Mattarella, che parlava di rischio Sarajevo. Ma per capirlo bisognava aver letto almeno un libro di storia, non scorrere TikTok fra un balletto e un video di gattini.
Così restiamo senza difese, senza idee, senza coraggio.
E il giorno in cui Putin, tanto per divertirsi o per sfidarci, decidesse di spingersi per soli dieci chilometri dentro la Polonia o l’Estonia, in Italia scatterebbe immediatamente il dibattito grottesco: “Morire per Varsavia o Tallin?”
Con la certezza che la maggioranza degli onorevoli risponderebbe con la solita italica formula: “Io non mi immischio, però condanno con fermezza. E intanto faccio un post indignato”.
In fondo la verità è semplice: non moriremo né per Varsavia né per Tallin.
Moriremo di provincialismo, di codardia e di quella congenita incapacità italiana di distinguere la Storia da una puntata di “Ballando con le stelle”.
Umberto Baldo













