24 Novembre 2025 - 9.36

Italia, patria del raggiro: benvenuti al test di Medicina

Umberto Baldo

Cosa volete che vi dica: io ci provo, davvero.

Mi sforzo di capire di giustificare, di trovare un appiglio per non deprimermi.
Ma poi arrivano certi fatti e zac: le braccia cadono, rotolano per terra e bisogna raccoglierle con la paletta, come dopo un incidente domestico.

Ormai l’ho accettato: noi italiani abbiamo un talento speciale.
E no, non parlo della lirica, della pasta al dente o del genio creativo.
Parlo della nostra vera arte nazionale: il raggiro.
Una dote innata, che si trasmette di generazione in generazione come il servizio di piatti della nonna.

Gli italiani – inutile girarci intorno –  come diceva Prezzolini si dividono da sempre in due categorie: i furbi e i fessi.
E quel che è peggio è che da noi la furbizia non è solo tollerata: è ammirata, è rispettata, è quasi un valore sociale.
Siamo un Paese dove il furbo non sta in alto solo perché è furbo, ma perché l’italiano medio ha un culto radicato della furbizia stessa.
A tal punto che ammira perfino chi lo danneggia, purché lo faccia “con stile”.
Mediterranei per geografia, levantini per spirito, truffaldini per vocazione, abbiamo affinato nei millenni – dall’antica Roma a Mafia Capitale – l’arte eccelsa del raggiro; passando per bustarelle, pizzi, appalti “taroccati”, concorsi pilotati, buste imbottite… un patrimonio culturale che l’UNESCO prima o poi dovrà pur riconoscere.

Esagero? È possibile.
Ma ditemi voi se esiste un appalto pubblico di una certa consistenza, uno solo, che non finisca con un Magistrato imbufalito, un sindaco che balbetta, ed una conferenza stampa in cui si spiega che “sì, ci sono state irregolarità, ma la procedura è valida”.

A volte penso che il mio sia un difetto generazionale, una specie di ruggine accumulata con l’età.
Poi però guardo gli eventi degli ultimi giorni e capisco che no, non è un problema delle mie tante primavere: è un virus che contagia anche i ventenni, i futuri medici, quelli che un giorno potrebbero salvarti la vita… o spedirti prematuramente al Creatore. 

Parliamo del famigerato test per entrare alla Facoltà di Medicina, quello che quest’anno è stato rivoluzionato per superare il vecchio “quizzone”, odiato come la suocera ai pranzi di Natale.
In estrema sintesi, ora c’è un semestre “filtro”, con materie vere: biologia, chimica, fisica.
Alla fine, una prova d’esame nazionale e via, che vinca il più preparato.

Bellissimo. Moderno. Razionale.
Funzionerebbe anche, a patto che nessuno bari.

A patto, appunto.

E invece?
Il giorno dopo la prova sui telegiornali, sui giornali, sui media, è stato un florilegio: docenti che suggerivano, buste aperte e richiuse come pacchi Amazon, auricolari nelle mutande, test svolti in gruppo, foto delle soluzioni su Telegram, scambi di fogli come ai tempi della Settimana Enigmistica al bar.
Per non parlare delle ricerche sospette su Google ben prima dell’esame: un miracolo di precognizione degno di Nostradamus.
Uno studente ha persino dichiarato: “Ho avuto più controlli quando ho fatto la patente”.
E non osiamo immaginare quanti controlli avrà avuto alla patente…..

E qui, nel teatrino dei “guelfi e ghibellini”, entrano in scena i politici.
La ministra Bernini parla di “qualche furbetto” (che dolcezza, quasi un vezzeggiativo), assicura che “risaliremo ai responsabili” e aggiunge che “la macchina ha retto”.
Sì, ha retto come un motorino del ’78 in tangenziale.

L’opposizione chiede chiarimenti. I social esplodono.
I commentatori s’indignano come ogni santo giorno.
La liturgia è sempre la stessa: indignazione, scaricabarile, appello alla responsabilità, e buonanotte ai suonatori.

Ma la questione, perdonatemi, è un’altra: dov’è il senso di giustizia per chi ha studiato davvero?
Per chi ha passato mesi sui libri, mentre qualcun altro memorizzava il numero del gruppo Telegram giusto?

C’è un punto oltre il quale un esame non è più un esame: diventa una riffa truccata.
Una tombola dove i biglietti vincenti li tiene lo zio del sindaco.

Eppure nessuno — né Ministri, né Rettori, né Politici in cerca di telecamere — ha il coraggio di dire una verità semplice, limpida: chi bara deve essere escluso per sempre, non solo dalle prove, ma persino dall’Università.
Fine. Niente appelli, niente scuse, niente “sono ragazzi”.

Perché se a vent’anni ti presenti a Medicina copiando, a quaranta cosa farai?
Falsificherai una cartella clinica? Prescriverai antibiotici a casaccio?
Opererai guardando un tutorial su YouTube?

E allora sì, a costo di sembrare duro: fossi il Ministro io  invaliderei tutti i test, l’intera prova,  non solo quelli dei ragazzi che hanno barato ……ammesso che si riesca ad individuarli (cosa non scontata).  
Un segnale forte, chiaro, educativo.
La prossima volta gli studenti onesti non starebbero zitti mentre i furbi si fanno beffe delle regole, e magari reagirebbero giustamente con maggiore forza e determinazione.
E magari, con un po’ di fortuna, vedremmo meno “camici bianchi” col vizio del sotterfugio, e più medici che hanno passato un esame senza dover nascondere un auricolare nella felpa.

Resta una domanda, la più inquietante.
Poiché qui non parliamo di ragazzini adolescenti, ma di adulti che vogliono indossare il camice bianco, ed ai quali in futuro potrebbe essere affidata la salute di molti italiani…… se per frequentare l’Università sono disposti ad imbrogliare, cosa saranno disposti a fare quando avranno un bisturi in mano?

Umberto Baldo

PS: consiglio la lettura di un vecchio breve scritto di Giuseppe Prezzolini: “Codice della vita italiana”. E’ del 1921, ma è sempre attuale. 

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Testata Street Tg Autorizzazione: Tribunale Di Vicenza N. 1286 Del 24 Aprile 2013

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