12 Dicembre 2025 - 9.36

Medicina, il trionfo del 6 politico.  Anche i test entrano in sanatoria

Umberto Baldo

Scusate se insisto con la telenovela dei test di Medicina, ma questa storia è lo specchio perfetto di come funziona – o meglio, non funziona – questa nostra Repubblica di Pulcinella. 

Uno potrebbe parlare di geopolitica, tasse, sanità… e invece eccoci qui impantanati sull’Abc: una prova pubblica.

Riassumiamo la trama, più intricata di un giallo nordico.
Il Ministero quest’anno ha pensato bene, per l’iscrizione alla Facoltà di Medicina, di introdurre un “accesso libero” a tre corsi tra settembre e ottobre: Fisica medica, Chimica e Propedeutica biochimica e biologia. 

Una sorta di antipasto accademico. 

Poi, però, per sedersi al tavolo del secondo semestre, bisognava passare tre esami scritti tra novembre e dicembre. 

Le famose prove che avrebbero dovuto decretare chi poteva continuare, e chi no. 

Necessaria la sufficienza in tutte e tre, o fuori.

Indovinate com’è andata la prima prova?
Come va sempre quando in Italia si tenta qualcosa  che richieda organizzazione, serietà e – orrore! – rispetto delle regole: in caciara. 

Polemiche, famiglie inferocite, studenti disperati, addetti ai lavori che si strappano i capelli, imbrogli denunciati, prove considerate “impossibili”, caos logistico, pressione mediatica, ricorsi già pronti, manifestazioni in mezzo Paese.  

Ma ciò che più conta, a mio avviso, le prove sono state la certificazione dell’impreparazione di fondo dei nostri liceali. 

Insomma una Waterloo, ma senza Wellington.

Ve ne ho già parlato due volte: (https://www.tviweb.it/italia-patria-del-raggiro-benvenuti-al-test-di-medicina/) e (https://www.tviweb.it/medicina-la-strage-degli-impreparati-la-fisica-fa-piu-vittime-di-unepidemia/).

E la seconda tornata – quella di mercoledì scorso – promette di non produrre esiti migliori: si rischia addirittura di non riuscire a coprire i 20.000 posti disponibili nelle facoltà mediche. 

Record mondiale: un Paese che urla che servono più medici e poi non riesce a selezionarli.

Non torno sulle furbizie per aggirare le regole, né sull’idea geniale del Ministero di scaricare sugli Atenei un numero triplo o quadruplo di studenti rispetto agli anni scorsi, senza metterci un euro in più.

Né sulla pensata di concentrare in due mesi (spesso online) ciò che solitamente richiede un semestre pieno. 

Sarebbe come prepararsi alla maratona guardando tre tutorial su YouTube.

La vera novità, quella che gira nelle ultime ore, è l’ultimo colpo di teatro nella nostra repubblica di Cialtronia: la “sanatoria”.
Eh sì, pare che al Ministero temano due cose: la figuraccia di trovarsi più posti  disponibili che studenti, ma anche l’assalto dei ricorsi collettivi, che rischierebbero di paralizzare gli Atenei e la Giustizia amministrativa per mesi.

E allora cosa si fa in Italia quando si sbaglia? 

Si perdona tutti. Da sempre. I condoni sono la nostra forma di “spiritualità pubblica”.
E volete stupirvi se l’idea sia proprio quella di un bel colpo di spugna, l’ex glorioso “6 politico”?

Il “6 politico” benedetto da un Governo di Centrodestra: il mondo all’incontrario direbbe il generale Vannacci!

Tradotto: verrebbero ammessi in graduatoria anche gli studenti che hanno toppato uno o due esami del primo semestre (parliamo delle prove già svolte ovviamente).
Questo “via libera”, che arriverebbe a gennaio, sarebbe però legato a misteriosi “crediti formativi”, concetto che in qualsiasi Università seria del mondo sarebbe etichettato con la formula “neurodeliri burocratici”.

Colmare le lacune, dicono. Sì, come no.

In sostanza: il Ministero sbaglia l’organizzazione e scarica la toppa sulle Università.
E, per giustificarsi, precisa pure che non sarebbe una vera abolizione del principio selettivo, ma solo un “rinvio” della selezione. 

Nel frattempo, sulle Università ricade il compito di inventarsi un “super corso di recupero miracoloso” da chiudere entro fine febbraio, così da ammettere definitivamente anche questi “sanati”.  Auguri!

Ora ditemi: davvero pensate che un Rettore, a marzo, possa dire “Mi spiace, abbiamo posti vuoti perché i candidati non erano preparati”?
Ma dai ragazzi, non scherziamo!  Neanche nei film di fantascienza.

Non stupisce neppure che studenti e famiglie accolgano l’idea della sanatoria con entusiasmo. 

Anzi! In un Paese dove l’onestà è una passione minoritaria, dove pagare tasse, ticket e multe è da ingenui, dove lo Stato perdona sempre i furbi, cosa vi aspettavate?
È la logica dei condoni: qualcuno li chiama persino “pace sociale”, così suona quasi mistico.

Ma io sommessamente pongo qualche interrogativo sul fatto che questa “sanatoria” non possa costituire un precedente rischioso in termini di gestione delle selezioni pubbliche.

Per essere più esplicito, cosa impedirebbe ai partecipanti ai futuri concorsi pubblici di invocare la difficoltà delle prove, od una responsabilità organizzativa sistemica piuttosto che individuale, per pretendere anch’essi una bella “sanatoria”?

Credetemi che non è roba da azzeccagarbugli, perché all’occorrenza ci sarà chi si ricorderà di questa vicenda.

Il vero problema però è un altro: se ai giovani diamo il messaggio che ogni regola è elastica, negoziabile, aggirabile… come pretendiamo che diventino cittadini seri? 

Come facciamo a chiedere loro ciò che lo Stato non chiede mai a sé stesso?

Chiudo con una battuta, ma non troppo.
Chissà se fra una decina d’anni ad un chirurgo che deve operarvi vi verrà da chiedergli: scusi, per caso lei è uno dei “sanati”?

Umberto Baldo

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