1 Dicembre 2025 - 11.34

Quando i genitori si indebitano per i regali di Natale

Di Alessandro Cammarano

C’è un momento dell’anno in cui l’italiano medio smette di chiedersi se può permetterselo e inizia a domandarsi in quante rate. Succede a dicembre, quando il Natale diventa una prova di solvibilità morale prima ancora che economica. Il presepe può mancare, l’albero anche, ma il regalo no: quello deve esserci, possibilmente costoso, meglio se pagato dopo. Perché a Natale non si scarta solo un pacchetto: si scarta un’idea di sé.

I numeri raccontano il contorno del fenomeno. Secondo le stime di Confcommercio, la spesa natalizia complessiva in Italia oscilla ogni anno tra i 20 e i 25 miliardi di euro, concentrata in poche settimane e sempre più orientata verso beni non essenziali.

Il punto, però, non è quanto si spende, ma come; Codacons rileva che oltre un terzo degli italiani ricorre a forme di credito al consumo per sostenere gli acquisti natalizi; tra i giovani adulti la percentuale sale nettamente, sospinta da strumenti che trasformano il debito in un gesto apparentemente indolore, senza peso né nome.

Qui inizia la parte seria della satira. Perché il regalo natalizio, in Italia, non è mai solo un oggetto: è una prova. Di affetto, di attenzione, di ruolo sociale.

Non regalare, o regalare “poco”, viene vissuto come una dichiarazione implicita di insufficienza. Ed è qui che il debito smette di essere una scelta finanziaria e diventa una strategia psicologica.

Il dono costoso protegge l’autostima. Lo spiegano da anni gli studi sul comportamento dei consumatori, come quelli richiamati dall’American Psycological Association: il valore percepito del regalo è direttamente collegato all’idea di investimento emotivo. Non basta pensarti, devo dimostrarlo in modo visibile. Se il reddito non basta, il credito colma la distanza. Non posso permettermelo, ma posso rimandare il momento in cui ammetterlo.

A questo si somma la pressione del confronto sociale. Secondo i dati ISTAT, una larga maggioranza degli italiani dichiara di sentire, durante le feste, una forte aspettativa sociale legata al consumo. Oggi questa pressione è silenziosa ma costante, amplificata dai social network: non più solo parenti e amici, ma un coro indistinto di vite apparentemente più ricche, più generose, più brillanti. Il regalo diventa una prestazione pubblica, anche quando resta chiuso in un pacco.

Il risultato è una corsa che prescinde dalla realtà economica individuale. Chi rinuncia rischia di sentirsi escluso; chi partecipa, spesso lo fa a credito. Ed è qui che l’ingegneria finanziaria incontra la psicologia. Le formule “compra ora, paga dopo” funzionano perché spostano il dolore del pagamento nel tempo. La spesa si consuma emotivamente a dicembre, il costo viene rimosso e delegato a un futuro astratto. Analisi della Banca d’Italia mostrano come la dilazione riduca drasticamente la percezione del costo reale, favorendo decisioni che in condizioni normali non verrebbero prese.

Il debito, così, diventa un anestetico. Permette di restare all’altezza nel momento simbolicamente più carico dell’anno. Soprattutto all’interno della famiglia, dove il Natale riattiva ruoli antichi e delicati: il genitore che provvede, il partner che sa sorprendere, il figlio che dimostra riconoscenza. Non regalare ciò che si vorrebbe equivale, per molti, a mancare a un dovere affettivo. Il senso di colpa diventa un potente motore di spesa. Pagherò dopo, per non sentirmi inadeguato adesso.

Il paradosso emerge puntuale a gennaio: finite le luci, iniziano le rate. Secondo stime associative, circa un italiano su quattro dichiara difficoltà economiche nei mesi immediatamente successivi alle feste. La serenità promessa dal regalo indebitato si rovescia in stress finanziario, tensioni familiari, ansia. Il sacrificio compiuto per “rendere speciale il Natale” diventa ipoteca sul quotidiano.

Eppure, il rito si ripete, quasi immutabile. Perché l’indebitamento natalizio non nasce da ignoranza o superficialità, ma da un bisogno profondo di appartenenza e riconoscimento. È una scelta emotivamente razionale, anche se economicamente miope. In fondo, a Natale, l’italiano non compra solo oggetti: compra l’illusione di essere, almeno per un giorno, all’altezza dell’idea migliore che ha di sé. Il conto, quello vero, arriverà dopo. Come sempre.

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